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ICT, l’Italia continua a scivolare: solo 45esima nella classifica WEF. Pesano eccessiva burocrazia e mancanza di venture capital

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L’Italia continua a perdere posizioni nella classifica annuale sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione stilata dal World Economic Forum: il nostro Paese è scivolato di altre 3 posizioni – dopo le 4 già perse lo scorso anno – e si piazza in una poco gloriosa 45esima posizione, con 4,16 punti contro i 4,21 totalizzati nel 2008.

La classifica continua a essere guidata da 2 paesi del Nord Europa – Danimarca e Svezia, che raggiungono rispettivamente un punteggio di 5,85 e 5,84 punti – seguiti dagli Stati Uniti che in salita di una posizione ottengono un punteggio di 5,68 punti.

Al 4° e 5° posto, Singapore e Svizzera. Meglio di noi hanno fatto tutti i  i grandi Paesi membri del G7 – il Canada al 10° posto, la Gran Bretagna al 15°, il Giappone al 17°, la Francia al 19° e la Germania al 20° – e siamo stati scavalcati dalla Tunisia in 38esima posizione e dalla Giordania, in 44esima, Paesi sicuramente meno industrializzati ma con molta più propensione del nostro a sfruttare e promuovere i vantaggi delle tecnologie ICT.

Subito dopo di noi, la Cina, che però sale di 11 posizioni rispetto allo scorso anno.

 

Il Global Information Technology Report 2008-2009 ha preso in considerazione 134 economie a livello mondiale (rispetto alle 127 della precedente edizione), valutandone il comportamento in tre macroaree: il contesto ICT macroeconomico, regolatorio e strutturale; il grado di prontezza degli individui, delle aziende e dei governi nel cogliere e sfruttare i vantaggi dell’Ict; l’utilizzo effettivo delle tecnologie.

Alla valutazione di questi fattori segue quindi l’assegnazione del ‘Networked Readiness Index‘, che  misura la propensione dei Paesi a sfruttare le opportunità offerte dalle tecnologie ICT per aumentare la crescita e la competitività nazionale.

 

Il Bel Paese continua a perdere punti soprattutto a causa della componente ‘contesto‘ e delle sue sottocomponenti: il contesto di ‘mercato’ e quello ‘politico-regolamentare’ risultano particolarmente sfavorevoli a causa degli effetti della eccessiva tassazione, dei limiti regolamentari e, in particolare, del fardello della burocrazia, che rende molto lunghi i tempi necessari per attivare un contratto.

Il nostro Paese ad esempio è all’87° posto – dopo Nigeria, Serbia e Pakistan – in termini di disponibilità di venture capital e all’86 in quanto a libertà di espressione (meglio di noi si trovano perfino  Zambia, Uganda, Ecuador e Mongolia).

Siamo quindi in 129esima posizione per quanto riguarda gli effetti e l’estensione della tassazione, in 130esima alla voce ‘peso delle regolamentazioni governative’ e in 121esima per i tempi di attuazione di un contratto. In sostanza, soltanto in una manciata di Paesi si registra una burocrazia peggiore della nostra e si pagano tasse più alte.

Sul fronte della ‘preparazione‘ risulta penalizzante soprattutto la scarsa importanza attribuita all’ICT nell’azione di governo (siamo in 125esima posizione) e la disponibilità di servizi di eGovernment (68esima posizione)..Siamo quindi in 55esima posizione per quanto riguarda le spese destinate all’educazione – in un comparto che vede invece in prima posizione Lesotho, Botswana  e Guyana – al 69° posto per la qualità dell’educazione scientifica e all’84° per la qualità complessiva del sistema didattico. 

 

Va un po’ meglio in termini di ‘utilizzo‘ soprattutto da parte dei singoli individui: occupiamo infatti il 7° posto in termini di utenti mobili, il 28° in termini di penetrazione dei Pc nella popolazione e il 26° in quanto a utenti a banda larga.

Siamo però al 53° posto per i costi delle chiamate mobili, mentre alla voce ‘Importanza dell’ICT per il futuro del Paese’, il nostro governo si piazza a una non certo lusinghiera 109esima posizione, dopi quelli di Indonesia  Trinidad e Tobago e Guyana. 

 

Le imprese italiane risultano quindi al 51esimo posto in termini di ‘spese in Ricerca e Sviluppo’ e al 21° per ‘capacità di innovazione’.

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