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Non importa quale sarà il futuro di Facebook, che alcuni analisti danno già in caduta, quello che importa è che i social network sono fondamentali per imparare a stare nella Rete e autoregolamentarsi. Anche in un momento critico per gli internauti, come dimostra la volontà del governo inglese di monitorare i dati di Facebook contro il terrorismo e la criminalità.
Queste alcune delle riflessioni emerse al convegno “Fenomeno Facebook“, promosso dal professor Enrico Menduni all’Università Roma Tre, a cui hanno partecipato anche Paolo Gentiloni e Giovanna Melandri del Pd e Mauro Paissan, componente dell’Autorità per la privacy.
Da oltremanica è, infatti, arrivata la notizia che milioni di cittadini britannici utenti del social network più famoso al mondo potrebbero presto essere sottoposti a severi controlli da parte delle autorità governative e registrati su uno speciale database, una sorta di “Big Brother” degli internauti.
Il progetto, secondo quanto riferisce oggi il quotidiano The Independent, riguarderebbe anche network analoghi, come MySpace e Bebo: il piano prevede la catalogazione di una serie di informazioni su ogni telefonata, email, accesso a internet fatto dal Regno Unito.
“In Gran Bretagna il governo colleziona dati di 25 milioni di utenti dei social network – ha affermato Gentiloni – Ci sono cose da non fare: una di queste è immaginare di mettere in gabbia Internet. Adottare una linea di repressione non funziona: stiamo attenti anche al Comitato antipirateria insediato dal governo, se andasse in questa direzione si dovrebbe organizzare una mobilitazione”.
“Nessuna falla in Internet può uccidere nuove forme di comunicazione come i social network – ha spiegato Melandri – e l’idea che il potere esecutivo possa intervenire a regolamentare gli abusi è tutt’altro che assente anche dal nostro panorama politico. La politica deve essere progressista su questi temi non si può attestare su un sistema di allarme e chiusura”.
Mauro Paissan ha osservato: “I social network come Facebook non vanno demonizzati Sono uno strumento di grande utilità e divertimento, bisogna solo sapere che si mangiano la nostra privacy e i migliori garanti dei nostri dati personali siamo noi stessi. E’ importante dunque la consapevolezza dei rischi e delle opportunità connessi al loro uso”.
Intanto da Padova, don Ferdinando Di Noto ha avvertito: “…anche i social network come Facebook e non solo le chat sono a rischio pedofilia”.
“…Mi attendo – ha detto – che presto la polizia postale italiana e le altre polizie europee chiudano i gruppi inneggianti alla pedofilia che infestano i social network. Facebook purtroppo non sfugge alla logica dell’uso distorto di internet. Con questo non voglio fare dell’allarmismo solo dire che occorre tenere alta la guardia”.
Don Di Noto è intervenuto al convegno “Hai mai incontrato un orco?” organizzato dalla Provincia di Padova assieme all’associazione Meter di don Ferdinando e all’azienda di sicurezza informatica Nest2 Spa.
“…Più si diffonde la rete – ha spiegato Di Noto – più si diffonde anche il ‘groaming’ cioè l’attività di adescamento dei minori da parte dei malintenzionati. Credo che solo progetti di sicurezza ragionata come questi possano mettere più al sicuro i più giovani che nella rete rischiano di incontrare ‘l’orco’ delle fiabe, che purtroppo spesso però è ben poco virtuale”.
Secondo alcuni esperti, infatti, gli strumenti come Facebook, e più in generale le ‘reti sociali’, rischiano di favorire la pedofilia online, tanto che si prevede un possibile raddoppio dei casi.
A sottolinearlo è Mario Salvatori, amministratore delegato di Edipi, che insieme all’Associazione italiana per la sicurezza informatica (Clusit) presso l’Università’ di Milano ha organizzato il Security Summit, una tre giorni di confronto tra addetti ai lavori.
Quello della pedofilia, spiega Salvatori, è un vero e proprio “…pericolo incombente. In particolare, la preoccupazione che sta emergendo dagli esperti è che alcuni strumenti di utilizzo comune, tra tutti Facebook, saranno il terreno favorevole per il raddoppiamento almeno di tutti i pericoli legati al mondo dei pedofili, la diffusione di immagini e l’adescamento di minori. Questo perché facilitano la scambio di materiale. Inoltre, su Facebook si può celare anche la propria identità nel modo più totale, fingere di essere un bambino o una ragazzina e inserirsi in un giro di persone, usando la confidenzialità che il mezzo offre per avvicinare ragazzini”.
Come ogni strumento, però, è l’uso che se ne fa a fare
“…C’è tutta un’attività di controllo e amministrazione che deve essere svolta dalle famiglie – ha concluso Salvatori – e dalla scuola, per quanto riguarda la diffusione della consapevolezza. Ancora oggi molti computer di casa sono privi di sistemi di protezione valida, o di ‘parental control’, strumenti semplici che permettono all’adulto di scegliere di rendere libero l’accesso a determinati siti o di inibirlo, e questa e’ la prima cosa da fare’.