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Sport e tecnologie: 5,5 milioni di famiglie abbonate a Tv satellitare o TDT e 22 mila ore annue di trasmissione Tv criptata e non criptata

Israele


Uno spazio elementare sportivo ogni 390 abitanti; la pratica sportiva (agonistica, amatoriale) o attività fisica di 34 milioni di italiani; 95mila punti dislocati sul territorio, ovvero la più ramificata e ampia rete esistente in Italia; un punto sportivo ogni 631 abitanti, superiore alla rete delle tabaccherie e del sistema finanziario, scolastico, sanitario, religioso, della ristorazione, del commercio; una tiratura media giornaliera di 2,4 milioni di copie di giornali sportivi; un fatturato che sfiora gli 8 miliardi di euro speso dagli italiani; 5,5 milioni di famiglie abbonate alla Tv satellitare o al digitale terrestre; 22mila ore annue di trasmissione televisiva criptata e non criptata.

 

Sono i grandi numeri dello sport nella società italiana, così come li ha individuati il primo rapporto realizzato dal Coni e dal Censis e presentato oggi nel Salone d’Onore al Foro Italico. Numeri che parlano della ‘pervasività’ dello sport in Italia, sia dal punto di vista materiale ed immateriale. Dalla ricerca emerge che non può sfuggire l’impatto dello sport nella sfera dei valori e dell’etica; nella sfera educativa e pedagogica, tanto che tra gli 11 e i 14 anni il 65% dei ragazzi pratica in modo organizzato una disciplina sportiva; poi anche nella sfera della formazione, con corsi anche di laurea, master, corsi finanziati dalle Regioni, che costituiscono altrettanti segmenti dell’offerta formativa. Forte impatto inoltre nella sfera della salute e della prevenzione: ‘poliformismi’ generati dalle società opulente, nuovi modelli di consumi alimentari, l’ausilio delle tecnologie a ‘risparmio’ di energia fisica stanno diventando sempre più motivi di preoccupazione e di impatto sulla spesa sanitaria nell’immediato e nel lungo periodo. Il filtro delle visite sportive per qualche milione di ragazzi e ragazze e’ diventato quindi, dopo la fine della leva obbligatoria e della medicina scolastica, l’unico momento nel quale si procede ad una serie di analisi epidemiologica della popolazione giovanile italiana.

 

La ricerca Coni-Censis non poteva ovviamente trascurare la voce economia e lavoro in tema di sport: il settore equivale a 2,7-3,0 punti di Pil, con investimenti in opere pubbliche, turismo, trasporti, media tradizionali e media innovativi, occupati diretti ed indiretti, una moltitudine di piccole e medie imprese, made in Italy (basti pensare ai successi motoristici di Ferrari, Ducati, Aprilia), organizzazione di micro e macro eventi (dalle partite nell’oratorio alle Olimpiadi invernali di Torino del 2006, ai prossimi mondiali di nuoto, nel 2009 a Roma). Sport uguale anche volontariato: l’analisi condotta presso un campione di 11mila associazioni sportive dice che mediamente operano da dieci a dodici volontari che prestano in una settimana cinque ore di lavoro gratuito. In complesso si tratta di 225milioni di ore di volontariato per un contro valore complessivo annuo di 3,4 miliardi di euro di lavoro equivalente (considerando un’ora di lavoro pari a un compenso di 15 euro). A questo proposito però la ricerca dice anche che così come rappresenta un elemento di forza del sistema, allo stesso tempo il volontariato può costituire un elemento di debolezza a causa della crescente complessità della macchina sportiva, che richiede oggi un bagaglio di conoscenze e quindi la formazione dei quadri diventa fondamentale. Lo sport – aggiunge il Rapporto – produce animazione territoriale ( la Lega Calcio dilettanti ha stimato che nel corso di un anno si giocano almeno 700mila partite); relazioni con il sistema d’impresa (ogni associazione sportiva conta in media cinque sponsor commerciali o tecnici, il che equivale a oltre 400 mila imprese nel sostegno delle attività di base e dilettantistiche); marketing del territorio sia in chiave turistica (scuole estive, tornei, manifestazioni) che in chiave di promozione dei brand locali.

 

Il rapporto Sport e Società analizza anche le criticità e le distorsioni che minano l’etica e la consistenza valoriale dello sport. Anche su questo i sondaggi presso la popolazione e le organizzazioni territoriali hanno dato segnali uniformi: se lo sport significa applicazione delle regole, il doping e’ il suo avversario più accanito perché altera un principio fondamentale dell’etica sportiva: vinca il migliore; la violenza dentro e fuori gli stadi e’ il secondo motivo di preoccupazione che lede il principio di rispetto degli avversari; la concentrazione di interessi economici che una parte dello sport-spettacolo genera e attrae finisce con il suonare come distonico rispetto al volontariato che anima lo sport di base e amatoriale.

 

Ci sono poi altri due elementi critici. Uno è rappresentato dal sistema scolastico, che ancora non ha pienamente compreso la valenza sociale e valoriale dello sport e presenta lacune e insufficienze nell’impiantistica: ancora oggi una scuola su quattro non ha uno spazio destinato all’attività motoria o sportiva, come pure lacune ci sono nell’accoglienza sportiva della disabilità, visto che una palestra su cinque non era accessibile ai portatori di handicap (questo dato è riferito all’anno 2005, ultimo disponibile). L’altro elemento negativo è rappresentato da un ciclo di spesa degli enti locali in discesa in termini reali e spesso non strategico in termini funzionali.

 

La capacità dello sport di essere saldamente dentro la società sta anche nella sua attività di promozione del sociale, grazie agli organismi territoriali e alle migliaia di società sportive sparse sul territorio.

 

Sempre dal sondaggio sulle 11mila società campione risulta che una su quattro organizza attività scolastiche; una su tre realizza progetti di orientamento sportivo; una su cinque promuove lo sport come modello di integrazione e solidarietà; ancora una su cinque attiva agevolazioni per le categorie svantaggiate. Tra le attività sportive praticate, il calcio e la ginnastica assorbono circa la metà del totale dei cittadini che nel 2006 hanno praticato uno o più sport con continuità o con cadenza saltuaria. L’insieme delle attività ginniche ha però superato il calcio e costituisce allo stato attuale l’attività più praticata sull’intero territorio nazionale: nel 2006 il calcio è risultato infatti praticato da 4.152.000 persone, mentre il gruppo di attività comprendente quelle ginniche ha visto la presenza di 4.320.000 sportivi praticanti (qui si vede l’impatto rappresentato dal fitness e dalla cultura fisica, ndr). Al terzo posto si colloca il nuoto, comprendente sport acquatici e subacquei, con 3.900.000 praticanti; quindi a seguire gli sport ciclistici, l’atletica leggera, gli sport invernali. Oltre 1milione di persone ha dichiarato di avere praticato con continuità o saltuariamente il tennis o corsi organizzati di danza e ballo. Le arti marziali e la palla canestro mantengono le loro posizioni con un numero di praticanti di poco superiore alla soglia dei 600mila. Distinguendo tra i due sessi, gli uomini dimostrano di avere una maggiore propensione verso la pratica sportiva; gli indici di attivazione verso lo sport diminuiscono però in modo correlato all’aumento dell’età anagrafica. Tra le motivazioni, vengono evocate quelle di tipo ludico e la volontà di trovare forme adeguate di utilizzazione del tempo libero; per un altro verso emerge però l’esigenza di cura del proprio corpo. Chi non pratica sport lo fa principalmente per mancanza di tempo libero e quindi, in secondo ordine, per l’assenza di interesse.

Seguono poi motivi legati all’avanzare dell’età, stanchezza e pigrizia, problemi di salute e motivi familiari.

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