Italia
Si susseguono le audizioni del Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale coordinato da Mauro Masi. L’obiettivo è quello di raccogliere i pareri degli operatori di settore (broadcaster, Isp, web company, associazioni consumatori…) per contrastare le conseguenze economicamente negative derivanti dalla violazione dei diritti di proprietà intellettuale. E poi definire le azioni contro la criminalità informati e audiovisiva, inclusa la possibile adozione di leggi o codici di condotta. L’8 marzo Enzo Mazza , il presidente della Fimi, ha presentato una relazione dettagliata sulle conseguenze della pirateria.
Ed è proprio su questi dati che abbiamo chiesto un parere a Giandomenico Celata , docente di Economia dei Media e Direttore Scientifico del Multimedia Lab-Cattid dell’Università La Sapienza di Roma, all’opera anche con la costruzione di un Osservatorio sulla pirateria online che verrà istituito proprio all’interno del Multimedia Lab-Cattid.
Key4biz. Professore ha letto la relazione della FIMI sulla pirateria digitale?
Celata. Sì, con molto interesse. E’ ben costruita ma c’è qualcosa nei numeri che non quadra.
Key4biz. Cioè?
Celata. Intanto il numero di chi utilizza il p2p. Se le famiglie italiane con larga banda sono circa 5,5 milioni e di queste la FIMI stima che il 25% usa il p2p il risultato fa 1,3 milioni di famiglie e non 6 milioni come scrive la FIMI.
Key4biz. Sono sempre numeri molto alti
Celata. Non c’è dubbio ma molto diversi. Inoltre, la stessa FIMI stima che il 65% dei cosiddetti pirato comprano la stessa quantità di musica. Quindi nessun effetto negativo. Solo il 32 % ne compra meno. Di quanto? Stimiamo del 50%.
Key4biz. Dove vuole arrivare con questo giro di numeri?
Celata. Nella ipotesi più favorevole alla FIMI la perdita potrebbe essere stimata di poco superiore ai 22 milioni di Euro. Senza calcolare l’effetto promozione del downloading e quel 3% che ne compra di più.
Key4biz. Come spiega in ogni caso la forte riduzione di fatturato dell’industria discografica negli ultimi anni?
Celata. Con due fattori che hanno giocato un ruolo importante. Il primo è che dopo l’introduzione del CD il nuovo standard delle piattaforma di distribuzione della musica è appunto la larga banda e l’Italia è fortemente indietro rispetto agli altri paesi. Lo dice la stessa FIMI. Aggiungo io che se la penetrazione di larga banda fosse la stessa quella perdita che indicavo prima sarebbe ampiamente recuperata.
Key4biz. Il secondo fattore?
Celata. La musica non è affatto in crisi. Se si prendono gli incassi SIAE per diritti musicali che vengono distribuiti ad autori e editori si può vedere che sono è passati dai 435 milioni del 2004 ai 485 del 2006. Non ne ho di più recenti. Se a questi sommiamo quelli dell’IMAIE per i diritti di interpreti ed esecutori si può valutare che Radio, Televisione, Larga banda, supporti fisici vergini come CD e DVD (su cui l’acquirente paga una tassa sulla cui legittimità ci sarebbe da discutere), ecc. hanno ampliato e non ridotto il mercato della musica.
Key4biz. Allora la FIMI sbaglia a lamentarsi
Celata. Dipende. Si lamenta come gli editori di giornali lamentano il calo delle copie; come i piccoli dettaglianti dei grandi supermarket; come la televisione generalista dei canali tematici e payperview; come le Telcoms di Skype; e così via.
Key4biz. Quindi?
Celata. E’ il bello del cambiamento dei modelli di consumo e della sovranità del consumatore. Alla fine chi comanda è il consumatore finale e l’industria deve inseguirlo. Se si attarda perde tempo. Tecnologie e velocità dei mercati moderni sono micidiali.