Italia
Negli ultimi anni il traffico dati su Internet è aumentato in modo esponenziale e le stime per il futuro non sono in grado neanche di quantificarne l’ulteriore crescita. Circa la metà di questo flusso dati è costituito da contenuti audiovisivi e il World Wide Web, che il prossimo 13 marzo compirà venti, ne sarà la piattaforma principale. Unico mezzo in grado di distribuire e permettere la fruizione di tali contenuti a livello globale. Su questo argomento si è svolto il convegno organizzato da Isimm e Rai su “Servizio pubblico, web e nuovi media“, il 10 marzo scorso a Roma. Un tema che inevitabilmente pone la televisione tradizionale, generalista e soprattutto pubblica a confrontarsi con le nuove piattaforme digitali e i servizi di comunicazione, tra cui anche l’IPTV e la Mobile tv, tecnologie che permettono l’accesso alla banda larga e quindi ad Internet.
Ma bisogna parlarne in termini di confronto e di contrapposizione? O è possibile immaginare uno scambio e un ibridazione tra tecnologie diverse, senza che l’una soccomba all’altra?
La Rai ha sperimentato numerose soluzioni in tal senso, rinnovando il suo ruolo di agente innovatore, teso oggi alla digitalizzazione della televisione e alla produzione di contenuti anche per Internet e nel campo dei New media o media digitali. Il web d’altronde è un’issue strategica per qualsiasi operatore televisivo generalista e non solo in Italia. L’incontro voluto da Isimm e Rai è nato con l’intento di discutere le linee guida della progressiva espansione della Rai sulle nuove piattaforme, con il digitale come elemento centrale nella strategia del servizio pubblico universale.
Il primo contributo è arrivato da Pietro Gaffuri della Rai, il quale ha presentato i nuovi portali Rai.it e Rai.tv, attraverso i quali l’azienda intende assumere il ruolo di fornitore e distributore di contenuti e servizi personalizzabili, multipiattaforma e multicanale su protocollo Internet (IP). Piattaforma caratterizzata da accesso rapido e personalizzato, con 22 canali Web TV, immagini di alta qualità, ottimizzazione della fruizione video, 14 box tematici e aggiornabili tramite feed RSS, ovvero aggregatori di contenuti e di informazioni tra i più diffusi on-line. Spazio anche ai servizi, con nuove sezioni di pubblica utilità e intrattenimento, un’informazione continua con il portale dei Tg ‘Rai Notizie‘, ma anche canali live, tra televisivi, radiofonici e Web TV. Un’offerta ricchissima che prevede 500 programmi fruibili on-demand, 60 via podcast audio e video, l’intero archivio Rai e un’inestimabile library con più di 60mila multimedia, senza contare gli irrinunciabili User Generated Content (UGC). “Il nuovo portale Rai.tv– ha affermato Gaffuri- permette agli utenti di creare una versione personalizzata delle pagine e aprirà la strada alla messa on-line di Myrai.tv, una nuova area in cui ciascuno potrà creare le proprie playlist audio e video. A cui seguiranno ulteriori sperimentazioni dell’alta definizione via web, la creazione di video-community e un portale dedicato alla piattaforma mobile“.
“I siti on-line della Rai nell’ultimo mese di febbraio– ha specificato Gaffuri- hanno totalizzato 103 milioni di pagine viste e 6 milioni di utenti unici. Il 10% in più rispetto a gennaio e il 30% in più se confrontati con il febbraio 2008. Rai.tv porta alla luce un record di traffico di 20 milioni di pagine viste, 2 milioni di utenti unici e 12 milioni di video erogati“.
Parlando di audiovisivi non si può non affrontare il discorso YouTube, dove anche la Rai ha riscontrato numeri eccezionali, con 14 milioni di visualizzazioni video di programmi caricati e gestiti dall’azienda. Dati confortanti anche per l’avvicinamento del pubblico più giovane, forse attratto dalle offerte musicali di richiamo come il Festival di Sanremo e il portale RaiMusic. Primi elementi di uno sviluppo strategico sui quali è possibile stabilire quelle che sono delle issues strategiche: distinzione tra forma e contenuto, sviluppo di soluzioni feed RSS, apertura ai meccanismi di syndication ed embedding, attenzione agli UGC, alla personalizzazione e alla classificazione semantica dei contenuti. “I contenuti devono essere ben identificabili e strutturati– ha continuato Gaffuri- per meglio assicurarne distribuzione e fruizione sulla rete, grazie a nuovi meccanismi di aggregazione che sono i feed, generati e gestiti da programmi Content Management System (CMS), che ci permettono di alimentare i siti, trasportando e distribuendo informazione. Centrale rimane l’utente, ovviamente, sempre più attivo, in grado di selezionare prodotti, di organizzarli in modo autonomo e di smistarli tra piattaforme diverse, personalizzandoli, filtrandoli e inserendoli in processi di collaborative filtering e di condivisione, classificandoli in modalità semantica o di social tagging“.
“La forza di un brand sul web– ha evidenziato Gaffuri- sta nella sua capacità di produrre flussi di contenuti molecolari utili, autorevoli, facilmente selezionabili e aggregabili. L’offerta Rai in un’ottica di servizio pubblico è tesa a facilitare i suoi contenuti on-line in simulcast e podcast, rendendoli fruibili on-demand, garantendo video-informazione h24, integrando i flussi delle video-informazioni e assicurando una qualità crescente dell’immagine partendo da 300k fino all’alta definizione“. Analizzando inoltre la società da un punto di vista demografico e sociologico (ricerca dell’European Interactive Advertising Association) emerge un’Italia spaccata a metà, con circa 7 milioni di famiglie in grado di scegliere quale piattaforma di comunicazione fruire in base a un maggior potere di spesa tecnologica e il restante del campione che si accontenta dell’offerta generalista televisiva, limitando fortemente l’accesso alle nuove piattaforme.
Ma il Rapporto ha evidenziato che l’86% dei giovani tra i 16 e i 24 anni passa più tempo su Internet che sulla tv: “…E questa è anche la ragione per cui un produttore come la Rai , un’azienda di servizio pubblico – ha concluso Gaffuri- ha ritenuto e continua ha ritenere opportuno sviluppare prioritariamente un’offerta free piuttosto che pay. Un approccio utile anche in ottica digital divide, che richiede una rete NGN basata non solo su un’unica tecnologia, ma su un mix di opzioni, tra cui la fibra ottica, il Wi-Fi e il WiMAX. Senza dimenticare che la natura del digital divide non è solo infrastrutturale ma soprattutto culturale, caratterizzata da diffusa scarsità e da limitata alfabetizzazione. Problemi complessi che il nostro servizio ha tutta l’intenzione di voler affrontare“.
Da queste parole si è capito subito che la televisione generalista non sta certo morendo o scomparendo, anzi, dai dati mostrati al convegno si è visto come la metà dei contenuti e dell’ascolto televisivo digitale sono prodotti da reti generaliste trasmesse in simulcast. Per Enrico Menduni, vicepresidente Isimm e professore all’Università Roma Tre: “…La televisione generalista sta proseguendo il suo ruolo di broadcaster generalista affiancandosi alle piattaforme digitali, ai nuovi contenuti e servizi“. “L’esperienza di Rainet– ha detto Menduni- dimostra che la tv generalista si sta trasferendo sulle nuove reti di diffusione digitale, come IPTv, digitale terrestre, DVBH, smartphone, Web TV, videogaming, per diffondere i suoi contenuti attraverso l’adozione di formati compatibili, qualitativamente superiori e in alta definizione“. “Le direttrici da seguire? Sono diverse e tutte alla portata del servizio pubblico nazionale“, ha spiegato Menduni. “La cultura convergente, raccontata pochi anni fa da Henry Jenkins nel suo omonimo “Cultura convergente. Dove collidono i vecchi e nuovi media”– ha continuato Menduni- sta modificando strutturalmente il rapporto tra audience, fruitori, produttori e contenuti, aprendo l’esperienza dell’accesso alla multipiattaforma. In cui la televisione tradizionale deve forzare la sua natura unidirezionale trasformandosi in un medium tipicamente ‘pull’, in cui l’utenza cerca i contenuti, li tira fuori, li seleziona, in una modalità molto simile a quella offerta da Internet“.
Quindi formati brevi che tendono a modificare anche la fruizione del mezzo e del contenuto, per un pubblico più mobile ed esigente. Elementi di rottura con il vecchio modello lineare di consumo del contenuto, tipico del broadcaster tradizionale. Un segno di cambiamento che la Rai ha colto, ma anche un’esigenze collettiva, un ‘segnale debole’ come viene definito dalla letteratura tecnologica, che indica inevitabilmente quanto l’utenza peserà sul futuro della televisione. Quanto gli UGC saranno centrali nell’offerta di contenuti e quanto anche le piattaforme di social networking, come Facebook, MySpace o Twitter, diverranno spazi privilegiati per l’offerta di servizi, contenuti e per lo sviluppo di nuove strategie di marketing. Sul rapporto tra segnale debole e mercati interviene anche l’imprenditore Riccardo Ruggeri, che invita a riflettere sul ruolo della crisi, un’ipotetica e paradossale sponda per rivedere i rapporti di forza sul mercato: “…La congiuntura negativa che ha investito i mercati porta con se, oltre a tanta preoccupazione, un’inevitabile potenziale di crescita per molte realtà economiche che sul mercato non sono fino ad ora riuscite ad emergere. Come nel caso della rete e dei nuovi media, in cui saper riconoscere i segnali deboli che vengono dal World Wide Web permetterà di maturare un vantaggio considerevole sugli altri competitor. La rete è fatta dagli utenti e questi esprimo bisogni ed esigenze a cui rispondere sempre più velocemente“.
Di processi di digitalizzazione, di NGN, di nuovi media, ha parlato anche Mario Valducci deputato del Pdl e presidente della Commissione Trasporti della Camera, il quale ha prima affrontato il tema del digital divide e poi quello della governance della rete: “… La realizzazione di una NGN diffusa e capillare è alla base di quei processi che permetteranno un riduzione dei costi e un’ottimizzazione delle risorse. Solo che quando si parla di digital divide spesso si dimentica di riflettere su un dato molto chiaro, che se le famiglie non hanno almeno un pc per abitazione, come si può pensare che questo non si ripercuota anche sulle imprese, piccole e medie aziende di famiglia? E poi, si dice che la copertura di rete del territorio sia ormai al 94-95%, ma con quale livello di qualità? Sono argomenti su cui bisognerebbe riflettere e la Commissione Trasporti e Telecomunicazioni è intenzionata a velocizzare i tempi della discussione, vedendo nelle reti di nuova generazione e nella larga banda due utili strumenti per far uscire il Paese da una condizione di arretratezza sia tecnologica che culturale“.
Su Internet e sulla natura di medium della piattaforma è intervenuto Luca De Biase del Sole 24Ore, il quale vede in questo magnifico mezzo di comunicazione uno spazio abitato da milioni di persone, utenti, consumatori, che si scambiano dati, risorse, servizi, informazioni e che in ultima istanza esprimono esigenze: “…In questi termini credo che si possa parlare di Internet come medium. La Rai deve scegliere il suo ruolo in questo universo in espansione, che se ‘pubblico’ dovrà essere inclusivo, favorendo la circolazione di idee, informazioni e intrattenimento, assicurando il massimo livello di accesso alla rete e ai contenuti in essa veicolati, di alta qualità e livello di interattività, anche in chiave di dibattito tra pubblico dominio e copyright. Quest’ultimo punto necessita di un maggiore sforzo e impegno da parte del servizio pubblico, perché è chiaro che il web è sempre più indirizzato alla condivisione gratuita dei contenuti e sotto licenza Creative Commons, grazie alla quale ogni utente potrà fruire del contenuto e renderlo disponibile per ulteriori manipolazioni e rigenerazioni“.
Internet come medium di comunità mobili e contenuti variabili in continua evoluzione. Questa l’idea che anche Sebastiano Bagnara dell’Università di Sassari ha spiegato alla sala: “… Dove gli utenti si presentano come soggetti attivi, in grado di cercare e manipolare contenuti diffusi, inseriti in un flusso continuo e travolgente. Fatto non solo di servizi e file audiovideo, ma anche di emotività e di voglia di condividere esperienze. Ecco allora la nascita di blog, forum, chat, social network, aggregatori emotivi in cui l’interazione è il valore aggiunto a un normale video o podcast. In questo senso Internet è un medium ad uso della moltitudine migrante della rete, sempre frammentata e in procinto di riaggregarsi in nuove forme e immagini“. Anche Corradino Mineo, direttore di RaiNews24, ha sottolineato questo aspetto: “… Le informazioni stesse sono immerse in un flusso incessante e interattivo, in cui dall’aggregazione dei dati nascono le diverse forme di fruizione degli stessi, quindi la tv digitale, la Web TV, la Mobile tv, i canali all-news e all-digital. Le notizie hanno vita breve e devono essere consumate velocemente, anche in tempi diversi e modalità plurime. Internet è quindi un medium grazie al quale le moltitudini del web potranno condividere un’esperienza in continua evoluzione, attiva e universale“.
La rete cresce sempre più velocemente, inglobando grandi quantità di nuovi utenti ogni anno, tanto che parlare di on e off-line non avrà più molto senso tra breve. Ruben Ruzzante della Fondazione Ugo Bordoni ha evidenziato proprio l’importanza di operare, in termini di fidelizzazione e standardizzazione dei programmi televisivi, su queste comunità on-line: “…L’utente diverrà il primo editore di se stesso, fruitore e controllore di un servizio ubiquo e immediato“. Anche Edoardo Fleischner dell’Università Statale di Milano ha evidenziato quanto l’IP stia oggi raggiungendo velocemente cifre da capogiro: “… Parliamo di 1,2 Giga terrestri per Internet, mentre per le reti mobili di 3 Giga terrestri. Siamo alla connettività diffusa e capillare? Non proprio, perché al mondo ci sono ben 7 Giga terrestri, cioè miliardi di individui, che producono altrettanti segnali deboli. Molto c’è ancora da fare, proprio a partire dal nostro Paese. Il servizio pubblico deve raggiungere un livello evolutivo più alto, deve divenire cross-mediale e universale, in cui ogni utente possa avere il suo accesso agli strumenti che poi generano cultura digitale. Una cultura che nasce nella dimensione glocal degli scambi, cioè globali e locali“.
Nella tavola rotonda “Tv e social network“, coordinata da Luca Tremolada del Sole 24Ore, si è affrontato un livello diverso del rapporto tra tv e rete, facendo entrare nella discussione gli utenti e le community on-line. Nuovi elementi strategici per gli operatori televisivi che si vogliono affacciare sul web. Una rete sempre più vicina al mix di tecnologie e risorse di cui si è detto in apertura, che David Bogi di Mediaset ha sottolineato anche nell’esigenza da parte di un operatore televisivo di diversificare i propri prodotti e servizi, il proprio business e le relative strategie di mercato: “…Social network, blogging, web 2.0, sono tutti elementi di un unico universo in espansione. Un mondo in cui ogni operatore deve imparare a muoversi, distinguendo tra le opportunità di fornire e distribuire nuovi contenuti e i rischi insiti nell’imminente fine del ruolo di intermediazione che i broadaster tradizionali hanno portato avanti fino ad oggi“. Col venire meno dell’intermediazione universale, che gli operatori di comunicazione hanno svolto sia nella carta stampata che in televisione, nasce una nuova esigenza, che Robert Castrucci della Fondazione Ugo Bordoni ha indicato nel ruolo che il servizio pubblico deve svolgere sul web: “… La Rai ha un ruolo e una funzione pubblica, anche in Internet. C’è solo da chiarire in che modo voglia portare avanti i suoi programmi, con quali tempi e in che rapporto con gli utenti. Gli UGC sono una realtà ineludibile della rete e ogni operatore ci si deve confrontare, perché qui si trova la chiave del futuro della Rai, tra business e servizio universale“. Ci sono i Social network ovviamente e anche con tali piattaforme aggregative bisogna trovare un sistema di scambio produttivo e profittevole. Per Luca Colombo di Microsoft Italia: “…La televisione è un’esperienza sociale prima che tecnologica o di mercato, come lo sono i Social network, ecco perché tra le due dimensioni c’è un potenziale di affinità che può essere concretizzato da programmi e servizi che gli operatori dovranno necessariamente fornire. Questo è lo spazio che il servizio pubblico può reclamare fin da subito“.
Più polemico è stato l’intervento di Paolo Nuti dell’AIIP, per il quale: “…Va bene parlare di cultura della convergenza, di alfabetizzazione digitale, di evoluzione delle piattaforme, ma non pensiamo che le regole possano essere scritte solo da chi tutto questo lo vive da lontano. Le comunità della rete con tutte le loro attività rendono il medium attivo e in crescita, tanto che gli strumenti di governance che vengono di tanto in tanto proposti sono totalmente inadeguati. Come nel caso della pirateria informatica e multimediale, del processo in corso a Pyrate bay in Svezia, in cui emerge chiaro che non c’è filtro in grado di fermare l’avanzata del web in tutte le sue forme. Chi fa le regole oggi è lo stesso che vive nell’ignoranza del mezzo e questo è molto più dannoso di tante altre problematiche“.
Sulla stessa linea anche Marco Pancini di Google, che seguendo le linee già sviluppate sullo status di medium di Internet, di aggregatore di umanità e contenuti, ha visto nel servizio pubblico: “…Una best practice, finalizzata alla sperimentazione della rete e del multicast, in grado di fornire anche nuovi modelli di monetarizzazione dei segnali deboli, affrontando però il problema della proprietà dei contenuti, del copyright, sempre più obsoleto e inadeguato bei confronti delle nuove pratiche della rete“. Un problema, quello dei diritti di proprietà sui contenuti veicolati sul web, che Stefano Quintarelli di Reeplay.it ha sottolineato come: “…Fondamentale e non rinviabile ulteriormente. Perché nella ridefinizione dei diritti e del ruolo della tv, nella produzione e gestione dei contenuti, si gioca anche la partita del servizio pubblico, che nei confronto dei beni immateriali non può pensare di utilizzare strumenti tradizionali“.
Insomma, il web ucciderà della televisione generalista o questa troverà il modo di rigenerarsi e di riproporsi come canale in grado di integrarsi con le nuove piattaforme di comunicazione?
A questa domanda ha provato a rispondere Paolo Gentiloni deputato del PD, per il quale: “…I limiti e i dubbi, da un punto di vista del mercato e delle spese, ci sono, ma per la Rai questa è una sfida decisiva, sia per il panorama pubblicitario che per il futuro delle comunicazioni. Qui il servizio pubblico è tenuto a muoversi e interagire con le comunità del web, come chiede il contratto di servizio. La rai potrà ancora una volta ritagliarsi un ruolo in cui tornare a divulgare cultura digitale, alfabetizzazione informatica, formando ancora una volta il popolo italiano ai nuovi strumenti del comunicare e dello stare insieme. Solo così l’azienda potrà cogliere le opportunità che il web 2.0 sta maturando già da ora, sia in termini di mercato pubblicitario che di modelli di business alternativi a quelli tradizionali“. La rai deve riuscire a muoversi in questo nuovo e immenso teatro e a trasformare questa momentanea empasse in un’opportunità di crescita per l’azienda e per il Paese. Come ha affermato Michele Lauria dell’AGCOM: “… Ma senza snaturare il suo ruolo pubblico. Cercando di approfondire le dinamiche economiche del mercato pubblicitario senza dimenticare però quelle sociali, emotive, creative che tanto pervadono Internet. La Rai continua ad avere un compito di sprovincializzazione del Paese, diffondendo cultura e nuovi alfabeti digitali, un servizio pubblico e universale che ancora mostra tutto il suo peso e la sua importanza“.
Ultimo intervento della giornata è stato quello del Sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni Paolo Romani, che ha sottolineato alcuni punti importanti su cui ci sarà da confrontarsi nei mesi prossimi: Internet governance, banda larga, privacy e digital divide. “I new media sono estremamente affascinanti– ha affermato Romani- ma portano con sé dei pericoli molto seri, tra cui quello di mettere a rischio la privacy. I nostri dati personali, che con tanta disinvoltura mettiamo in rete, quando vengono resi pubblici sui siti di social networking come Facebook o MySpace, si espongono alle attività di appropriazione indebita da parte della criminalità informatica. Non bastano le regole in questo senso. Oltre a un corpo di leggi specifico, infatti, serve una maggiore attenzione da parte dell’utenza e più protezione dei nostri dati personali“. “Il ruolo del servizio pubblico su Internet– ha continuato Romani- è quello di diffondere cultura informatica e digitale, rendere più omogeneo un panorama culturale troppo disarticolato, ridurre il digital divide e mediare tra la moltitudine di contenuti veicolati sul web. Ovviamente c’è da sintetizzare l’enorme flusso di dati on-line, che oggi viene ulteriormente ingigantito da dispositivi sempre più multipiattaforma, in cui salvaguardare anche il livello di qualità dei contenuti“. Per giovedì 12 marzo, ci ha infine ricordato Romani, è prevista la consegna da parte di Francesco Caio, consulente del Governo, del piano per lo sviluppo della banda larga in Italia. Un progetto che vede lo Stato investire in infrastrutture 1,5 miliardi euro, di cui 800 milioni già previsti, 250 milioni nelle casse di Infratel e 300-400 milioni a disposizione degli enti locali.