NewTv: edizione ‘streamaordinaria’. Newscasting ovvero i Tg in diretta streaming

di di Andrea Materia |

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Katie Couric

Sembra paradossale, ma le news non fanno notizia. Quantomeno quelle in streaming online… Rispetto al fragore generato dai contenuti d’intrattenimento, sia quelli hollywoodiani sia quelli user-generati, e naturalmente dallo sport, l’offerta di informazione in salsa NewTV ha ricevuto finora un’eco limitata persino sulla blogosfera. Beninteso, non parlo della mera riproposizione in simultanea di quanto va in onda nella OldTV. L’idea di base che il flusso giornalistico dei notiziari televisivi sia affiancato online da un player in streaming simultaneo 24 ore su 24, alimentato dai video di un canale satellitare o DTT, con ipertesti a latere succhiati da agenzie di stampa o folte redazioni, è universalmente accettata. L’ha imposta il mondo della finanza, e ormai è generalista. Ma è un’idea Web 1.0: bissiamo su Internet quanto nasce e muore in TV. Invece qui, in analisi di NewTV, quindi di Web 2.0, ci riferiamo all’offerta di trasmissioni informative web-originali, con tutto quel che ne consegue in termini evolutivi sia a monte nella produzione/diffusione sia a valle nella loro fruizione.

In parole povere, quando parliamo di Hulu o della Major League di baseball in streaming, il concetto non è sovrapporsi in eterno agli equivalenti catodici. Il concetto è: sostituirli il prima possibile, in attesa che l’hardware (i televisori di ultima generazione con router per accesso larga banda, chip per decodare il video streaming e capienti hard disk integrati) consenta di esplodere la distribuzione in maniera ubiqua. Con un corollario: durante la transizione, individuare un modello di business – da dove caspita li caccio fuori i soldi – che supporti economicamente la metamorfosi.

Mutatis mutandis, lo stesso ragionamento va applicato alle news.

Current TV rappresenta a oggi il modello di riferimento di settore nel campo dell’interazione tra nuovi e vecchi media. Sebbene di natura si tratti sempre di un’emittente televisiva classica, diffusa via cavo o via sat a seconda delle nazioni, il peso attribuito nella programmazione ai contributi inviati dagli utenti e filtrati/votati dagli iscritti al sito ufficiale la rende un attore di diritto e di fatto della NewTV. Poiché già se n’è parlato e riparlato altrove, la escludiamo per oggi dal discorso, ma ci consente di ribadire la discriminante fondamentale: la difformità tra news OldTV e news NewTV deriva dalla piattaforma primaria su cui vengono prodotte e distribuite le notizie. È uno spartiacque formale, di origine meramente tecnologica, che tuttavia si tramuta all’atto pratico in differenza sostanziale.

Immaginiamo un cardinale che invochi il demonio in una cattedrale del culto, davanti a centinaia di credenti. Notizia-shock, qualcuno lesto riprende la scena con il suo iPhone, e la clip viene presto adottata da miriadi di TG (eccetto quelli che la insabbiano). In sé, il suo valore è scarsissimo a livello nazionale; qualsiasi sia la vicenda umana o pastorale alle radici della blasfemia, passati i primi 5 minuti di curiosità, viene dimenticata dalla OldTV. Nella NewTV la notizia è socializzata, scomposta in clip virali e “video-risposte”, blogghizzata da uno psicologo, da un teologo e da un blogger di viaggi, taggata, tweetizzata, estesa in analisi sociale e agganciata a un webserial a puntate su MySpace TV girato con il telefonino, e infine commentata in diretta lifecasting per due settimane di fila da dieci religiosi di dieci diverse confessioni sparsi tra Ustream e Justin.tv. I 5 minuti della OldTV diventano centinaia di ore di stream e milioni di caratteri ipertestuali. Soprattutto quel che è seconda linea nella logica dei direttori di TG tradizionali può diventare top news virale nella prospettiva dei nativi e degli immigrati digitali.

Gestire il ribaltone copernicano di mentalità ed esigenze sottese del pubblico è una sfida. Andiamo a osservare come i principali network USA la stanno affrontando. Timidamente, specifichiamolo subito.

CBS ha lanciato da pochi mesi una trasmissione web-only di news, Washington Unplugged, condotta Bob Schieffer. L’ha presto affiancata la diretta solo-per-Internet del The Early Show, in pratica come se finito Unomattina su RAI 1, ogni giorno su RAI.tv ci fosse un’estensione in streaming di circa mezz’ora con la conduttrice che risponde alle domande dei navigatori. Ovviamente tutti i webcast di Ask It Early (questo il titolo della versione esclusiva web di The Early Show) vanno poi in archivio on-demand su CBS.com. In termini di traffico generato un successo esplosivo.

Ma che gli internauti abbiano fame di contenuti specifici e su misura se n’era accorta per prima la ABC, che dal 2008 offre alle 3 del pomeriggio una versione web-only di 15 minuti, in diretta ovviamente, del suo telegiornale. Per capirci, non ripropone online il suo TG televisivo in contemporanea con la messa in onda, quello lo fanno tutti, lo abbiamo detto. È proprio un TG apposta per il sito di ABCNews. L’afflusso di visitatori si è quintuplicato in un anno, superando i 20 milioni di visitatori unici a Luglio 2008 (in particolare l’area video ha segnato +139% rispetto al 2007). Il Word News With Charles Gibson è disponibile on-demand su ABCNews.com, iTunes e cellulari una manciata di minuti dopo la diretta web.

Il primo, più evidente target di questi NewTelegiornali sono quelli che non fanno in tempo, per lavoro o qualsiasi altro motivo, a seguire l’edizione classica catodica [in America l’orario tradizionale sono le 18.30, qui da noi le 20]. Sembra un plus banale, e superabile altrettanto banalmente con VHS, DVR o aggeggi tipo il MySky, ma a quanto pare i cittadini americani non lo considerano un vantaggio così minore e collaterale. È finita l’epoca della fruizione passiva, il vaso di Pandora si è aperto e uno dei mali riversatisi nel pianeta è la pretesa di poter accedere ai contenuti a nostro piacimento in qualsiasi momento, luogo e attraverso qualsiasi tipo di device.

Il secondo elemento competitivo vincente è l’integrazione delle news nell’era del Web 2.0. Ancora una volta è la CBS all’avanguardia. Le Evening News With Katie Couric, uno dei più popolari programmi TV d’informazione serale, oltre a essere messo online per lo streaming differito ogni notte sul sito ufficiale della CBS, è syndicato in oltre 300 videoportali. Significa che arriva infinitamente oltre la sfera d’influenza CBS. Katie Couric è rapidamente diventata una delle prime stelle giornalistiche della NewTV, e ha lanciato il suo canale personale su YouTube, con un misto di rimontaggi di vecchie trasmissioni, dietro-le-quinte, e interviste in esclusiva Net. E sì, lo so cosa state pensando, avrei dovuto starmi zitto, fra poco ci ritroveremo con il canale YouTube di Bruno Vespa…

The Day in 100 Seconds

Tornando alla cinquantaduenne Couric, che è bionda e tuttora assai piacente, liberata dall’ansia del make-up televisivo, dei gobbi, delle rigorose indicazioni dalla regia e degli ascolti a ogni costo, sembra aver trovato online una nuova dimensione. All’austero commentatore politico che le enuncia meriti e demeriti delle varie piattaforme elettorali rispetto a noiosi temi tecnici di regolamentazione dei provider Internet ha risposto durante una diretta solo streaming “Sì, okay, non ci ho capito una mazza, ma era davvero affascinante. Thank you”. E sia chiaro, non parliamo di una starlette dell’Isola dei Famosi, la Couric è un’autorevole anchor woman con un’ottima preparazione di base e un’impostazione classicissima. Può permettersi di dire “non ci ho capito una mazza”. Se lo fa, colpisce duro.

Come potete immaginare la miscela di irriverenza e competenza dei live webcast di Katie ha fatto impazzire il popolo degli internauti americani. Le domande per i suoi ospiti ora arrivano direttamente da Digg.com. Quando un inviato parte per la tangente lo apostrofa così: “Byron, bello mio, è una diretta web, non un film per la TV. Taglia !”. E al momento di chiudere, si permette di arguire con il suo producer e rifiutarsi: “Come come? Il World Wide Web vuole che per oggi finiamo qui? Salve, piacere, sono il Signor World Wide Web, per favore interrompete questa diretta…”

Mi chiedo quanto a lungo potrà proseguire la dicotomia della Couric, plumbea e misurata per le dirette analogiche, naturale e spontanea per quelle web. Prima o poi i suoi spettatori la vorranno coerente, e qualcosa mi dice la vorranno sincera e senza filtri sempre, ovvero voteranno per l’edizione NewTV. Ma questo tipo di discorsi ha già preso a circolare negli uffici CBS…

Curiosamente, il network con il miglior potenziale di fuoco, ovvero NBC finora non ha proposto nulla di significativo, nonostante la partnership con Microsoft in MSNBC.com metta sul suo piatto il 17% del traffico html – non video quindi! – legato alle news, contro il 2.7% di ABCNews.com e l’1.3% di CBSNews.com. La stella del palinsesto in streaming sono le “repliche” on-demand di Nightly News with Brian Williams, uno storico programma di approfondimento (Williams lo conduce dal 2004) che è arrivato a 3.5 milioni di spettatori online a settimana. L’edizione normale TV ha in media 8.5 milioni di spettatori al giorno, dal lunedì al venerdì. A rigor di matematica, le repliche web costituiscono l’8% dell’audience totale di Williams. Non male, ma di NewTV ci sono solo briciole.

Passando dai network in chiaro a quelli via cavo, per CNN streaming video significa CNNMoney.com, con il suo gruzzolo di 235 milioni di stream web-diffusi nel 2008. Un bottino di indiscutibile rispetto. E nondimeno, YouTube se li pappa in 36 ore 235 milioni di stream…

A proposito, Google si è mosso il 6 Marzo. 2009, si intende. Operazione prevedibile, se consideriamo la crescita del 500% nel 2008, l’anno delle presidenziali USA e delle Olimpiadi, per i video di natura giornalistica e politica su YouTube. È stato persino istituito una specie di sottoclasse del Premio Pulitzer per reporter youtubati. Il primo exploit risale però al 2006, quando il senatore della Virginia George Allen, favoritissimo per la riconferma, ha clamorosamente perso le elezioni quando il video dei suoi insulti razzisti verso lo staff del candidato avversario è diventata una hit virale youtubosa. Neanche un biennio e dalla casualità del video virale passiamo alla sistematicità delle decisioni industriale. Nella categoria news, dal 6 Marzo YouTube categorizza i video non più in base alla popolarità o ai ratings, bensì in funzione dei titoli di testa di GoogleNews. Questa è innegabilmente NewTV: i contenuti sono liberati dalla griglia-prigione del loro “canale” di appartenenza, frammentati e risegmentati dentro il contenitore neutrale YouTube, e infine riallineati per la fruizione di un pubblico globale immenso. La morale è che YouTube viene sempre più considerato il motore di ricerca di default per la visione di news in streaming. Facebook segue a ruota, e poi MySpace e tutti gli altri della rivoluzione social media.

Domanda: cosa rimane del brand giornalistico che fornisce i contenuti? Parecchio. Altrimenti non avrebbe senso. Do ut des, no? Il canale YouTube della Associated Press in appena un anno di vita ha accumulato 77 milioni di views, spalmati su 12000 clip. Il New York Times ne ha caricate invece 8000 di clip, ma gli sono valse solo 11 milioni di views; ignoro il motivo della discrepanza, presumo sia legato a scelte editoriali errate. In ogni caso, mentre quotidiani e settimanali cartacei chiudono a rotta di collo da un capo all’altro degli States, in un processo irreversibile, e lo stesso NYT ha ammesso un calo del 21% negli introiti pubblicitari a Novembre 2008, la conversione ai new media – nel loro impasto magmatico di testi, ipertesti, audiovideo e social networking – rappresenta l’ultima frontiera. Sebbene approdare a una monetizzazione soddisfacente del catalogo sia tuttora un mistero irrisolto per lo stesso NYT, l’unica certezza è che le video news attirano più facilmente inserzionisti. È sufficiente per trascinare il più autorevole quotidiano USA, sul baratro della bancarotta, alla filosofia del “ogni giornalista una videocamera, ogni pezzo una clip a supporto”.

Cosa manca alla formuletta per diventare magica? Il fattore umano. Il bravo scrittore non è automaticamente un bravo vlogger (e tantomeno un bravo operatore di camera). Spesso e volentieri viene sconfitto nel conto delle views dal microgiornalista amatoriale, armato di videocellulare Nokia N95 e software di montaggio non lineare freeware per caricare le sue clip sulle piattaforme di video streaming. Per non parlare dei lifecaster supportati da Qik e qualche provider di hosting gratuito [vedi NewTV: “The Truman Web Show”].

In assenza di statistiche relative al video streaming, osserviamo l’evoluzione della classifica visitatori unici per i siti americani di natura politica. Lo scorso autunno il New York Times con 20 milioni di visitatori unici al mese dominava, seguito dal Washington Post con 13 milioni, USA Today con 11.5 milioni, LA Times con 10 milioni e il terzetto Wall Street Journal, Boston Globe e San Francisco Chronicle compreso tra i 5 e i 9 milioni. Dopodichè, svettando su una decina di altri websites di quotidiani per nulla minori, troviamo FiveThirtyEight e Talking Points Memo, redazioni composte rispettivamente di 3 e 14 individui…

Talking Points Memo (tpmtv.talkingpointsmemo.com) si è già proiettato nel video streaming. Il suo canale YouTube lo scorso Settembre ha segnato un record di 16 milioni di views. Oltre al revenue sharing con GoogleTube, TPM ha un accordo di sponsorizzazione con la HBO, che si traduce in uno spot di 15 secondi in testa e in coda a ogni loro clip. Poiché YouTube fa pagare, stando ai “si dice”, 1 dollaro CPM (un dollaro ogni 1000 views), e questo dollarino è poi spartito con gli utenti partner, 16 milioni di views al mese equivalgono a 6000, al più 8000 dollari al mese di introito per Talking Points Memo. Gli spot della HBO valgono molto di più, senza contare che TPM non deve smezzarli con nessuno e li monetizza su molteplici piattaforme, a partire dal suo sito ufficiale.

Ora, è vero che il microgiornalista medio non fa parte del team di Talking Points Memo e fa la fame, per mancanza di strutture adeguate a raccogliere spot e succosi CPM in cambio del frutto delle sue fatiche investigative. Nulla però può escludere che nell’imminente decennio-alba della NewTV vagonate di marchi giornalistici prestigiosi svaniscano nel nulla, spazzati via dai requisiti del nuovo mezzo e da masse di microgiornalisti dilettanti. Chi avrà dalla sua il coraggio di stornare investimenti con il giusto timing e nella squadra talenti le spigliate Katie Couric di turno, abili a trovare nuova linfa e carica nel web dopo anni di ingessate carriere da mezzobusti, emigrerà con successo. Chi arriverà tardi all’appuntamento, mettendo per giunta online professionisti incapaci di adattarsi allo scenario e inadatti ad essere atomizzati nella marmellata del Web 2.0, rischierà l’estinzione.

E visto che ho tirato fuori uno di quei termini-chiave tanto suggestivi quanto difficili da visualizzare a mente, intendo “atomizzare“, torniamo sull’approccio dei network in chiaro USA alle news in streaming. Forse l’avrete notato, prima avevo saltato FoxNews. Il motivo è LiveNewsCameras.com, lanciato a Febbraio 2008, mentre l’indice Dow Jones crollava e tempeste di neve devastavano gli Stati Uniti. LiveNewsCameras aggrega [aggregare è un altro termine-chiave della NewTV] i flussi video in diretta da tutte le stazioni televisivi affiliate a Fox in Nord America. Li aggrega in tante thumbnail cliccabili. C’è la thumbnail di Fox Atlanta e quella di Fox Boston 1 e Fox Boston 2, la thumb delle previsioni del tempo e persino quella del canale news BBC. Se clicchi sopra una qualsiasi thumb, il corrispondente flusso video parte in streaming live nel player al centro della homepage. A volte si vede semplicemente una ripresa della vita di redazione, altre volte va in diretta uno degli elicotteri di servizio: è come se Justin.tv, il sito principe del lifecasting avesse invaso gli uffici di tutte le sedi giornalistiche FoxNews.

C’è una colonna per chattare, c’è il collegamento a Twitter, c’è l’RSS, la ricerca interna. Ogni sorta di strumento, quindi, per aggiornamenti continui e sfruttamento ottimale dell’offerta video. Ma soprattutto in alto a destra della home c’è un secondo player. Ospita un moderatore di LiveNewsCameras che dà consigli sulla navigazione di questo incredibile mosaico di servizi giornalistici e suggerisce gli stream più caldi del momento. È come trovarsi nella sala di regia della sede centrale di FoxNews, senza filtri, senza censure, senza la sgradevole sensazione di patinato e finto che è propria dei TG ufficiali.

LiveNewsCameras, tuttora definito in fase sperimentale, è l’epitome dell’interattività. Se una stazione locale di Houston trasmette un incidente automobilistico atroce, puoi chiedere cosa succede al moderatore di LiveNewsCameras che a sua volta interagisce con la sede di Houston per offrire feedback in tempo reale.

Nella sua, per il momento, caotica e anarchica architettura, LiveNewsCameras è NewTV allo stato puro. È copertura giornalistica non solo di storie che la OldTV non ha le capacità tecnologiche per seguire, incatenata com’è alla sua comunicazione unilaterale (dalle antenne/satelliti ai terminali domestici della TV analogica, o digitale non realmente interattiva come sat e DTT), ma di tutto quello che la OldTV trasmette, cambiando però radicalmente le modalità del racconto.

Coming up next: è vero che in ABC hanno iniziato a prestare più attenzione al numero di conversazioni Twitter in corso sull’ultima puntata di Lost rispetto ai numeri dell’audience Live+7 (spettatori “sincronizzati” con il palinsesto classico + visioni in registrata)? Sono pazzi questi americani. O magari no… Ulteriori riflessioni e soprattutto dati sull’impatto dei social media nella valutazione dei contenuti televisivi e nel loro apprezzamento in termini di investimenti pubblicitari. In cantiere anche “puntate” di NewTV sulla video comicità online e una parentesi quasi tutta teorica sulla ridefinizione dei concetti di free e premium in era digitale.

NewTV. Non è più troppo presto, non è ancora troppo tardi.

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