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Le dichiarazioni di Viviane Reding sulle tariffe di terminazione mobile sono “alquanto irrituali”, dal momento che lo schema di provvedimento approvato dall’Agcom è ancora in corso di valutazione e, oltre a essere “perfettamente in linea” con gli orientamenti del gruppo dei regolatori europei (ERG), rappresenta comunque “una riduzione consistente delle tariffe di terminazione per ben 1,5 miliardi di euro in tre anni”.
Lo sottolinea l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, accusata dalla Commissione europea di voler mantenere le tariffe di terminazione mobile su livelli “ingiustificati e sproporzionati”, tali da “non riflettere i costi effettivi degli operatori mobili, che sono obiettivamente molto inferiori”.
Le decisioni del regolatore italiano sulle tariffe di terminazione, non sono “in linea con la metodologia dei costi e i tempi raccomandati dalla Commissione”, ha sottolineato la Reding, chiedendo all’Agcom un confronto “più leale” e un approccio maggiormente orientato ai costi.
L’Agcom si è difesa facendo notare che la raccomandazione elaborata dalla Ue “non contiene alcuna indicazione sulle cifre ma ha solo contenuto metodologico” ed è stata giudicata anche dal gruppo dei regolatori europei “eccessivamente rigida”, tanto che
Lo scontro tra l’Agcom e la Ue ha preso inizio dopo l’incontro svoltosi ieri tra il commissario Reding e i massimi rappresentanti di Fastweb, BT Italia e Tiscali, Stefano Parisi, Corrado Sciolla e Mario Mariani.
Secondo i tre amministratori delegati, competitor di Telecom sul versante della telefonia fissa, gli alti livelli delle tariffe di terminazione rappresentano “un sussidio ingiustificato all’industria della telefonia mobile e creano una significativa alterazione della concorrenza nell’intero settore delle telecomunicazioni”.
A fronte del vantaggio economico rappresentato per gli operatori mobili da queste tariffe che non hanno alcuna giustificazione di costo, sostengono gli Ad, “gli operatori di telefonia fissa, impegnati nella costruzione della rete di nuova generazione, sono privati delle risorse necessarie per gli onerosi investimenti”.
Le tariffe di terminazione così concepite contraddicono inoltre, secondo gli Ad, “la richiesta della Commissione, e di vari regolatori nazionali, di adottare un modello LRIC (Long Run Incremental Cost) che dovrebbe portare a una riduzione delle tariffe di terminazione entro il
L’incontro è stato occasione per discutere, oltre alla questione dei costi di terminazione, anche la questione della separazione della rete e la richiesta di Telecom Italia di aumentare del 35% i costi dell’unbundling, ossia il prezzo che gli operatori alternativi pagano all’operatore proprietario della rete per usufruire delle infrastrutture – rete, cavi dell’ultimo miglio e centraline – e offrire ai clienti servizi propri.
Due questioni strettamente interconnesse, perché l’aumento dei costi di unbundling, non solo contraddice “l’attuale quadro regolatorio e le metodologie contabili stabilite dall’Agcom sui prezzi dell’ultimo miglio”, ma altro non sarebbe che “una compensazione” richiesta dall’ex monopolista per la separazione funzionale della rete di trasmissione dai servizi.
Una separazione, tra l’altro, viziata da vistose incongruenze, nella misura in cui gli impegni ‘volontari’ presentati da Telecom Italia “non garantiscono alcuna forma di separazione funzionale della rete, ma riflettono semplicemente la riproposizione di obblighi regolatori che nel passato il gruppo ha sistematicamente violato”.
Per questo è quanto mai importante un intervento della Ue volto a fornire un approccio coerente per le tariffe di terminazione, dal momento che “la regolazione delle telecomunicazioni non è un tema solo nazionale e può trarre beneficio da un coordinamento a livello europeo”.
Le proposte dell’Agcom sulle tariffe di terminazione sono attualmente al vaglio della Commissione, che il prossimo 10 novembre invierà le proprie valutazioni con eventuali richieste mi modifica.