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A giugno, l’ICANN – ente non-profit che si occupa dell’assegnazione degli indirizzi IP, della gestione del sistema dei nomi a dominio generici di primo livello e dei country code Top Level Domain (ccTLD), nonché dei root server – aveva annunciato quella che era stata subito definita la più grande trasformazione della rete da dieci anni a questa parte: la personalizzazione dei nomi di dominio.
Una rivoluzione attesa, che permetterà agli internauti di scegliere il nome che preferisco per l’estensione del loro sito.
Attualmente, ferree regole governano i domini, limitati a singoli paesi, come .uk (Gran Bretagna) o .it (Italia), al commercio (.com), e alle organizzazioni istituzionali (.net o .org), ma, a partire dal 2009, ogni persona fisica potrà registrare un dominio sulla base del proprio nome, mentre le compagnie potranno registrare facilmente indirizzi legati al contenuto del settore in cui operano.
L’annuncio non ha però mancato di suscitare perplessità, in particolare per quanto riguarda la protezione dei marchi. Per questo, l’ICANN ha deciso di fissare alcuni paletti alla libertà di registrazione.
Fin da subito, l’ICANN aveva assicurato che il nuovo sistema sarebbe stato “aperto a tutti”, ma che ci sarebbe comunque stata una commissione con il potere di bloccare un dominio per “ragioni morali o di ordine pubblico”.
Ogni registrazione generica di un’estensione, dunque, dovrà essere basata su criteri quali il rispetto del copyright (l’estensione .microsoft, per esempio, sarà riservata alla società di Redmond) o il divieto di imitare le estensioni esistenti (niente .kom o .nett, dunque).
Ma, per proteggere ulteriormente le imprese da usi illeciti delle nuove estensioni personalizzate – ci potrebbe essere, per esempio, qualche furbetto che decide di acquistare il dominio . gooogle o .microsfot – l’ICANN ha fissato anche un ‘filtro’ economico: depositare una candidatura costerà infatti 185 mila dollari. Una somma che corrisponde al ‘trattamento amministrativo’ dei dossier presentati al vaglio dell’associazione.
Non ci saranno esclusioni di alcun tipo – come si paventava, ad esempio per l’estensione .xxx tanto cara all’industria del porno – ma i criteri di selezione saranno relativamente esigenti.
Una rivoluzione, dunque, molto annacquata rispetto alle premesse, quando tutti prevedevano sarebbero nate milioni di nuove estensioni personalizzate.
C’è inoltre chi pone interrogativi per l’estensione, ad esempio, dei nomi delle città: prendiamo ad esempio la città di Fiuggi, che corrisponde anche a un noto marchio commerciale, o – andando oltre i confini – la città di Orange o di Evian.
A chi verrà assegnata l’estensione, al marchio commerciale o alla municipalità?
In questi casi, o anche quando il dominio sarà contestato da due aziende, l’ICANN prevede un sistema di aste tra gli interessati.
Alcuni domini, come ad esempio, .science potrebbero dunque arrivare a valere molto, anche svariati milioni di dollari, scatenando grandi interessi economici, di cui – questo è certo – beneficerà l’ICANN, che incassa una percentuale su ogni nome di dominio registrato.
L’ente, in effetti, riceve una commissione su ogni estensione venduta nel mondo attraverso altre società. un’attività che rappresenta il 95% del fatturato dell’organizzazione che, ricordiamo, è non-profit.