Italia
Molti sostengono che il mercato discografico e ora sempre più anche quello cinematografico si stiano contraendo a causa della pirateria telematica, questo è stato anche il leit motive dell’interessante convegno “Pirateria e criminalità audiovisiva: quando la copia danneggia il mercato” che ha visto confrontarsi presso il Festival Internazionale del Film di Roma lo scorso 30 ottobre i diversi stakeholders coinvolti dalla questione.
Mi permetto di dissentire e, per provare a chiarire il mio punto di vista, prenderò spunto proprio da una di quelle opere dell’ingegno grazie alle quali il consumatore dovrebbe riconciliarsi all’idea di remunerare adeguatamente il genio creativo degli autori e tutta la macchina che, girando loro intorno, ci consente di usufruire e godere dei contenuti e di vivere indimenticabili emozioni. Ricorderete certamente, in tal senso, la memorabile quanto surreale discussione tra il sosia di Johnny Stecchino e l’avvocato-zio di quest’ultimo che, con accento marcatamente siciliano, dopo aver accennato senza grande convinzione all’Etna e, poi, alla siccità, finalmente, quasi illuminato, indicava la vera e più rilevante piaga di Palermo, sì, il traffico!
In modo pressoché analogo, a me pare, ormai da troppo tempo continuiamo a raccontarci che il problema della distribuzione dei contenuti online è la pirateria, quando, invece, dovrebbe apparire a tutti più che evidente che il problema è ben più ampio e di sistema. Colpite da un classico esempio di disruptive technology, le major hanno per lunghi anni protetto in tutti i modi il loro obsoleto modello di business e solo ora cominciano seriamente a guardare all’online, ma adesso è molto difficile perché nel frattempo l’area del P2P è diventata enorme, utilizzata comunemente da tanti, normali consumatori. Insomma, visto che c’era domanda e c’era la tecnologia i contenuti sono comunque stati distribuiti, ma illegalmente, verrebbe da dire chi è causa del suo mal pianga se stesso!
Ma non siamo “pirati” e, allora, le riflessioni da fare sono necessariamente più ampie e più complesse. Tuttavia, occorre prima ricordare che un’altra occasione perduta da parte dell’industria di settore per dimostrare che aveva a cuore gli interessi dei suoi clienti e che intendeva, come dovrebbe essere naturale, soddisfare al meglio le loro aspettative, è stata quella, in progresso di tempo, dell’implementazione massiccia di modelli di DRM proprietari e non interoperabili, invasivi dei diritti degli utenti e volti, peraltro, ad introdurre artificiali segmentazioni del mercato che hanno avuto l’ulteriore odioso effetto di impedire al consumatore di usufruire dei contenuti con software e terminali di sua scelta.
Queste le doverose premesse per capire in che scenario ci troviamo oggi, e per comprendere che la sfida che abbiamo di fronte va ben al di là della pur evidente necessità di combattere la cosiddetta pirateria telematica e consiste, invece, nel trovare una via condivisa per riportare alla normalità delle cose un settore di mercato che da tempo si è perso per strada. Per fare questo bisognerebbe riconoscere e finalmente rispettare i diritti digitali dei consumatori e promuovere nuovi modelli di business per rendere praticabili e appetibili offerte legali di contenuti sul web spingendo sui volumi e abbassando i prezzi a livelli accettabili.
Continuare a parlare di nuove e sempre più invasive forme di enforcement del diritto d’autore è ovviamente per me inaccettabile ma, se ci pensiamo bene, non dovrebbe essere neanche negli obiettivi a medio termine di un’industria seria che voglia affrontare un mercato che ha prospettive illimitate, tantomeno dovrebbe essere negli obiettivi delle Istituzioni.
E, invece, il tentativo, che è in atto, purtroppo in tutta Europa e non solo in Italia, quale ultima epifania di quella preoccupante e peculiare escalation che ha avuto negli ultimi anni la lotta senza quartiere alla pirateria da parte delle major dell’audiovisivo consiste nel tentativo di rendere più “organici” gli Internet service provider nell’enforcement della proprietà intellettuale introducendo forme di filtraggio dei contenuti digitali alla fonte e la possibilità che, a seguito di due “avvertimenti” per pretese violazioni del diritto d’autore, i provider decidano unilateralmente – o comunque senza l’intervento di un giudice – di privare all’utente l’accesso alla Rete.
E’ un vento che arriva dalla Francia e che viene eufemisticamente definito “graduated response” mentre in Italia è stato ribattezzato forse più correttamente metodo del “tre botte e via”, il che rende più direttamente evidente gli aspetti grossolani e rozzi di un approccio che, incurante dei principi di legalità e della terzietà del giudice significherebbe, se implementato, un definitivo calpestamento della certezza del diritto già da tempo messa a dura prova in questo settore di mercato.
Su questa discutibilissima misura in Francia si è purtroppo già espresso favorevolmente la scorsa settimana il Senato e l’approvazione definitiva è prevista per gennaio del prossimo anno, i cugini francesi dell’associazione di consumatori UFC-Que Choisir non si danno, però per vinti, continuano a giudicare la proposta anticostituzionale è hanno lanciato sul web una campagna di protesta impersonata dal grottesco Commissario Dedè, attraverso sferzanti video (Guarda i Video) che rendono direttamente evidente, meglio che in ogni altro modo, gli aspetti assurdi del graduated response in salsa francese. Nel frattempo la questione è anche all’ordine del giorno dei complessi meccanismi di produzione normativa dell’Unione europea, con testardaggine la lobby delle major ha ottenuto, infatti, che si introducessero nel c.d. Telecom Package – un pacchetto di proposte di direttive che rivedrà l’intera regolamentazione delle tlc – misure relative alla tutela della proprietà intellettuale al fine di inserire surrettiziamente un grimaldello utile a fare entrare dal buco della serratura nell’intero panorama europeo misure analoghe a quella francese. Fortunatamente con uno scatto d’orgoglio democratico il Parlamento europeo ha di recente bocciato a larga maggioranza in prima lettura tale tentativo introducendo, peraltro, un emendamento, il n. 138, che richiamandosi ai diritti fondamentali di libertà e al giusto processo prevede che non possano esservi restrizioni ai diritti degli utenti senza un intervento dell’Autorità giudiziaria. I fari vanno puntati ora sul prossimo Consiglio dell’Unione europea, dove siedono i rappresentanti dei governi nazionali, nella prossima riunione del 27 novembre si discuterà, infatti, il Telecom Package ed appare evidente che ci saranno tentativi, soprattutto da parte del governo francese, volti a ribaltare quanto deciso in sede di Parlamento europeo, sarà importante conoscere, anche in vista del dibattito più strettamente domestico, che posizione prenderà in tale occasione il governo italiano.
Un’altra questione di cui si è discusso in passato e che recentemente è stata di nuovo oggetto di dibattito in seguito a dichiarazioni di rappresentanti della SIAE, poi tuttavia in parte smentite, è quella relativa all’introduzione per legge di una flat fee sulle adsl per remunerare i detentori dei diritti sulla scorta del ragionamento secondo il quale sarebbero proprio le connessioni a banda larga a consentire a milioni di utenti di scaricare abusivamente contenuti protetti da diritto d’autore. Altroconsumo ha sempre avuto molti dubbi su questo modello: con l’introduzione di un ulteriore equo compenso sulle adsl passeremmo in alcune ipotesi al quadruplo pagamento, già, infatti, attualmente con questo regime di levies non c’è un problema di doppio pagamento ma, sicuramente di triplo. A nostro avviso il concetto di equo compenso in uno scenario digitale è assolutamente obsoleto e andrebbe completamente eliminato per passare a modalità di remunerazione più moderne, tecnologiche e, soprattutto, più corrette e raffinate per quanto concerne la redistribuzione delle revenues agli autori. In ogni caso, se proprio si vuole provare a percorrere questa strada seriamente poniamo due condizioni preliminari: che prima si eliminino tutte le altre forme di levies sui supporti e che, in ogni caso, il prelievo di una fee sull’adsl non dia luogo al libero accesso ai contenuti nel solo ristretto walled garden legato ad ogni singolo operatore d’accesso ma, eventualmente, ai contenuti presenti e distribuiti su tutta la Rete.
La nostra proposta principale, in realtà, è diversa. Pensiamo che nel futuro potranno coesistere vari modelli che si confronteranno tra loro, ma il substrato tecnologico di base sul quale opereranno sarà ancora il DRM. Come già detto, le forme proprietarie di DRM che abbiamo conosciuto fino ad ora evocano esperienze assolutamente negative, ma non è tempo di fare la caccia alle streghe, anche i consumatori con responsabilità debbono essere propositivi e allora un modello di DRM interoperabile, che non sia più quello strumento di protezione coattiva dei diritti unilateralmente imposto che abbiamo conosciuto ma, al contrario, uno strumento di traduzione tecnologica di un nuovo assetto negoziale concordato tra consumatori e distributori di prodotti culturali, appare percorribile. D’altra parte il diritto d’autore nella società dell’informazione non potrà certo fare a meno di un supporto tecnologico. A riprova della nostra apertura ad affrontare seriamente i problemi attuali aggiungerei un ulteriore importante elemento sul quale siamo ben disposti a confrontarci, l’istituzione di un meccanismo ad hoc di Alternative Dispute Resolution (ADR), anzi di Online Dispute Resolution (ODR) su schema paritetico e volontaristico per discutere e risolvere fuori dal giudizio eventuali controversie tra consumatori e detentori dei diritti.
Su questi temi ci si confronta da tempo senza purtroppo mai riuscire a raggiungere una sintesi virtuosa tra le diverse posizioni, questo è un dato di fatto che non si può negare. In conclusione pare, tuttavia, opportuno sottolineare come lo scenario politico oggi sia diverso, abbiamo un governo con un’ampia maggioranza che può prendere decisioni importanti e, allora, non si deve perdere l’occasione per fare qualcosa di veramente utile per il Paese, per uno sviluppo efficiente ed equo di questo settore di mercato nell’interesse comune di tutti gli stakeholders.
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