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Un nuovo strumento di misurazione messo a punto da Google e da un gruppo di ricercatori americani permetterà agli utenti internet di testare le performance della connessione e stabilire a chi attribuire la responsabilità di un eventuale rallentamento: al fornitore del servizio, all’applicazione che si sta usando, al Pc o a qualche altro fattore.
Il nuovo strumento permetterà dunque anche di sapere se il nostro provider internet stia rallentando volutamente la nostra connessione, come faceva Tele2 per scoraggiare l’utilizzo di sistemi peer-to-peer. La società è stata di recente condannata dall’Antitrust a una multa di 60 mila euro per non aver avvisato gli utenti del rallentamento coatto della connessione.
Anche oltreoceano si era verificato un caso simile, con protagonista Comcast: l’operatore via cavo era finito nel mirino delle autorità Usa perché inchiodato da un’indagine indipendente che evidenziava una forte limitazione della connessione per quegli utenti che cercavano di scaricare contenuti dai siti di condivisione come BitTorrent.
Esempi che dimostrano anche che quando un provider è messo nelle condizioni di attuare un controllo selettivo dell’accesso, esso è spesso incline a schierarsi contro servizi che percepisce come pericolosi per i propri interessi o per quelli dei propri partner commerciali.
Per consentire agli utenti di verificare da soli la causa di eventuali rallentamenti della connessione, Google ha quindi deciso di affidare a un gruppo di esperti la realizzazione di uno strumento – battezzato Measurement Lab (M-Lab) – per testare le connessioni a banda larga.
Di sistemi in grado di misurare, tra le altre cose, la velocità della connessione e di effettuare una diagnostica per stabilire quale sia la causa del problema, ne esistono già ma, sfortunatamente, ai ricercatori sono fin qui mancati server distribuiti dotati di ampia connettività. Fattore che limita la precisione e la scalabilità di questi strumenti.
M-Lab punta proprio a colmare questa lacuna: nel corso del 2009, Google fornirà ai ricercatori 36 server distribuiti in 12 località tra gli Usa e l’Europa.
Tutti i dati raccolti via M-Lab saranno disponibili pubblicamente a tutti ricercatori, alle aziende, alle istituzioni o agli utenti che vorranno far crescere il progetto che è ancora nelle fasi iniziali del suo sviluppo e può supportare soltanto un numero limitato di richieste diagnostiche.
“Noi di Google sosteniamo in concetto di internet come piattaforma aperta per garantire la scelta dei consumatori e l’innovazione”.
A prescindere dalla posizione di ognuno sul tema della neutralità della rete e sull’utilizzo da parte degli Isp di sistemi di gestione del traffico in grado di limitare l’accesso a particolari siti per evitare la congestione della rete nelle ore di maggior traffico, “tutti – dice Google – sono d’accordo sul fatto che gli utenti hanno diritto a essere informati su quello che hanno a disposizione quando stipulano un contratto broadband”.
“La trasparenza è sempre stata di fondamentale importanza per il successo di internet e facendo avanzare la ricerca in questo campo M-Lab ambisce a sostenere una rete sana e innovativa”, conclude il gruppo di Mountain View.
Google fu tra i gruppi che per primi scesero in campo nel 2005 per schierarsi contro la decisione di alcuni operatori Usa di creare corsie preferenziali in internet per chi fosse stato disposto a pagare di più, sostenendo che un simile passo avrebbe messo in pericolo la libertà di espressione. Ma, alcuni mesi fa, il motore di ricerca è finito nell’occhio del ciclone a causa del progetto OpenEdge, volto proprio a ottenere una sorta di ‘corsia preferenziale’ riservata ai propri servizi e contenuti.