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Il cellulare? Un ansiolitico per i genitori che si illudono così di poter controllare i figli. Gli psicologi: ‘telemothering’, nuova epidemia

Italia


Il primo telefonino viene regalato dai genitori ai figli di 8 anni, e a 12 anni i giovanissimi sono ormai arrivati al terzo modello di cellulare. In un terzo dei casi il regalo è accettato controvoglia dai pargoli, ma i genitori quasi non sentono ragioni, tanto che gli psicologi parlano di epidemia del nuovo millennio. Un’epidemia che contagia le famiglie e in particolare le madri: il ‘telemothering’ o ‘teleparantage’, la tendenza cioè a voler controllare i figli 24 ore su 24, fin dalla scuola elementare.

 

È questo lo sconfortante dato che emerge dal IV rapporto annuale “Bambini e telefoni cellulari: il nuovo cordone ombelicale”, curato dall’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e promosso dall’Osservatorio Sull’immagine Dei Minori, fondato nel 2004 dal marchio di moda per bambini Pinco Pallino.

 

Il 90% dei bambini di terza media possiede già il telefonino, ma non tanto per una loro specifica richiesta visto che all’età in cui ricevono il primo pensano per lo più a giocare, quanto – sottolineano i curatori dello studio – per una diretta esigenza dei genitori, che lo usano sempre di più come ‘ansiolitico’, nell’illusione così di poter meglio controllare o gestire i figli. Una sorta di cordone ombelicale tecnologico che si impone spesso in contropartita delle prime concessioni di ‘autonomia’ come le prime uscite o la prima gita scolastica.

 

Il realtà niente è più pericoloso di un cellulare in mano ai bambini, soprattutto perché i genitori ‘moderni’ non si limitano a regalarne uno con funzioni basic e così succede che ragazzini di 12 anni si ritrovino già in mano l’ultimo ritrovato della ricerca di settore: i più piccoli – spesso molto più esperti dei genitori in fatto di tecnologie – possono così connettersi a internet e imbattersi in contenuti illeciti o pericolosi, a anche essere attirati in trappola, come sempre più spesso succede, da adulti che chiedono (e a volte ottengono) incontri, foto ‘hot’, o prestazioni sessuali in cambio di ricariche telefoniche. Senza contare i pericoli che potrebbero derivare dall’esposizione alle onde elettromagnetiche da un’età così giovane.

 

Un problema che, però, non riguarda i bambini o gli adolescenti, quanto, appunto, i genitori: in base ai risultati delle due ricerche commissionate dall’Osservatorio – quella della Sapienza focalizzata su bambini di seconda, quarta e quinta elementare e di prima e terza media, quella della Cattolica di Milano concentrata invece sugli adolescenti al secondo e al quarto anno delle scuole superiori – “è il rapporto tra genitori e cellulare del figlio a essere spesso malato”.

 

“Il 32% dei bimbi delle scuole elementari e medie che abbiamo intervistato – riferisce Anna Maria Ajello, ordinario di Psicologia dell’educazione a La Sapienza – ritiene che alla sua età il telefonino non sia utile”.

‘Questo dimostra – aggiunge la psicologa – quanto l’uso del cellulare nei più piccoli sia in prevalenza indotto dai genitori. Mamma e papà tendono così a considerarsi i referenti assoluti dell’educazione dei propri figli anche se, come in gita scolastica, sono accompagnati da altri adulti”.

 

Tra gli adolescenti, cala la percentuale di chi ritiene il cellulare un impiccio, anzi, per la maggior parte “non averlo sarebbe un dramma”, spiega Pier Cesare Rivoltella, sottolineando che negli adolescenti il cellulare rappresenta un importante strumento per l’interazione sociale e la pianificazione del tempo libero oltre che un “moderno diario per archiviare pensieri, messaggi, foto e video”.

Rivoltella aggiunge però che il gadget, soprattutto quando i figli sono ormai vicini all’adolescenza, è anche un’arma a doppio taglio per l’ansia dei genitori, poiché col telefonino in tasca “i giovani si sentono paradossalmente più liberi, per esempio di fare tardi la sera”.

 

Un’arma a doppio taglio anche per il portafoglio di mamma e papà, dal momento che – emerge sempre dalla ricerca – solo nel 20% dei casi i ragazzi pagano di tasca propria, o meglio dalla paghetta dei genitori, la ricarica. Un ‘abitudine, precisa Anna Maria Ajello, che certo non aiuta a “responsabilizzare i giovani e che conferma l’effetto ansiolitico dei telefonini sui genitori”.

 

La mancanza di responsabilizzazione da parte dei genitori emerge anche dal fatto che la maggior parte dei ragazzi ignora il divieto di utilizzare il cellulare a scuola: bastano piccoli accorgimenti come l’inserimento della vibrazione o il silenziatore per la suoneria e il gioco è fatto. Il motivo? Il cellulare, spiega ancora il professore della Cattolica, è giudicato utile per “far passare il tempo nei momenti giudicati noiosi”.

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