NGN: per Valducci occorre creare una ‘società delle reti’. Pronti a dare più potere all’Agcom per arrivare a una vera separazione

di Alessandra Talarico |

Italia


NGN

È attesa in questi giorni la votazione, presso la IX Commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera, del documento conclusivo relativo all’indagine conoscitiva sull’assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche in Italia.

Le audizioni dei soggetti interessati sono partite il 10 settembre e sono andate avanti fino alla fine di ottobre.

Al centro del dibattito, la realizzazione delle NGN, reti di accesso a banda larga di nuova generazione, considerate un’infrastruttura di base per lo sviluppo economico, la competitività e l’innovazione del Paese.

 

È stato infatti calcolato che a regime il completamento dell’NGN comporterà un valore annuale di incremento del PIL pari a 1,5-2 punti percentuali.

Una simile valutazione ha spinto un Paese come il Giappone a finanziare completamente le reti di nuova generazione con un’operazione da 50 miliardi di dollari.

 

In Italia, attualmente, la rete è una sola, è di proprietà di Telecom Italia ed è in rame, con qualche pezzettino in fibra: insufficiente dunque a garantire le prestazioni necessarie a soddisfare la domanda, che pure in Italia è ancora molto bassa, di servizi e prodotti a banda larga.

 

I costi previsti per la realizzazione delle NGN nel nostro Paese sono stimati intorno ai 10 miliardi di euro, ma il tema centrale non riguarda solo l’importanza della rete, ma anche chi, come e con quali risultati debba realizzarla.

Le possibilità sono due: un intervento pubblico, come in Giappone, o un intervento privato.

 

L’intervento pubblico sul modello giapponese prevede un totale finanziamento della rete, ma in Italia una simile soluzione non è pensabile, ha spiegato il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, dal momento “che la società pubblica che acquista definitivamente la rete dovrebbe spendere questi 10 miliardi, essendo inaccettabile un esproprio senza indennizzo nei confronti di Telecom, e altri 10-11 miliardi per l’innovazione della rete stessa”.

 

“Probabilmente – ha aggiunto – oggi lo Stato italiano non riesce a permettersi un investimento di 20 miliardi”.

 

I privati possono costruire questa rete facendo lavorare il mercato: la soluzione, per Catricalà, è rappresentata dalla realizzazione “di una società separata anche se non proprietariamente diversa da Telecom, in cui tale società possa mantenere il controllo con la partecipazione di altri soggetti quali società pubbliche, società private, fondi, provider, imprese di telecomunicazioni”.

 

Per il presidente Agcm, bisogna però evitare la che la realizzazione delle NGN venga affidata a “una società consortile, cui partecipino tutti i competitor del mercato; sarebbe eccessiva la regolazione, anche di governance, di tipo comportamentale, per evitare che quella società consortile diventi un luogo di concertazione, di scambio di informazioni e di collusione ai danni degli utenti”.

 

In questo contesto, la questione nodale rimane la regolamentazione della rete di accesso di Telecom Italia.

Fin qui si è proceduto a una forma di separazione organizzativa della rete, con la costituzione di un’apposita funzione aziendale, denominata Open Access, alla quale sono affidate le operazioni di pianificazione tecnica, di engineering, di realizzazione delle reti di accesso e di trasmissione, nonché di fornitura dei relativi servizi all’ingrosso.

Su questo impianto di natura organizzativa, si innestano una serie di impegni comportamentali volti a garantire la piena parità di trattamento, interno ed esterno, nell’accesso alla rete, ossia tra le divisioni commerciali di Telecom Italia stessa e gli operatori concorrenti.

Tali impegni in particolare prevedono: l’istituzione di un nuovo processo di attivazione dei servizi e gestione del cliente wholesale tale da assicurare una completa e verificabile parità di trattamento; interventi formativi verso il personale di Open Access sui nuovi processi ed introduzione, nel relativo sistema di incentivazione, di obiettivi correlati alla qualità della rete e dei servizi ed alla soddisfazione della clientela finale; il monitoraggio costante dei processi produttivi di fornitura dei servizi; la trasparenza delle informazioni riguardanti la qualità e lo sviluppo della rete di accesso; la creazione di un apposito Organo con il compito di verificare il rispetto degli impegni.

 

Telecom si è inoltre impegnata a far conoscere in anticipo agli altri operatori i propri programmi di evoluzione e innovazione della rete fissa di accesso.

 

Ma per i competitori di Telecom, questi impegni non sono ancora sufficienti a garantire un accesso paritario alla rete.

Il presidente della IX Commissione della Camera, Mario Valducci, ha infatti spiegato che “tutti gli operatori rispetto alle informazioni ricevute fino ad oggi, sono negativi rispetto agli impegni presi da Telecom per la separazione della rete. Ritengono questi impegni assolutamente inadeguati”.

 

Valducci ha ribadito che c’è la volontà di “cambiare la legge per dare più potere all’Agcom e arrivare a una vera separazione della rete, che vuol dire una completa e diversa gestione tra rete ed azienda”.

Il presidente della Commissione ritiene però che il modello di riferimento, ossia Open Reach di BT Group in Gran Bretagna, non debba essere considerato un punto di arrivo, ma “un minimo punto di caduta”, ossia una soluzione minima.

 

Bisogna dunque, secondo Valducci, trovare una soluzione strategica innovativa, rispetto allo scenario internazionale.

“Una nuova ipotesi che abbiamo tracciato, tra le diverse, è quella della separazione della rete, per la creazione di una società delle reti, che però piace poco ai mercati finanziari perché non c’è nessun altro caso al mondo. Ma c’è sempre una prima volta. Non credo – ha concluso Valducci – si possa andare avanti con boccate d’ossigeno, che prevedono aumenti tariffari. E’ un galleggiamento che non aiuta il mercato”.

 

Attesa, inoltre, la conclusione della ricognizione preliminare affidata a Francesco Caio, che sta effettuando un’analisi sul ruolo che pubblico e privato dovranno giocare nel piano di sviluppo della nuova rete, anche al fine di individuare quelle zone del Paese che andranno coperte con la fibra ottica e quelle invece in cui sarà il wireless a svolgere un ruolo da protagonista, una questione che va risolta per meglio indirizzare gli investimenti.

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