Comitato contro la pirateria: gli editori suggeriscono il ‘Notice and Take Down’. Ma per i provider, ‘Bisogna proteggere anche gli utenti’

di Raffaella Natale |

Italia


Pirateria

Si susseguono le audizioni presso il Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale presieduta da Mauro Masi.

“La pirateria è uno dei più importanti problemi che affliggono il mercato editoriale italiano, non meno di quanto avviene per il resto dell’industria culturale, e in particolare per la musica e per il cinema“, ha affermato Ivan Cecchini dell’Associazione Italiana Editori (AIE) durante l’audizione di ieri.

“Il fenomeno della pirateria si traduce nelle fotocopie di libri e periodici, ma anche, e sempre più – ha proseguito Cecchini – nella digitalizzazione (e successiva diffusione) di prodotti cartacei. Le violazioni cui si assiste in tale ambito avvengono attraverso attività di hosting e messa a disposizione del pubblico dei contenuti da parte di siti internet nonché per mezzo di diversi sistemi di peer-to-peer. Per avere qualche indicatore, le attività di riproduzione illecita di libri e periodici con fotocopie determinano perdite stimate in oltre 315 milioni di euro l’anno per il settore editoriale nel suo complesso: se si considera però il settore dell’editoria universitaria e professionale la perdita equivale o addirittura supera il fatturato di settore”.

Secondo AIE, è più difficile valutare e quantificare lo sviluppo digitale degli illeciti che interessano il settore editoriale: sono però decine di migliaia i libri digitali piratati su internet.

Un dato in più?

In base agli esiti delle elaborazioni dell’Ufficio studi sull’Osservatorio permanente dei contenuti digitali, gli editori possono stimare in oltre 3 milioni e mezzo gli italiani che utilizzano abitualmente sul posto di lavoro sistemi di file-sharing. Non è al momento quantificabile invece quanto questi sistemi impattino sull’editoria scolastica e universitaria, ma il fenomeno è in continua crescita.

 

Per tutti questi motivi, AIE ha chiesto una maggiore tutela del diritto d’autore, con campagne informative ad hoc per sensibilizzare i cittadini sul rispetto di tali diritti e, per quanto attiene agli scambi illeciti di materiale online.

Così come sta avvenendo in altri Paesi – ha concluso Cecchini – occorre che anche in Italia si adotti il meccanismo del Notice and Take Down: la rimozione del materiale illecito e/o disconnessione dall’utenza a fronte della semplice, ancorché circostanziata, comunicazione da parte del titolare dei diritti lesi. Un’incombenza che spetta ai provider delle reti”.

 

E ieri è stata anche sentita la voce dei provider. Assoprovider ha sottolineato che principi come la presunzione di innocenza e l’attribuzione del potere giudiziario esclusivamente alla magistratura sono i fondamenti del nostro ordinamento giuridico e non possono essere violati a favore della tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

A tal proposito ha ribadito che gli Internet Service Provider sono equiparabili a dei meri trasportatori di dati e ad essi non sono attribuibili poteri di polizia  o di giudizio sull’operato dei cittadini in internet: “Togliere a queste forze la piena potestà è una grave arbitrio in quanto fa cessare le tutele costituzionali dei cittadini italiani”.

 

Per Assoprovider:

 

1) il reato deve essere accertato dai magistrati e non da cittadini comuni quali sono gli ISP;

2) i provvedimenti restrittivi devono essere emessi dai magistrati: il nostro ordinamento giuridico NON consente a forze diverse da quelle inquirenti la comunicazione  dei reati e pertanto chi lo fa commette un reato (favoreggiamento);

3) se è vero che chiunque è innocente fino a sentenza passata in giudicato allora questa presunzione di innocenza deve valere per tutti i reati compresi quelli contro la proprietà intellettuale;   

4) in ogni caso non riteniamo in alcun modo giustificabile che gli oneri tecnico/economici per la individuazione e repressione dei reati (di qualsiasi natura) debba essere sostenuta da una categoria di cittadini (qualsiasi tentativo di attribuire agli ISP partecipazione diretta od indiretta al reato è priva di ogni fondamento logico/fattuale in quanto l’ISP non è equiparabile in alcun modo all’editore, ma può essere paragonato solo e soltanto a un trasportatore;

 

In questi mesi, ha riferito Assoprovider, si è assistito a un intenso dibattito sulle intercettazioni telefoniche dal quale si è conclusa la necessità di una limitazione dell’utilizzo delle intercettazioni perfino per i giudici.

“Ora ci domandiamo perché invece l’intercettazione costante del traffico Internet (che contiene potenzialmente un patrimonio informativo sensibile molto più elevato di quella fonica) di tutti i cittadini italiani dovrebbe essere esercitata da dei cittadini comuni come sono gli ISP senza alcun controllo da parte della magistratura e questo al solo fine di individuare un reato contro il patrimonio intellettuale”.

 

Per i provider, l’adozione di tecniche di criptazione da parte degli estremi della comunicazione (sui quali come noto l’ISP non ha alcun controllo) determinano in ogni caso l’impossibilità tecnica di attuazione.

Inoltre l’adozione da parte dell’utente di tecniche di tunneling può rendere ignoto all’ISP di accesso non solo il contenuto della comunicazione ma anche il destinatario.

“Questo governo – ha sottolineato l’associazione – ha avviato un sano processo per la semplificazione legislativa che Assoprovider apprezza proprio perché è dimostrabile che la complessità legislativa danneggia gravemente le PMI e di conseguenza il libero mercato e la concorrenza”.

 

Assoprovider ritiene, quindi, che:

 

1) anche in questo caso prima di creare un altro strato di complessità legislativa sia utile analizzare e utilizzare le leggi  già esistenti per perseguire i reati contro il patrimonio intellettuale, poiché tutti i reati che si commettono su internet si possono commettere anche senza di essa e quindi o non sono mai stati perseguiti oppure la nostra legislazione già li prevede.

 

2) non devono essere introdotte artificiose barriere economiche di ingresso per la professione di ISP quando è facilmente dimostrabile che esse non aiutano a reprimere un solo reato in più contro la proprietà intellettuale e per contro sono un regalo certo per chi aspira a un controllo monopolistico del mercato delle tlc.

 

Assoprovider ha detto ancora che “l’inibizione dell’utenza internet è una misura inutile e fonte di paradossi: internet è uno strumento come tanti, che serve per fortuna a migliaia di cose, e molte di queste, non solo sono perfettamente legali, ma sono oramai profondamente legate al nostro  esercizio di diritti e doveri”.

La PA sta  facendo divenire internet lo strumento principale per la interazione con i cittadini, non ultima si veda la recente imposizione della PEC ed è paradossale che per un reato si possa perdere lo strumento con cui si dovrebbe assolvere ai propri doveri, come dire che a fronte di un reato per calunnia commessa a mezzo penna venisse inibito l’utilizzo della penna e quindi la possibilità di firmare qualsiasi documento.

Anche volendo prendersi carico delle problematiche l’unico risultato ottenuto sarebbe il cambio di operatore da parte del cliente.

A ciò si aggiunga che l’utenza internet non individua un singolo individuo, per lo stesso motivo per cui un numero di telefono non individua inequivocabilmente un solo soggetto, e quindi inibire l’utenza significa punire anche chi non ha commesso alcun reato come dire che ripudiamo il cardine fondamentale del diritto penale e cioè la responsabilità personale.

 

Per Assoprovider la soluzione al problema passa per forze dell’ordine adeguate in termini numerici e di preparazione; formazione pubblica e diffusa affinché il reato sia culturalmente percepito; rispetto di tutti i diritti in gioco e non solo di quelli relativi alla proprietà intellettuale come ad esempio diritto alla conservazione e diffusione della conoscenza, diritto di citazione, diritto di impresa (ISP) etc.; liberalizzazione del settore in modo che chiunque possa divenire produttore/distributore di proprietà intellettuali (fine delle esclusive), fine del monopolio nella riscossione dei diritti da parte della SIAE e tutela anche per i piccoli produttori di contenuti (vedi disposizioni SIAE sulla distribuzione dei diritti derivanti da concertino) abolizione dei sussidi economici pubblici che contestualmente non portino le opere prodotte nella disponibilità della collettività; abolizione dei contributi derivanti dagli strumenti di riproduzione dai supporti di memorizzazione, definizione dei vincoli imponibili sulle riproduzioni meccaniche (copie back-up, circolazione etc.); ridefinizione della durata dei diritti ed armonizzazione tra tutte le diverse forme di proprietà intellettuale (brevetti, diritti d’autore, diritti di esecuzione etc.).

  

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