Italia
Internet del futuro, evoluzione delle piattaforme tecnologiche con riferimento alla migrazione dall’IPv4 all’IPv6 e conseguenze del cambiamento di paradigma tecnologico, sono alcuni dei temi trattati nel XIV appuntamento del ciclo dei Seminari Bordoni tenutosi il 23 febbraio a Roma.
Dalle Istituzioni agli operatori, passando dai produttori, si è cercato di riflettere sull’evoluzione di una delle maggiori componenti tecnologiche dell’infrastruttura di Internet, il protocollo IP, che dall’attuale versione IPv4, datata ormai di venticinque anni, dovrebbe migrare alla versione IPv6. Una migrazione che si rende necessaria per superare il problema dello “spazio di indirizzamento” consentito dall’IPv4, ormai prossimo al limite teorico dei 4 miliardi di terminali indirizzabili.
L’incontro, organizzato dalla Fondazione
Nella transizione a livello di piattaforma di comunicazione, l’IPv6 non risolve solo i problemi evidenziati, ma apporta numerosi altri vantaggi applicativi, tra cui l’indirizzabilità di innumerevoli dispositivi e sensori (“Internet delle cose“), la piena accessibilità dei terminali da parte di ogni applicazione, la piena interoperabilità del fisso e del mobile, una forte integrazione dei meccanismi di sicurezza e il controllo della qualità di servizio. Tuttavia, nonostante già oggi i desktop, i laptop, i router di utente e i ‘carrier router‘ di nuova produzione siano ‘dual stack‘, cioè in grado di gestire entrambi i protocolli e, nonostante le numerose iniziative comunitarie a favore del nuovo protocollo, l’impatto e gli scenari della transizione sono ancora molto dibattuti.
I due speaker d’eccezione, invitati al seminario dalla
Enrico Manca, Presidente della Fondazione
Una rete, ha ricordato Manca, che possiamo meglio comprendere distinguendola in tre differenti livelli: fisico, logico e dei contenuti. Il protocollo IP è proprio legato allo stadio logico: “…I limiti dell’IPv4 – ha affermato Manca- sono determinati dalla fisiologica carenza di indirizzi disponibili, tale da mettere in serio dubbio lo sviluppo delle nuove reti e della nascente società della conoscenza“. “Il nuovo protocollo Internet – ha spiegato – dovrà offrire la massima sicurezza nelle reti di comunicazione e nelle funzionalità di base. L’estensione dei sistemi di comunicazione, la crescente interdipendenza e complessità di sistema, se da un lato ci garantiscono una capacità sempre maggiore del flusso di informazioni, dall’altra presentano nuovi e più gravi segni di vulnerabilità. Praticamente l’anello debole che può causare il collasso dell’intera struttura“. “L’IPv6 – ha continuato il Presidente – ci permetterà di superare tali criticità, garantendo un’affidabilità di grado elevato delle sue strutture fisiche e immateriali, ponendo la sicurezza e la sua gestione come uno dei temi chiave dei prossimi anni“.
Investire nell’immateriale come driver di crescita per usciere dalla crisi. Manca non ha dubbi, il nuovo IPv6 in tal senso faciliterà lo sviluppo di nuovi servizi e inedite soluzioni di comunicazione, con ricadute dirette sul mercato. Le imprese saranno chiamate a diversificare strategie e modelli di business, separando i livelli di servizio, poiché l’IPv6 darà un valore diverso all’accesso in rete. Gli utenti stessi svilupperanno nuove esigenze, a cui i provider d’innovazione daranno seguito sul mercato dei prodotti con la cosiddetta ‘Internet of things’. “Il nuovo protocollo – ha concluso Manca – permetterà anche di affrontare il problema della mancanza di governance di Internet, sia in termini regolatori, sia in quelli giuridici. Stiamo assistendo alla più grande ridistribuzione di potere della storia, grazie alla rete e alla sua diffusione planetaria, ma proprio per questo Internet necessità di tutele maggiori, di regole, diritti e doveri certi e una maggiore lungimiranza da parte di Istituzioni, imprese e cittadini“.
Ma che cosa è l’IPv6?
Come questo nuovo paradigma tecnologico cambierà il nostro modo di vivere la rete?
Ha provato a rispondere Nigel Titley, Presidente del Consiglio direttivo del RIPE NCC, organo europeo preposto alla gestione dei domini europei di primo livello. Nel 1974, ci ha ricordato Titley, vennero stabiliti 4 principi alla base del protocollo IPv4: una struttura di reti interdipendenti a tutti i livelli che permettesse la trasmissione di dati tra piattaforme, una connettività universale, una serie di sub-protocolli standard e un sistema end-to-end dove i dati trasmessi fossero riconoscibili dalle macchine mantenendone inalterata
“L’IPv4– ha spiegato Titley- manca oggi di sicurezza, la migrazione all’IPv6 ci permetterà di recuperare un livello di operatività della rete molto più avanzato, riducendone la frammentazione, aumentando la velocità di routering e abbattendone i costi. Ci permetterà inoltre di accrescere il numero di indirizzi, affrontando così il problema dell’esaurimento progressivo degli spazi disponibili, oggi ipotizzabile al
“C’è bisogno di gestire con estrema accuratezza tutte le risorse ancora disponibili nell’IPv4– ha continuato- risorse ancora nascoste e che presto verranno utilizzate. Queste devono essere riassegnate, mettendole magari all’asta e l’operazione sarà soggetta al controllo dei registri locali (Local Internet Registry- LIR), attivati proprio per l’assegnazione delle risorse di Internet“. “Un problema ulteriore– ha concluso Tiltey- sarà dato dalla scarsità di domanda, dalla mancanza di un’utenza dedicata, situazione che certo non incentiva gli investitori ad operare sul mercato e questo è un sintomo tangibile dell’analfabetizzazione digitale e informatica che affligge molte parti d’Europa, tra cui in larga parte proprio l’Italia“.
Lo spazio su Internet, d’altronde, non è infinito e le politiche di assegnazione delle risorse da allocare sono uno dei primi risultati da raggiungere. Se poi consideriamo che le reti di nuova generazione avranno presto in Cina più di 1 miliardo di nuovi utenti, ecco che le vulnerabilità dell’IPv4 emergono in modo chiaro e inequivocabile. Roberto Gaetano, membro del Consiglio Direttivo dell’ICANN, ci ha spiegato quanto sia necessario, ormai, che tali piani di intervento siano concordati da tutti, per la globalità della questione e per l’estensione degli effetti: “…La comunità della rete va coinvolta in una nuova e più mirata gestione delle risorse, a partire dagli Internet Service Provider (ISP). La penetrazione dell’IPv6 è troppo scarsa e questo stato di cose è dovuto in massima parte all’indecisione degli ISP, i quali non hanno nessun interesse al momento ad investire in nuove infrastrutture e ad affrontare costi aggiuntivi. Se poi ci aggiungiamo la mancanza di sviluppatori, di utenti, di servizi e contenuti, si viene a creare un circolo vizioso da cui sarà difficile uscire“.
Probabilmente, dalle parole di Gaetano, sembra inevitabile un ripensamento del ruolo dei provider in Internet, come delle Istituzioni, perché se il cittadino non cresce come utente di servizi on-line, non solo ne soffre il mercato, ma si mette seriamente in discussione il concetto di cittadinanza digitale con tutte le conseguenze che ne derivano.
Per spiegare meglio che cosa sia un protocollo Internet, un IP, e perché questo sia fondamentale per ogni piattaforma tecnologica, è intervenuto
Di reti NGN e qualità totale ha parlato anche Gianfranco Pensili dell’ Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie- ISCTI, che in conclusione della prima sessione di interventi ha presentato alcuni interessanti progetti sperimentali condotti dall’Istituto su reti di sicurezza e IPv6. Sperimentazioni di QoS, o Quality of Service, funzionalità tesa ad indicare i parametri usati per caratterizzare e migliorare la qualità del servizio offerto dalla rete, come ad esempio evitare la perdita di pacchetti, o gli strumenti per ottenere una qualità di servizio desiderata. “Progetti tesi alla definizione dei nuovi parametri delle reti NGN e dell’IPv6– ha spiegato Pensili- come nel caso del progetto Sardana, costato 2,6 milioni di euro, per la realizzazione di una NGN Green network a bassissimo consumo energetico, nato in collaborazione con France Telecom, Iscom e altri soggetti Istituzionali e accademici e con la prospettiva di arrivare a portare
Nella consueta Tavola rotonda del pomeriggio, coordinata da Mario Frullone, Direttore delle ricerche della Fondazione Ugo Bordoni, si sono invece confrontati diversi attori del mondo della ricerca, dell’Università, delle Istituzioni e delle imprese. Operatori nazionali di telecomunicazioni e aziende operanti nel campo della fornitura di connettività e applicazioni Internet, che hanno discusso di opzioni, vincoli, opportunità e prospettive concrete della transizione dall’attuale al futuro protocollo. Rita Forsi dell’ISCTI ha sottolineato a riguardo quanto il Dipartimento delle Comunicazioni- Ministero per lo Sviluppo Economico si stia impegnando in prima linea, anche con il supporto dell’ISCOM (Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione), per affrontare i grandi cambiamenti di Internet, sia sul mercato che nella Pubblica Amministrazione Centrale. “Parliamo di vigilanza sull’assegnazione dei nomi a dominio– ha spiegato Forsi- di Internet governance, di individuazione delle risorse di numerazione per i servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ma anche di formazione interna su piani avanzati di sicurezza elettronica, riservata ai dipendenti della Pubblica Amministrazione Centrale“. “L’ISCOM– ha concluso Forsi- segue molto da vicino questi processi di rinnovamento della P.A., tra cui la migrazione all’IPv6 e quindi il ruolo del nuovo paradigma tecnologico nel migliorare la qualità dei servizi, l’interoperabilità, il livello di QoS della rete“.
Internet al centro delle funzionalità di sistema, sia per la sfera pubblica che per quella privata, ponendosi ancora una volta come irrinunciabile dimensione comunicativa orizzontale e diffusa. Per Ruben Razzante dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: “…La rete esprime una forte esigenza di governance e una nuova visione strategica. C’è il bisogno che tutta
Di Pubblica Amministrazione Centrale (P.A.C.), ma anche di rete e mercato ha parlato Stefano Trumpy, membro dell’ICANN: “… Non c’è dubbio che
Passando sul terreno dell’industria e della produzione, Frullone ha centrato il dibattito sul nuovo protocollo e sui problemi dettati dalla mancanza di un calendario, fondamentale per dettare i tempi e definire le modalità della transizione all’IPv6.
Come si procederà alla gestione dei nuovi strumenti, sia a livello tecnologico che giuridico?
Chi è che investirà per primo?
Qual è il tempo a nostra disposizione per intervenire tempestivamente ed evitare di perdere questa grande occasione?
Nel tentativo di dare delle non facili risposte a questi interrogativi è intervenuto per primo Joy Marino dell’IIP: “…Dopo tanti tentativi sembra proprio che la killer application per passare definitivamente all’IPV6 venga dalla Cina. Speriamo che sia il volano giusto, ma restano sul tavolo dei problemi da affrontare: gli oneri finanziari elevati, la mancanza di certezza tecnologica e regolatoria, la mancanza di ritorni economici adeguati allo sforzo da sostenere e una situazione di stallo piena di insidie“. “Solo un committente unico– ha concluso Marino- come lo Stato, può garantire che anche in Italia avvenga tale fondamentale e storica transizione tecnologica“. Un passaggio che a quanto pare non è assolutamente rinviabile: “…Internet prima o poi raggiungerà la sua massima estensione– ha spiegato Marco Listanti della ‘Sapienza’ Università di Roma- e ciò è vero proprio per l’IPv4. Le nuove sfide necessitano di risposte veloci e mirate, come nel settore della sicurezza, della privacy, della mobilità, dei servizi di qualità e del management“. “Serve un nuovo disegno di sistema– ha concluso Listanti- un ‘Clean state’ che ci permetta di ripartire e abbassare il livello di complessità di Internet e delle vulnerabilità emerse in questi ultimi anni, a partire dal nuovo protocollo IPv6, dall’evoluzione della banda larga e dall’utilizzo della fibra“.
Le domande sono aumentate e ci si chiesto in che modo evolverà Internet, fino a quando reggerà l’IPv4 e quale potrà essere il ruolo della Cina.
A dare risposte tutt’altro che definitive si sono cimentati gli operatori di telecomunicazioni. Per Telecom Italia Gabriele Elia ha spiegato come Internet abbia inesorabilmente cambiato le telecomunicazioni: “…A partire da un raddoppio del traffico IP, di accessi, di capacità e copertura di banda. Telecom Italia sta cercando di portare la rete broadband a 28 Mb entro la fine di quest’anno“.
“Internet delle cose e network a larga banda ‘full IP’– ha concluso Elia- rimandano a una miriade di problematiche tutte connesse all’IPv6, come l’ambiente, la sicurezza, la cultura del digitale, il body sensor network, la sanità elettronica e tanto altro, andando a ridefinire il nostro ambiente come interattivo, indirizzabile, interconnesso, interrogabile e gestibile“.
Tornando all’identificazione del ‘First mover’ per dare il via alla migrazione verso l’IPv6, Silvia De Fina di H3G ha mostrato un certo disappunto nel modo in cui gli operatori di telefonia mobile vengono considerati: “…A riguardo, si pensa sempre a noi come degli apripista. H3G Italia ha partecipato all’IPv6 Task Force in sede europea, anche assieme alla GSM Association, centrando immediatamente l’importanza della migrazione tecnologica, ma sottolineando anche l’imponenza degli oneri“. “Costi finanziari– ha continuato De Fina- non tanto legati ai software dei terminali, quanto agli scenari che si potrebbero aprire nel momento in cui gli OS dei dispositivi andranno ad interagire in ‘dual stack’, cioè contemporaneamente con IPv4 e IPv6“. “C’è inoltre da considerare– ha concluso De Fina- per i servizi di telefonia mobile, il peso che sulla transizione avranno fattori chiave come la connessione in modalità ‘always-on’ e
A queste considerazioni ha risposto Mirco Zublena di Vodafone Italia, per il quale: “…Il passaggio all’IPv6 avverrà de facto, senza bisogno di anticipare o aggredire il futuro e d’altronde neanche in Europa c’è ancora un piano preciso o una direttiva condivisa“.
Claudio Coltro di Alcatel-Lucent ha sottolineato, invece, quanto Internet stia crescendo anno dopo anno, con un tasso incredibile del 40%: “…Una cifra senza precedenti, che impone un’analisi profonda sulle conseguenze a breve termine, tra cui l’adozione dell’IPv6 e la banda larga di nuova generazione“. “C’è inoltre da considerare– ha concluso Coltro– che a tale crescita di Internet non corrisponde un uguale fatturato dell’industria manifatturiera, oggi appena al 10%. Ecco perché servono reti più semplici, di contenimento dei costi e dei consumi energetici, anche del 30%, ottenibile grazie alla larga banda“.
Per Riccardo Giannetti di Elsag Datamat: “…I tempi di esaurimento dell’IPv4 non si conoscono ancora, poiché finché l’IPv6 non sarà conveniente nessuno farà il primo passo. Tra i possibili first mover ci saranno sicuramente gli enti governativi e militari, i vendor e l’incognita delle killer application“. Sul perché ci sia bisogno o urgenza di investire in IPv6 ha risposto anche Roberto Ricci di Cisco Italia, che ha mostrato come l’azienda abbia già realizzato da tempo apparati compatibili con il nuovo protocollo: “…Circuiti ad hoc che Cisco realizza in tempi brevi e capaci di processare milioni di pacchetti al secondo. La possibilità di realizzare infrastrutture di nuova generazione è sicuramente alla portata del mercato, solo che l’IPv6 nel momento in cui sarà operativo genererà un incredibile numero di indirizzi, a cui seguirà un pari allargamento della magliatura di Internet con conseguente richiesta di nuove infrastrutture“.
Anche Microsoft Italia, con Pier Luigi Dal Pino, ha portato il suo contributo sull’IPv6, ad iniziare dal versante del software: “…L’elemento essenziale affinché un programma, un software, possa supportare i servizi e le soluzioni di nuova generazione di cui stiamo parlando, è sicuramente nella banda larga e nella sua estensione, sia in capacità che in copertura“. “Il software si presta bene alla migrazione di protocolli- ha spiegato Dal Pino- ma affinché sia conveniente dal punto di vista del mercato servono nuovi modelli di business, a partire dalle piattaforme di cloud computing, dai processi gestionali di allocamento dei nuovi data software, dalle proprietà intellettuali e di sviluppo dei prodotti e dei contenuti. A partire da un piano regolatorio su cui impiantare un’economia di rete e adeguate revenue di sistema“.
Giunti anche alla fine della seconda sessione pomeridiana, Mario Frullone ha quindi chiamato per l’intervento conclusivo Nicola D’Angelo dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), che senza mezzi termini ha sottolineato come: “…Ascoltando gli autorevoli interventi degli ospiti della Tavola rotonda, è emerso come in realtà si parla tanto di separazione della rete e nessuno che si chieda cosa sia davvero la rete, di come in base alla sua natura si possa regolamentare“.” La governance, che tanto si chiama in causa- ha continuato D’Angelo- si può realizzare sulla base di due fattori: le infrastrutture e il protocollo. Le prime creano le condizioni di base su cui realizzare una transizione effettiva. Per le tematiche più critiche legate alla sicurezza, alla qualità dei servizi, all’aumento della banda larga, bisogna lavorare sui protocolli e su un piano di azione congiunto a livello europeo“.
“In Italia– ha concluso D’Angelo- attualmente non ci sono le condizioni per tale salto tecnologico. Tanti sono i problemi ancora aperti, tra cui il digital divide, la scarsezza di banda e di copertura, che in alcune zone si presenta davvero alta. Ma c’è da affrontare anche il tema della libertà di accesso, della neutralità, che sono alla base dello sviluppo di Internet. Le imprese devono porsi sull’onda del cambiamento, devono cogliere le opportunità di crescita che porta con se l’IPv6, giocando di anticipo assieme alla P.A. e ponendosi come obiettivo primario quello di rimanere agganciati alla nuova rivoluzione di Internet“.
From IPv4 to IPv6: impact and transition
di Roberto Gaetano
di Nigel Titley
Il protocollo IP come tecnologia alla base di Internet e della NGN
di