Italia
Ancora non si conosce il contenuto dell’attesissimo dossier di Francesco Caio sullo sviluppo della banda larga in Italia. Continuano però a circolare supposizioni e indiscrezioni relative a un possibile parere positivo del superconsulente in merito allo scorporo della rete di Telecom Italia.
Un parere che sarebbe comunque quello di Caio, un “consulente molto accreditato e di statura internazionale”, ma che non sarà “automaticamente recepito dal Governo”, ha precisato il sottosegretario allo sviluppo economico con delega alle comunicazioni Paolo Romani in un’intervista a Il Riformista
Le possibilità, tuttavia, sono diverse e – ha aggiunto Romani – “potrebbe anche venire fuori una terza via”, magari prevedendo l’idea di “convogliare in un nuovo soggetto un solo pezzo della rete, la fibra per esempio”.
Romani esclude comunque qualsiasi “atto irresponsabile da parte di un’autorità pubblica nei confronti di una delle prime aziende del paese”.
Niente atti dirigistici, dunque, come aveva auspicato anche l’amministratore delegato di Telecom Italia Franco Bernabè nei giorni scorsi, ma resta indispensabile, secondo Romani, “un progetto industriale sull’infrastruttura telefonica”.
Anche oggi, a margine della presentazione del progetto ‘Working Capital‘ – nato con l’obiettivo di investire su nuove idee imprenditoriali in ambito internet – Bernabè ha ribadito che le ipotesi di scorporo della rete sono “fantasiose”, negando di aver subito pressioni politiche in favore di questa soluzione.
Il tema dello scorporo – che secondo Bernabè viene tirato fuori da persone scarsamente competenti della materia e della legislazione italiana – è “estremamente delicato”, ha ammesso anche Romani, trattandosi di una “società quotata e con un alto livello di debito”.
Per questo è essenziale attendere il dossier di Francesco Caio, che ha eseguito lo stesso compito anche per conto del governo britannico e che darà risposte fondamentali su questioni chiave quali il reale livello di copertura del territorio, il ventaglio di tecnologie da sfruttare per coprire al meglio il Paese, le strategie per coordinare gli investimenti pubblici e privati.
Il gruppo si appresta intanto a sbarcare a Londra per la presentazione ufficiale di Open Access alle istituzioni europee.
“C’è un grande interesse per questa esperienza che consente la stessa apertura di OpenReach ma in modo più efficace e meno costoso”, ha dichiarato ancora Bernabè, sottolineando come il progetto, maturato dopo un lungo confronto con Agcom, non avrà gli stessi problemi incontrati dalla divisione di BT sul mercato britannico e “potrebbe essere di esempio per altri Paesi”.
Nel frattempo, oltremanica la stampa guarda con molta attenzione al cammino virtuoso intrapreso da Bernabè: il quotidiano economico Financial Times ha infatti dedicato un elogio alle scelte ‘caute’ e all’approccio ‘paziente’ del manager di Vipiteno, ritornato da 16 mesi alla guida del gruppo dopo una breve parentesi sempre come amministratore delegato risalente al periodo precedente alla gestione di Tronchetti Provera.
Da quando Bernabè è ritornato al timone della società – su cui gravano debiti per 34 miliardi di euro – investitori e azionisti, scrive l’editorialista del Financial Times Paul Betts, “attendono con un impazienza una sua magia”. Ma, aggiunge, se c’è una cosa che il manager sicuramente non farà, sarà quella di prendere decisioni “affrettate o considerate dannose”.
Bernabè, del resto, ha subito adottato un approccio pragmatico, ‘Obamiano’ direbbe qualcuno, sottolineando che non ci sarebbero stato “né fuochi d’artificio né soluzioni rapide” e si è posto come termine due anni di tempo per sistemare le cose a Telecom Italia, più o meno quanto gli c’è voluto per risollevare le sorti della compagnia petrolifera Eni negli anni ’90.
Un che approccio pare stia dando i suoi frutti, anche se – aggiunge FT – paradossalmente anche la crisi finanziaria sta dando una mano, “riducendo le aspettative” attorno all’operato di Bernabè e dando conferma al suo approccio “passo per passo”.
Se l’obiettivo principale di Bernabè era la riduzione dei debiti e dei costi, allora sono stati compiuti “significativi progressi in entrambi gli ambiti, così come per le operazioni brasiliane”, scrive ancora Betts, sottolineando come il manager italiano non abbia fretta di realizzare nuove acquisizioni o fusioni, ritenendo che “il 90% dei grandi accordi tende a distruggere valore”
Ricordiamo che le esperienze maturate da Franco Bernabè alla guida di Eni e di Telecom Italia sono state al centro di due case studies della Harvard Business School pubblicati nel dicembre 1997 e nel dicembre 1999.