Unione Europea
La Ue dà un colpo d’accelerata all’azione volta all’armonizzazione di tutte le norme che riguardano la privacy dei 27 Stati membri. E per farlo al meglio, la Ue ha chiesto una mano a Google ed ha arruolato il suo responsabile della protezione dati, Peter Fleischer, nel gruppo di esperti che consiglierà a Bruxelles come muoversi per tutelare le informazioni riservate dei cittadini europei, affinché non vengano sfruttate da aziende e amministrazioni pubbliche.
L’attuale direttiva Ue sulla privacy è del 1995 e da allora di cose ne sono cambiate e anche tante: è esploso internet ed è nato il gigante della web search, Google, che ha dato alla protezione dei dati una colorazione particolare.
Si pensi all’evoluzione del mercato della pubblicità che, grazie a internet, ha potuto realizzare campagne di marketing mirate, conformate alle esigenze degli utenti in base a come si deduce dalle ricerche e dai siti visitati online.
“…Vogliamo avviare una riflessione sulla situazione attuale, la diffusione delle nuove tecnologie ci impone di identificare quali sono i rischi maggiori che corrono i cittadini europei“, ha detto il portavoce di Jaques Barrot, commissario Ue alla Libertà, Giustizia e Sicurezza.
“…Sapete – ha sottolineato Michele Cercone – con quanta velocità le nuove tecnologie cambiano e la sfida che oggi rappresentano. E’, quindi, chiaro che bisogna avere una visione aggiornata e attuale delle cose”.
“Necessaria una riflessione sulle nuove tecnologie e la protezione dei dati, per cominciare a identificare quali sono, per tutti coloro che hanno un’esperienza nel settore, gli i impegni maggiori”.
Gli esperti, che ieri hanno inaugurato i lavori con la prima riunione, si vedranno altre cinque volte nel corso del 2009. Dovranno soprattutto aggiornare la direttiva del 1995 sulla tutela dei dati personali, non più adatta con proliferare di servizi online degli ultimi 10 anni. Assieme al responsabile privacy di Google, nel gruppo anche il suo collega di Intel, due avvocati e un funzionario dell’Authority tedesca. Perfettamente normale, per la Commissione, che esperti di società leader di internet e computer diano consigli su come trattare i dati personali: la sola Google , per mandare avanti i suoi servizi gratuiti e dipendenti dalla pubblicità, deve vedersela ogni giorno con le leggi sulla privacy di mezzo mondo.
Peter Fleischer ha già le idee molto chiare: “Internet obbliga a rivedere il concetto di protezione dei dati basato sulla localizzazione”.
Secondo le attuali regole Ue, è il luogo in cui si realizza l’archiviazione dei dati che determina quale legge nazionale debba applicarsi, a prescindere se si tratti di banche dati cartacee, su dischetto o di server disseminati in diversi paesi.
“…Il web – ha sottolineato Fleischer – ha ormai reso obsoleto questo concetto. L’architettura di internet non consente ai dati di fermarsi alle frontiere nazionali”.
Per tutte le società attive nella Ue, Fleischer suggerisce anche di dare un ruolo preponderante all’organismo di protezione dei dati Ue, piuttosto che dover trattare simultaneamente come avviene oggi con 27 organismi nazionali.
E ha precisato infine che l’attuale direttiva “…si applica solo al settore privato e non agli organismi pubblici” che raccolgono dati o ne domandano accessi.
Una questione centrale è la definizione di ‘dati privati’ e se bisogna accordare questo status all’indirizzo Ip assegnato a tutti i computer connessi a internet.
E’ unicamente da questo indirizzo che i siti identificano un utente e alcuni oppongono che resta anonimo.
Ma altri fanno valere che gli Isp sanno sempre chi si nasconde dietro l’indirizzo Ip e che chiunque può eventualmente recuperare le informazioni e determinare a quale internauta corrisponde il profilo.