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Google ha smentito la possibilità che il black out che ha colpito ieri il servizio di posta elettronica Gmail, sia stato opera di un’azione criminale.
L’ipotesi era stata avanzata da un esperto di cybercrime, Misha Glenny, autore del libro ‘McMafia. Droga, armi, esseri umani: viaggio attraverso il nuovo crimine organizzato globale’, un besteseller basato su anni di indagini di indagini e inchieste che ha tracciato la mappa del crimine organizzato mondiale con precisione e senza retorica.
Secondo Glenny, l’incidente, che ha impedito per tre ore a milioni di persone di consultare la posta elettronica, sarebbe stato “il risultato di un’azione di un qualche gruppo che agisce con un preciso tornaconto. Il cyber-crimine sta letteralmente esplodendo. E si sta configurando come una delle ultime frontiere del malaffare”.
Ma la società sul suo blog ufficiale, ha spiegato le cause dell’inconveniente, adducendone la responsabilità alle attività di manutenzione di alcuni server europei. Operazione che consiste nel trasferimento degli account da un data center ad un altro e che in genere non comporta simili disguidi.
“Purtroppo ieri – ha spiegato la società – alcuni codici che avevano la funzione di mantenere i dati in prossimità geografica del proprietario hanno portato al sovraccarico di un data center e questo ha comportato un effetto a catena anche sugli altri”.
Dopo essersi scusata ufficialmente con gli utenti, Google ha annunciato di voler offrire gratuitamente il servizio per 15 giorni, come risarcimento ‘danni’ agli utenti che utilizzano la versione a pagamento di Gmail – aziende, agenzie governative e privati.
“L’interruzione è durata circa due ore e mezza – si legge sul blog ufficiale di Google – e ci rendiamo conto che per molti di voi ha rappresentato un disagio sul lavoro. Siamo davvero spiacenti per questo inconveniente, abbiamo fatto il possibile per ripristinare il servizio quanto prima”.
Il servizio di posta elettronica di Google con 113 milioni di utenti, è il terzo più usato al mondo dopo Hotmail (283 milioni) e Yahoo! (274 milioni).
Si tratta, tra l’altro, del secondo incidente occorso a Google in meno di un mese: a fine gennaio, per quasi un’ora, un ‘errore umano’ ha mandato in tilt il motore di ricerca, gettando nel panico milioni di internauti, che – cercando di accedere a un qualsiasi sito – ricevevano in risposta una schermata con la dicitura “Questo sito potrebbe danneggiare il tuo computer”, un messaggio che appare in genere molto raramente per indicare siti che possono contenere malware o altre diavolerie in grado di mandare in tilt il pc.
L’errore, che non riguardava gli algoritmi – ma era stato causato dall’involontario inserimento nella lista dei siti a rischio del simbolo ‘\’, che compare in tutti gli indirizzi internet – è stato prontamente individuato e rimosso dal reliability team di Google e la società si è immediatamente scusata con utenti e proprietari dei siti web per i circa 40 minuti di empasse, promettendo di indagare accuratamente l’incidente e di mettere in piedi nuovi e più rigorosi sistemi di analisi per impedire il ripetersi di simili disguidi.
I controlli, evidentemente, nulla hanno potuto anche questa volta e, di nuovo, milioni di internauti hanno fatto i conti con un black out che, a detta del reliability team della società è stato comunque “un episodio non comune”.