Rai: Garimberti presto al lavoro. Sul tavolo digitale terrestre, rapporti con Sky e crisi della pubblicità

di Raffaella Natale |

Italia


Paolo Garimberti

“…Con l’insediamento del nuovo Cda, il via libera della Commissione di Vigilanza al neopresidente Paolo Garimberti e la prossima nomina del direttore generale, la Rai ha finalmente una governance forte, autorevole e sicura’. E’ quanto dichiarato da Paolo Romani, sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni.

“…Ora – continua Romani in una nota – ci sono tutte le condizioni per permettere all’azienda radiotelevisiva pubblica di affrontare al meglio la difficile congiuntura economica e l’importante sfida tecnologica con il passaggio dall’analogico al digitale. Una grande occasione che, oltre a consentire il rilancio dell’azienda, spero sia sfruttata per inaugurare una nuova e più coerente stagione che esalti la mission di servizio pubblico. Al vertice della Rai – ha concluso Romani – gli auguri di buon lavoro”.

 

Adesso, ha detto il sottosegretario parlando della Rai a ‘Insieme sul Due’ su Raidue, la Tv di Stato deve svolgere “fino in fondo il ruolo di servizio pubblico e gestire il passaggio al digitale, che entro il 2010 coinvolgerà il 70% della popolazione, fungendo da collegamento tra la tv generalista, che rimarrà, e i tanti canali tematici”.

Secondo Romani, c’è un problema “di approfondimento, di far conoscere il Paese: la Rai ha fatto troppi pacchi e poca conoscenza della realtà italiana, è venuta meno al suo ruolo di proiezione internazionale: dunque faccia meno pacchi e più Paese”.

 

Garimberti avrà sicuramente un gran da fare una volta che sarà formalizzata, dopo quella del Cda, anche la nomina del nuovo direttore generale, che dovrebbe avvenire la prossima settimana e vede in pole position Mauro Masi.

 

I primi intoppi potrebbero arrivare anche con la nomina dei vicedirettori che dovrebbero affiancare Masi. Sarebbero tre le poltrone disponibili: una è riservata ad Antonio Marano, direttore di Raidue in quota alla Lega, che avrebbe la delega alla programmazione e alle politiche editoriali. Interni anche gli altri due vice: Giancarlo Leone, che manterrebbe il suo posto, e Gianfranco Comanducci, che incassa la delega alla gestione e al personale. Sparisce dalla triade Guido Paglia, dirigente in quota An destinato a restare alla direzione comunicazioni e relazioni esterne, che grazie alla concentrazione di alcune deleghe tornerebbe ad essere ‘pesante’. Risolto il puzzle delle vicedirezioni generali, si aprirà poi la sfida per le direzioni di reti e tg, che fa già litigare An e FI.

 

La ‘poltrona per due’ più scottante è quella del Tg1: il premier non nasconde la sua preferenza per Maurizio Belpietro, ma Fini insisterebbe sulla promozione di Mauro Mazza , attualmente alla guida del Tg2. Unica concessione è che il presidente della Camera sarebbe disposto a fare è il dirottamento del suo candidato alla guida di Raiuno: una casella che però Berlusconi non sembra disponibile a cedere e per la quale avrebbe già pensato a Clemente Mimun.

 

“Noi vogliamo una rete”, ripetono gli esponenti di An: a quel punto, Mazza potrebbe passare alla guida di Raidue, per lasciare il posto alla guida del Tg al leghista Gianluigi Paragone, anche perché il Carroccio reclama la guida di un Tg.

Quasi tutta interna all’opposizione la partita per la terza rete. Più che probabile la partenza di Antonio Di Bella dal Tg: al suo posto, è ben quotato Antonio Caprarica. Potrebbe invece essere confermato alla guida della rete Paolo Ruffini, nonostante le voci sul possibile avvicendamento con Giovanni Minoli.

 

Sul tavolo del nuovo vertice di Viale Mazzini si saranno pure la gelata negli introiti pubblicitari, i rapporti con Sky, i nuovi investimenti per il digitale terrestre, gli avvicendamenti in alcune caselle chiave.

 

Dopo i tagli da 110 milioni decisi dal precedente Cda per il budget 2009, il Dg uscente Claudio Cappon ha varato una ‘manovra aggiuntiva’ da 60-70 milioni: interventi che il nuovo vertice dovrà gestire, dopo la contrazione della raccolta pubblicitaria intorno al 4% (pari a una perdita di circa 40-50 milioni). Grazie alle correzioni la spesa, la Rai – che non è in rosso – dovrebbe chiudere il 2008 con risultati in equilibrio: si parla di un sostanziale pareggio o comunque di un rosso inferiore ai 10 milioni.

 

Dal punto di vista delle nuove tecnologie, c’è da osservare che la Rai si è rilanciata sul digitale terrestre con nove canali (e Rai 5 in arrivo in autunno) e sul web. Servono però nuovi investimenti, stimati in 150 milioni, per il cammino verso lo switch-off, che quest’anno coinvolgerà anche Piemonte (il passaggio è previsto tra maggio e ottobre), Lazio (tra giugno e novembre) e Campania (tra settembre e dicembre). Un po’ di ossigeno è arrivato con l’aumento del canone 2009 (da 106 a 107,5 euro), che porterà circa 25 milioni in più, ma resta il problema dell’evasione intorno al 27%: un fronte sul quale il governo è pronto a impegnarsi, per esempio agganciando la tassa ad altri parametri.

 

A fine giugno scade poi il contratto per i canali di Rai Sat, che frutta alla Rai tra 50 e i 60 milioni di euro: sarà l’occasione per la Tv pubblica per decidere se restare sul satellite anche con i canali generalisti o puntare tutto su Tivù, la nuova piattaforma satellitare creata con Mediaset e Telecom Italia Media, che verrà lanciata a giugno. Per lasciare le mani libere al nuovo vertice, il vecchio ha disdetto il contratto che obbligava l’azienda a usare la tecnologia di criptaggio Nds di Sky. Intanto la tv di Murdoch ha chiesto di inserire Rai 4, gioiellino del digitale terrestre, nel bouquet satellitare.

 

Dalla sua, Paolo Gentiloni, attualmente responsabile Comunicazione del Pd, ha invitato la Rai, in nome del pluralismo del servizio pubblico, di mantenere una propria neutralità rispetto alla vicenda Sky-Mediaset.

 

In un’intervista a Repubblica, Gentiloni ha sottolineato che “se Tivù diventasse l’arma per scatenare una guerra comune a Sky, la natura stessa del servizio pubblico sarebbe compromessa”.

 

“Viale Mazzini ha la forza per schierarsi solo con i suoi abbonati, competere con Sky nei canali tematici, sfidare Mediaset nell’offerta gratuita”, ma se la Rai privasse “dei suoi canali storici i 4,7 mln di abbonati a Sky che pagano il canone” (cosa comprensibile per Mediaset) questa, dichiara Gentiloni, sarebbe una scelta che “contrasta con gli obblighi che derivano alla Rai dal contratto di servizio”.

 

La Rai, per l’ex ministro, “sarà finanziata sempre più dal canone, sempre meno dalla pubblicità“, e in tal modo potrà “accentuare il suo profilo di emittente di qualità” ma, in merito all’auspicio del ministro Bondi su un canale Rai senza pubblicità, “ridurre la pubblicità di un servizio pubblico significa, ovvio, mettere un limite agli spot anche su Mediaset”.

 

In merito all’idea di aumentare invece gli spot per Mediaset e limitarli per Sky, come vorrebbe il Pdl, recependo la direttiva Ue Tv senza frontiere, per l’ex ministro ciò significherebbe “mettere, ancora una volta, una maggioranza politica a servizio di interessi privati”. Da Gentiloni poi arriva un auspicio al mantenimento del pluralismo della Rai: “confido che Garimberti sarà difensore di questa autonomia sia sul piano editoriale, sia su quello industriale“, ha concluso.

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