Italia
Slitta al 3 marzo l’assemblea degli azionisti che deve completare il consiglio di amministrazione Rai, dopo l’elezione dei sette membri di competenza della Vigilanza, con la designazione da parte del ministero dell’Economia del presidente e del nono consigliere (che sarà ancora Angelo Maria Petroni).
Ancora qualche giorno di timeout quindi per la partita del nuovo vertice di Viale Mazzini. Giorni utili per il neo segretario del Pd Dario Franceschini per esaminare il dossier e sciogliere il nodo della presidenza, nomina che richiede, in base alla legge Gasparri, la ratifica bipartisan di due terzi della Vigilanza e quindi la condivisione di maggioranza e opposizione.
Il leader ne ha parlato anche nell’incontro di ieri mattina al Nazareno con i capigruppo di Camera e Senato, Antonello Soro e Anna Finocchiaro. Una ricognizione sullo stato dell’arte, in una giornata che ha visto imporsi nell’agenda del Pd altre urgenze (a cominciare dal testamento biologico) e in attesa di un faccia a faccia tra il segretario e i commissari della Vigilanza che si terrà nei prossimi giorni.
La riunione sarà anche l’occasione per tracciare un vero e proprio “identikit” del candidato presidente, in modo da arrivare a una proposta da avanzare al Pdl, che dovrà dare il suo placet.
“…Il problema di Franceschini è che non può rompere completamente con la linea Veltroni , ma non può nemmeno andare contro la volontà della maggioranza del partito“, hanno spiegato in ambienti democratici.
Se sembra tramontata definitivamente l’ipotesi di Pietro Calabrese, cara all’ex segretario Walter Veltroni, nelle ultime ore sembrerebbero in discesa anche le quotazioni del numero uno uscente, Claudio Petruccioli, mentre resterebbero in pista le ipotesi dell’ex direttore generale Pierluigi Celli, sostenuta dall’area dalemiana, del costituzionalista Andrea Manzella e dell’ex Dc Sergio Mattarella.
L’intenzione del governo, comunque, è di non mettere troppi ostacoli sulla strada per l’elezione del presidente: l’obiettivo è chiudere la partita il prima possibile, incassando la nomina di Mauro Masi alla direzione generale, per poter quindi mettere mano alle direzioni di reti e tg.
Per Marco Beltrandi, radicale eletto nelle file del Pd e componente della Vigilanza Rai, “…per le esigenze di rinnovamento e di rifondazione del servizio pubblico radiotelevisivo, occorre respingere l’ipotesi di rinnovare a Claudio Petruccioli il mandato di presidente della Rai”.
“…Il fatto stesso che egli venga candidato dal Pdl, evidentemente per proseguire e condurre l’opera di lenta demolizione dell’azienda – ha affermato Beltrandi in una nota – dovrebbe su questo chiarire le idee al Pd che ha già pagato a carissimo prezzo l’attuale assetto della Rai (in ultimo con quanto avvenuto nella campagna elettorale in Sardegna). Mi risulta anche incredibile la sola ipotesi che possa essere candidato dal Pd, visto che nella riunione dei componenti indicati dal partito della Vigilanza della scorsa settimana, l’unica dedicata al cruciale rinnovo della governance Rai, la stragrande maggioranza dei componenti intervenuti si era espressa per un rinnovamento totale”.
“Infine – si è chiesto – il presidente della commissione Zavoli consentirà anche in occasione della ratifica della indicazione del presidente il metodo dei pizzini che annulla e svilisce l’istituzione e il ruolo dei commissari?”.
Il giorno buono potrebbe essere martedì prossimo: l’assemblea dovrebbe nominare tutti e nove i consiglieri, recependo i sette indicati dalla Vigilanza (Giovanna Bianchi Clerici, Rodolfo De Laurentiis, Alessio Gorla, Nino Rizzo Nervo, Guglielmo Rositani, Giorgio Van Straten, Antonio Verro) e i due designati dal Tesoro. Toccherà poi alla Vigilanza ratificare il presidente, forse già mercoledì 4 marzo o giovedì 5: a stabilirlo sarà oggi l’ufficio di presidenza della commissione, convocato alle 14.
Fuori del Palazzo Rai si è registrata ieri la protesta dell’Idv contro il nuovo Cda, frutto di “…mera spartizione di poltrone tra politici riciclati e uomini Mediaset”.
Ma Nino Rizzo Nervo, riconfermato in consiglio, non ci sta: cita il suo lungo curriculum, non solo Rai, e ricorda di non aver “…mai avuto in tasca alcuna tessera” se non quella da giornalista. Una risposta al partito di Antonio Di Pietro ma anche all’Usigrai, che nei giorni scorsi aveva lamentato lo strapotere dei partiti nelle nomine.
“…Pur avendo come qualsiasi altro cittadino le mie idee politiche – ha rivendicato il consigliere – non ho mai partecipato a competizioni elettorali né ho mai avuto in tasca alcuna tessera se non quella del mio ordine professionale”.
E’ attesa, intanto, a giorni la sentenza della Corte Costituzionale sul caso Petroni: i giudici si sono riservati di pronunciarsi nel merito sul conflitto di attribuzione sollevato nella scorsa legislatura dalla Vigilanza contro il Tesoro e il premier per la revoca del consigliere, decisa nel settembre 2007 dall’allora ministro Tommaso Padoa-Schioppa e annullata due mesi dopo dal Tar.
La Vigilanza ha sempre rivendicato voce in capitolo, sostenendo che il Tesoro avrebbe dovuto consultarla prima di revocare Petroni; la tesi del ministero è che invece la procedura di revoca è analoga a quella di nomina e coinvolge il solo azionista, come ha riconosciuto anche il Tar. Difficile fare previsioni, ma secondo alcune indicazioni sarebbe da escludere una decisione che si estenda ai meccanismi di nomina del Cda previsti dalla Gasparri.