Cina
Nonostante la Cina sia uno dei Paesi che più strettamente controlla internet, cresce il numero di persone che non esitano a esprimere il loro parere attraverso il web, sfidando i dettami del governo e pagando spesso con la prigione o la vita.
Sono infatti oltre 50 milioni i blogger cinesi: un vero e proprio esercito che non finisce di impensierire il governo di Pechino, sempre attento a non fare emergere alcuna forma di dissenso verso il proprio operato.
La Cina conta la maggiore popolazione internet mondiale: sono 290 milioni le persone che frequentano le vie virtuali, oltre 100 milioni i blog, secondo le stime della internet Society of China, che rappresenta i membri dell’industria come i fornitori d’accesso, gli operatori e gli istituti di ricerca.
La crescita della popolazione dei blogger non può non impensierire il Governo Cinese, che di recente ha anche costretto i provider a scusarsi ufficialmente per i contenuti ‘volgari’ ospitati sui siti da loro gestiti, pena l’oscuramento di questi ultimi.
Anche Google e Baidu, i due più importanti motori di ricerca del paese, sono tra le 19 compagnie accusate di diffondere contenuti ‘inappropriati’ e costrette a scusarsi.
“Ci sentiamo profondamente colpevoli”, si leggeva sulla home page di Baidu, il maggiore motore di ricerca del paese.
Dello stesso tenore il messaggio postato da NetEase.com.Inc, il secondo operatore di giochi online cinese: “Ci scusiamo con gli utenti per gli effetti negativi (che i nostri contenuti) hanno causato sulla società”.
Anche Google ha pubblicato un testo di scuse, affrettandosi però a comunicare di “star lavorando sodo” insieme agli utenti e alle istituzioni per “costruire una sana cultura internet”.
È cosa nota che
La lista delle parole sgradite comprende diverse centinaia di termini, dei quali soltanto poche decine riguardano
Per sorvegliare il traffico internet, ed identificare chiunque si renda colpevole di inserire nel proprio blog, in una conversazione istantanea o in una email un termine inviso, il governo di Pechino ha impiegato oltre 30 mila cyber-poliziotti.
Ma il rafforzamento dei controlli sul web e la richiesta ufficiale di scuse da parte delle società coinvolte, a dire del Governo, nella diffusione di contenuti ‘nocivi’ è da attribuire – secondo gli osservatori – al fatto che quest’anno ricorre il 20° anniversario della protesta di piazza Tiananmen, la cui violenta repressione messa in atto dal Governo, provocò diverse migliaia di vittime civili.
Il governo di Pechino non ha mai fornito una versione ufficiale dell’accaduto, ma esercita ancora oggi una rigida censura riguardo l’avvenimento.