Il Vaticano entra nell’era digitale: documento per riformare la comunicazione ecclesiale e mettere in guardia dai rischi del web

di Raffaella Natale |

Italia


Comunicazione digitale

Arriva il prossimo ottobre il nuovo documento del Vaticano su internet e la cultura digitale. Il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali è, infatti, al lavoro per un nuovo atto che sottolinei le grandi potenzialità nel campo dell’evangelizzazione, mettendo però in guardia dai rischi che possono derivare da un uso distorto del Web.

 

“Considerando gli sviluppi in atto – ha spiegato il presidente del dicastero, arcivescovo Claudio Maria Celliabbiamo iniziato a riflettere su un nuovo documento. In sostanza, sarà un aggiornamento dell’Istruzione Aetatis Novae, che risale al 1992, quando si può dire che Internet ancora non esisteva”. Per Celli, “le nuove tecnologie hanno indotto nuovi atteggiamenti, nuove sensibilità‘. Dunque, chiarisce in un’intervista diffusa dal Servizio Informazione Religiosa, anche se “senz’altro i principi fondamentali dell’Aetatis Novae restano validi, sono necessarie alcune linee guida, per una pastorale che tenga conto delle nuove realtà”.

 

Ecco dunque che il nuovo documento, che probabilmente verrà presentato “ai membri dell’assemblea plenaria del dicastero, in ottobre”, ha l’obiettivo di “far vedere come la Chiesa si pone nella nuova cultura digitale, utilizzando quei mezzi che la tecnologia mette a disposizione”.

 

Riguardo all’accoglienza da parte delle comunità cristiane di un aggiornamento dell’insegnamento della Chiesa sulla comunicazione, il presidente del Pontificio Consiglio precisa che “…quando si parla di comunità cristiane, occorre tenere presenti i diversi contesti culturali cui si fa riferimento. Si può ben immaginare che è diverso l’atteggiamento delle comunità cristiane d’Europa o degli Stati Uniti da quelle di un Paese in via di sviluppo, dove la crescita umana e socio-culturale è frenata da diversi problemi”.

 

Tuttavia “…l’augurio è che l’insegnamento della Chiesa possa far riflettere le comunità anche su questi aspetti. Perché, come auspica il Papa nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali di quest’anno, certe fasce della popolazione mondiale non siano tenute lontane dal cammino di sviluppo favorito dalle nuove tecnologie”.

 

Il cammino è complesso e passa attraverso diverse tappe, la prima delle quali lo scorso 9 marzo, quando nella sede del Pontificio Consiglio sono stati convocati i responsabili delle comunicazioni sociali nelle conferenze di tutto il mondo per un seminario su le “Nuove prospettive per la comunicazione ecclesiale“.

 

“E’ la prima volta – ha detto nell’occasione l’arcivescovo Celli – che si fa un seminario del genere. La Santa Sede ha invitato i responsabili delle comunicazioni sociali delle conferenze episcopali a riunirsi e a lavorare insieme. E questo perché i vescovi acquisiscano una conoscenza più approfondita dei media, prendano coscienza delle problematiche di carattere antropologico, umano, culturale emergenti con l’uso delle nuove tecnologie”.

 

Un centinaio tra vescovi e sacerdoti, provenienti da 82 paesi, sono stati invitati a riflettere da un lato su una più approfondita conoscenza di quanto sta avvenendo nel mondo delle comunicazioni, e dall’altro a cercare di capire cosa la Chiesa può fare per essere presente.

 

Sempre nei giorni scorsi, il Vaticano ha preso una posizione forte in merito alla registrazione dei domini web.

Lo ha riferito l’agenzia austriaca cattolica Kathpress che cita il cardinale Carlo Maria Polvani , il delegato della Santa Sede all’ICANN, (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), l’organismo internazionale che assegna i domini.

L’affollamento dei domini internet, avrebbe detto Polvani, non deve scadere nel sacrilego creando siti web con suffissi .catholic, .islam o .buddha.

Polvani avrebbe inviato una lettera al presidente Paul Towmey, nella quale si afferma che i domini religiosi minaccerebbero la “politica di saggezza e neutralità” dell’istituzione. L’ICANN, riunitosi a Città del Messico, avrebbe rinviato di sei mesi ogni decisione sui ‘Top Level Domain’.

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