‘Il diavolo veste placement’: il PP e la Direttiva sui Media Audiovisivi. Ecco come cambia il mercato televisivo e cinematografico in Europa  

di Flavio Fabbri |

Italia


Il diavolo veste Prada

Affrontare la questione del digitale, in tutte le sue declinazioni, comporta una profonda riflessione sociale e sociologica sulla libertà di produzione, distribuzione, fruizione e sulla conseguente responsabilità dal lato dell’offerta, quindi di autori e produttori. A tutto questo va aggiunto il primo dei problemi, ovvero il finanziamento del settore. Proprio queste tre categorie sono state al centro del workshop europeo “Il diavolo veste ‘Placement’“, un’iniziativa di cimsComunicazioni ed Eurovisioni, in collaborazione con EGTA, Eutelsat – Sat Expo, in partnership con Presidenza della Regione Lazio e Roma Fiction Fest.

Sottotitolo del workshop: “Le nuove regole europee sui servizi di media audiovisivi: rischi e opportunità per l’industria“. Un tema quello della responsabilità che è contestuale alla libertà di creare e distribuire contenuti e messaggi, in un orizzonte sociale che i mezzi di comunicazione rendono sempre più vasto e allo stesso tempo più piccolo, proprio per la facilità di raggiungere chiunque in qualsiasi luogo. Un’opportunità, certo, ma anche un rischio, legato ai costi dell’industria dell’audiovisivo e alle conseguenze ancora  incerte di una delle maggiori crisi finanziarie ed economiche degli ultimi tempi. E qui si inserisce l’elemento economico, con i broadcaster e i produttori di contenuti video per il cinema o la televisione, che cominciano a chiedersi quali possano essere i mezzi più idonei per fronteggiare tale congiuntura internazionale. Focus del workshop sono stati i modelli di finanziamento dell’industria cinematografica e televisiva, a partire da una pratica da molti definita sbagliata, ma da tanti altri vista come panacea dei mali che affliggono il sistema: il Product placement (PP). Nell’ultimo film di David Frankel “Il diavolo veste Prada“, una straordinaria Meryl Streep ci mostrava il lato oscuro della moda, richiamando la figura del ‘diavolo’ come anima del brand e fascino segreto e irresistibile di un capo d’abbigliamento firmato. Il titolo dell’incontro vuole provocatoriamente invitare a riflettere se veramente il Product placement sia così sbagliato e pericoloso, o se invece esso non rappresenti un’opportunità per il mercato europeo e nella fattispecie italiano nella dura competizione dei mercati globali. Inserire il brand di uno specifico prodotto all’interno dei contenuti audiovisivi è una pratica da anni consolidata sia nel mercato statunitense che in parte europeo.

 

Grazie alla nuova direttiva europea, sui “Servizi di Media Audiovisivi“, su tutte le piattaforme è ora possibile trasmettere un contenuto ‘tv-like’ con reclame all’interno, senza più divieti, superati da numerose deroghe per programmi specifici come film, serie tv, programmi sportivi e di intrattenimento leggero. Anche l’Europa vede il Product placement come una realtà di mercato, al pari di quello americano o di altri Paesi a livello globale. A fine agosto il nuovo governo ha approvato il testo europeo della direttiva in consiglio dei ministri, annunciando la volontà di recepire il testo per intero con le deroghe che ammettono il Product placement. Tali procedure di adozione possono durare al massimo due anni, per cui entro fine 2009 tutti gli stati membri dell’Unione dovranno esser pronti. Ora però, dopo le questioni tecniche e burocratiche, è tempo di confronti e di riflessioni, tra i differenti approcci dei fautori della reclame libera e quelli che ancora ne riconoscono gli effetti negativi sull’audience. C’è quindi da chiedersi quale sarà il peso della nuova comunicazione pubblicitaria nell’industria audiovisiva, che riflesso avrà sul mercato della raccolta pubblicitaria e soprattutto come si potrà legare il marchio da pubblicizzare al contenuto audiovisivo.

 

Su questi temi si sono confrontati gli ospiti del workshop europeo di cui è stato moderatore Raffaele Barberio , Direttore di Key4biz, i cui interventi hanno mirato a sottolineare proprio la necessità del confronto aperto e senza pregiudizi di broadcasters, governo, Authority, produttori e agenzie pubblicitarie. Le prime risposte hanno già aiutato a delineare le linee di un possibile sviluppo dell’industria audiovisiva, sia a livello europeo che nazionale. “Le innovazioni– afferma Barberio in apertura di lavori – sono sempre motivo di discussione e di confronto, perché per loro natura problematiche. Anche in Italia, con l’approvazione della Direttiva europea a fine agosto, ha preso il via un lungo dibattito, che entro il prossimo anno dovrà aver dato i suoi frutti. Questo workshop, in concomitanza con Eurovisioni, il Festival Internazionale di Cinema e Televisione e il Festival Internazionale del Film di Roma, rappresenta un momento importante su cui riflettere e approfondire il confronto sul Product placement“. Due le sessioni aperte: una per broadcasters e imprese di settore, l’altra sulla situazione italiana, il mercato globale, le piattaforme tecnologiche, le regole e la futura evoluzione del panorama.

 

Il primo a prendere parola è Giacomo Mazzone, Segretario Generale di Eurovisioni, che rivendica il ruolo del Festival come aggregatore di soggettività forti del mercato, di produttori e attori del sistema che vogliono crescere e far crescere l’industria dell’audiovisivo: “Eurovisioni è un patrimonio della città di Roma, un palcoscenico internazionale senza eguali. L’Italia deve recuperare lo svantaggio accumulato negli anni nel settore del digitale e delle multi-piattaforme. È possibile tornare a crescere, ma a patto di uno sforzo congiunto di tutti nella ricerca di nuovi modelli di sviluppo. Parliamo di Product placement, di Ultra High Definition Television, all’interno di un sistema europeo di aiuti all’audiovisivo che si rivolgono  anche ai Paesi del Mediterraneo. La Direttiva può aiutare il mercato ma anche creare ostacoli e molto dipenderà dal contesto in cui verremo ad operare, così come dalle distanze tra i soggetti coinvolti“. Per Stefano Mannoni dell’AGCOM, mentre l’intero settore delle Tlc in Europa ha forse subito una regolamentazione pesante in relazione all’audiovisivo, la televisione è quella che meno ne ha sofferto, usufruendo di una maggiore libertà di azione: “… La Direttiva europea in oggetto deve essere vista come continuazione del processo di convergenza tecnologica multi-piattaforma, dalla telefonia alle telecomunicazioni, che vede ora l’aggiunta dei contenuti. Questi devono essere compatibili con le reti che li veicolano. Il testo di riferimento è però molto ambiguo, frutto di un compromesso tra diverse visioni e linee di intervento. La sua attuazione ci richiede quindi un grande sforzo, una profonda riflessione giuridica e culturale, perché in gioco non ci sono solo i contenuti, ma anche i diritti, dei minori ad esempio, su cui si deve trovare necessariamente  un accordo di co-regolamentazione tra l’Autority e le imprese“.

 

In rappresentanza dell’Associazione delle Concessionarie di pubblicità di radio e tv d’Europa, EGTA, è intervenuto Paolo Lutteri, sicuramente a favore della Direttiva europea e della sua approvazione da parte del governo italiano: “… Nella stesura della Direttiva abbiamo avuto di certo un ruolo importante, perché con tutti i nostri associati nel settore radio e televisione a livello europeo, siamo riusciti a far comprendere quanto la pubblicità e il mercato ad essa legato hanno bisogno di una comunicazione più ricca e diversificata nel comparto dell’audiovisivo. La comunicazione pubblicitaria cerca un posizionamento più originale per meglio rapportarsi con l’industria e con i broadcaster, sia pubblici che privati“. Sempre per l’EGTA, Laura Sboarina ritorna sugli argomenti offerti dal Vice Presidente approfondendone alcuni punti: “… Sono 105 gli associati a EGTA, con i quali  abbiamo supportato la Direttiva nella sua fase di stesura e anche ora in quella più delicata di approvazione. Bisogna dare spazio alle nuove forme di comunicazione pubblicitaria legata a nuovi prodotti. Il Product placement riguarda ogni forma di comunicazione audiovisiva che consiste nell’introdurre o fare riferimento a un servizio o a un brand, il tutto dietro pagamento di un compenso. Il PP è quindi una nuova fonte di finanziamento per i broadcaster e una novità anche a livello di resa delle immagini per i consumatori/spettatori. Ovviamente, il consumatore/spettatore deve sempre sapere che nel programma che sta guardando ci sono elementi di Product placement. Molte sono le zone grigie che rimangono da affrontare e dal confronto di tutti gli attori ne potremmo trarre giovamento per l’intero settore dell’audiovisivo“.

 

Dalla parte europea del workshop intervengono alcuni importanti operatori audiovisivi come l’austriaca ORF, la francese MCG , la tedesca LMF e la spagnola RTVE. Per l’Austria prende la parola Christine Vesely , portatrice di un punto di vista tutto sommato positivo verso il Product placement: “… La possibilità di introdurre marchi e brand come prodotti all’interno di un programma televisivo, o in un film, non ci trova contrari e le deroghe previste dalla Direttiva sono ben accolte. L’importante è che il PP sia riconoscibile e identificabile, non solo attraverso il logo o il marchio, ma anche nello specifico design che lo contraddistingue. I fattori che lo devono evidenziare al pubblico sono la durata della sua comparsa, la grandezza che occupa sullo schermo e il tipo di trasmissione che lo conterrà, sia essa live che registrata in studio“. Per il francese Alain Modot: “… Oltre che importante, il Product placement deve essere pensato anche relativamente ai campi in cui esso potrà essere introdotto. Per la tv è considerato una grande risorsa, mentre nel cinema sono ancora pochi i film che se ne avvalgono, circa 200, con entrate per circa 20 milioni di euro. Cifre modeste che non attirano l’attenzione sperata. Il Product placement ad oggi è uno strumento valido per li cinema solo quando questo è di grandi incassi e di richiamo, altrimenti non conviene a nessuno“. Sulla stessa lunghezza anche Daniel Zimmermann di LMF, il quale aggiunge però un quesito: “…Ci si potrà allora fidare dei produttori? Visto che sono loro che dovranno decidere in quale prodotto inserire il Product placement? Anche questa è una zona grigia“. “… I produttori con questo nuovo strumento guadagneranno molti soldi e vedranno aumentare enormemente le entrate pubblicitarie– afferma Gustavo Ferrada di RTVE- il contenitore audiovisivo verrà costruito attorno a un prodotto commerciale e soprattutto nel settore televisivo. Per il cinema la situazione è più complessa, tranne ovviamente che per il grande cinema Americano o Indiano, mercati vastissimi che fanno gola a chiunque“.

 

Scopo della Direttiva, spiega Giacomo Mazzone in veste di Direttore dell’UER: “… È cercare di avvicinare il mercato europeo a quello statunitense, dotandolo degli stessi strumenti finanziari in termini di raccolta pubblicitaria. Attraverso una regolamentazione similare, non omogenea per tutti i Paesi partner dell’UE, ma da affrontare con una serie di interventi armonizzatori. Le domande da farsi sono legate ad  un’eventuale pressione sugli editori, o al tipo di redistribuzione che ci sarà tra broadcasters e reti televisive locali. Obiettivo finale della Direttiva, a riguardo, è quello di creare un mercato unico in cui si vengono ad incontrare le differenze culturali, territoriali e politiche di ogni singolo Paese dell’Unione“.Un confronto che, anche per Gabriella Cims di CimsComunicazioni, deve arrivare il prima possibile. Nel presentare le anticipazioni dello studio sul “Ruolo del Product placement in Europa“, Cims evidenzia che: “…Il Product placement deve rappresentare un’integrazione di prodotto avanzata nell’audiovisivo, sia in termini di realizzazione grafica, sia di valorizzazione ulteriore del filmato. Gli investimenti attuali, fino al 2006, presentano movimenti per 7 miliardi di dollari che per il 2010 si stimano raddoppiati. Il tasso di crescita del PP nella televisione è stato del 48%, sicuramente superiore al cinema,che  dal 2003 è indietro nella classifica. I primi cinque Paesi sono USA, Brasile, Australia, Messico e India“.

 

Nella seconda parte del workshop si sono affrontati gli aspetti prettamente regolatori del Product placement. La tavola rotonda che ne è seguita, infatti, dal titolo “Brand e Contenuto. Dalle nuove regole, quali opportunità per l’industria nazionale dell’audiovisivo?“, ha dedicato un ampio spazio alle Autorità, alle istituzioni, alle imprese, ai broadcaster del servizio, consentendo un dibattito vivace e orientato ad un confronto propositivo sulla questione in oggetto. Tornando sull’argomento, Stefano Mannoni dell’AGCOM, evidenzia quanto importante sia studiare e sostanziare l’introduzione di una norma, perché questo comporta sempre problemi nuovi su cui confrontarsi: “… Il livello di Product placement presente nelle trasmissioni televisive americane è il più alto del mondo. Non credo che l’Europa voglia eguagliare questo primato. L’operazione del regolatore, almeno qui in Italia, è di recepire la Direttiva in termini di tutela dei minori e dei detentori di diritti specifici, individuandone l’impatto su determinate categorie e tenendo sempre presente l’attuazione del principio di separazione e di autonomia territoriale. Ovviamente il suo recepimento è quasi obbligatorio se si vuole rimanere competitivi sia in Europa che nel mondo“. Sull’importanza di rimanere agganciati al mercato europeo e americano si trova anche Giuliana Del Bufalo della Rai: “…In un momento di grande crisi come questo che stiamo vivendo, con la destabilizzazione dei mercati e le difficoltà dell’economia reale, ogni nuova opportunità deve essere vagliata, compresa quella offerta dal Product placement. I prodotti televisivi, come le fiction, hanno un grande mercato a livello internazionale e le entrate di questo tipo di pubblicità potrebbero essere davvero consistenti“.

Per Piero De Chiara di Telecom Italia Media non bisogna dare giudizi affrettati e soprattutto non bisogna farsi illusioni: ” …Il Product placement è uno strumento straordinario, basta guardare ad altri mercati dove se ne fa uso da anni. Qui da noi, ad esempio nel cinema, i contributi che se ne sono ricavati si aggirano intorno ai 40 milioni di euro di ricavi aggiuntivi. Non molto in realtà, ma è un punto di partenza incoraggiante. Quindi, possiamo dire che il Product placement come nuova forma di comunicazione pubblicitaria è sicuramente da considerarsi nell’insieme positivo, magari in prospettiva di un suo maggiore utilizzo nel campo televisivo afflitto da pesanti perdite strutturali“.

Un settore, questo della televisione, che per l’Italia rimane un fiore all’occhiello secondo il Sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani: “… All’avanguardia nel mondo, tanto da farci seriamente pensare ad un’anticipazione dello switch off analogico al 2010. La pubblicità ha perso la sua tradizionale maschera demoniaca per mostrarsi invece per quello che è: una fondamentale fonte di finanziamento. L’importante è che essa sia regolata e che vengano tutelati i diritti dei più deboli, soprattutto dei minori che rappresentano la fascia di pubblico ad oggi più esposta. Un tavolo di condivisione di queste regole può permetterci di giungere a dei risultati molto positivi“. Stesse conclusioni quelle di Gina Nieri di Mediaset: “… L’afflusso di capitali privati al mercato televisivo può garantire una leva importante in termini di competitività. Un tavolo di coordinamento collettivo potrà facilitare l’inserimento del Product placement sul nostro mercato, anche pensando di allargare al sua adozione su alle altre piattaforme. Una pubblicità disciplinata ed estesa a tutti i media può garantire un affollamento pubblicitario al 20%“. Per il ruolo di produttore, afferma Federico Scardamaglia, è molto importante avere a disposizione, come strumento finanziario, il Product placement: “… Perché garantisce maggiori disponibilità di soldi e  permetterà di presentare al broadcaster un prodotto più forte. Il Product placement garantirà al settore audiovisivo italiano ed europeo un nuovo impulso e una nuova opportunità di crescita sui mercati mondiali“.

 

Di grande opportunità in termini di ricadute turistiche parla anche Francesco Gesualdi, Segretario Generale della Regione Lazio: “… A Roma sono stati prodotti il 75% delle fiction dell’intero mercato italiano. Questo vuol dire che il nostro territorio ha certamente guadagnato in visibilità e in ricadute economiche, dal settore turistico a quello industriale. Questo significa che l’audiovisivo è divenuto un asset importante anche per il programma politico-economico regionale e istituzionale. Da un punto di vista normativo molti sono stati gli aiuti al mondo del cinema e della televisione, ne è testimonianza la nostra presenza in tutti i festival regionali. Un audiovisivo forte garantisce effetti positivi su tutta la filiera“.  Anche il giudizio di Paolo Dalla Chiara, Presidente di Sat Expo, insiste sulla bontà della Direttiva europea, ponendola in relazione al ruolo del satellite: “… Il satellite è un canale di distribuzione di tematicità ampie e il Product placement è sicuramente adattabile alle aggregazioni per cluster offerte dalla piattaforma. Ci sono dei canali che già fanno Product placement perché hanno origine dai grandi brand di settore. Pensiamo ai canali per la pesca, per lo sport, per la nautica e tanti altri ovviamente. Il potenziale di trasmissione del satellite è in crescita e a livello regolatorio ha bisogno di maggiore sostegno e di nuove partnership industriali dagli effetti transfrontalieri“.

 

A conclusione della tavola rotonda e del workshop Raffaele Barberio ha chiamato l’eurodeputato Gianni De Michelis, Relatore della Commissione Industria del Parlamento Europeo per la revisione della Direttiva: “… Uno degli obiettivi della Direttiva è il rilancio della competitività del sistema industriale europeo e la creazione di un mercato unico dei contenuti audiovisivi e della loro fruizione, in grado di competere sia con gli Stati Uniti che con i nuovi mercati emergenti come la Cina o l’India. Nel momento che ci apprestiamo a vivere bisogna ricalibrare tutte le discussioni in un contesto più incisivo rispetto al cambiamento drammatico che la crisi dei mercati finanziari sta determinando. La possibilità di rimanere agganciati ai mercati va difesa con ogni mezzo, perché altrimenti si rischia la marginalizzazione nella transizione globale in corso. Il Product placement è un gancio importante da non mancare. L’Italia deve porsi in una posizione di maggiore attenzione e di propositività ai mercati internazionali, considerato che in molti di questi siamo anello debole. Ecco che allora bisogna prepararsi a individuare tutti quegli strumenti più idonei con cui operare per aumentare la competitività anche nel sistema audiovisivo, perché anche questo sarà investito dalla congiuntura negativa. Gli Stati Uniti, la Cina e l’India da parte loro non staranno a guardare e daranno filo da torcere nel controllo dei mercati. La Direttiva , in tal senso, applicata nel suo complesso, potrà essere uno strumento straordinariamente utile“.

  

 

Direttiva sui Servizi di Media Audiovisivi

  

 

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