Italia
Affrontare la questione del digitale, in tutte le sue declinazioni, comporta una profonda riflessione sociale e sociologica sulla libertà di produzione, distribuzione, fruizione e sulla conseguente responsabilità dal lato dell’offerta, quindi di autori e produttori. A tutto questo va aggiunto il primo dei problemi, ovvero il finanziamento del settore. Proprio queste tre categorie sono state al centro del workshop europeo “Il diavolo veste ‘Placement’“, un’iniziativa di cimsComunicazioni ed Eurovisioni, in collaborazione con EGTA, Eutelsat – Sat Expo, in partnership con Presidenza della Regione Lazio e Roma Fiction Fest.
Sottotitolo del workshop: “Le nuove regole europee sui servizi di media audiovisivi: rischi e opportunità per l’industria“. Un tema quello della responsabilità che è contestuale alla libertà di creare e distribuire contenuti e messaggi, in un orizzonte sociale che i mezzi di comunicazione rendono sempre più vasto e allo stesso tempo più piccolo, proprio per la facilità di raggiungere chiunque in qualsiasi luogo. Un’opportunità, certo, ma anche un rischio, legato ai costi dell’industria dell’audiovisivo e alle conseguenze ancora incerte di una delle maggiori crisi finanziarie ed economiche degli ultimi tempi. E qui si inserisce l’elemento economico, con i broadcaster e i produttori di contenuti video per il cinema o la televisione, che cominciano a chiedersi quali possano essere i mezzi più idonei per fronteggiare tale congiuntura internazionale. Focus del workshop sono stati i modelli di finanziamento dell’industria cinematografica e televisiva, a partire da una pratica da molti definita sbagliata, ma da tanti altri vista come panacea dei mali che affliggono il sistema: il Product placement (PP). Nell’ultimo film di David Frankel “Il diavolo veste Prada“, una straordinaria Meryl Streep ci mostrava il lato oscuro della moda, richiamando la figura del ‘diavolo’ come anima del brand e fascino segreto e irresistibile di un capo d’abbigliamento firmato. Il titolo dell’incontro vuole provocatoriamente invitare a riflettere se veramente il Product placement sia così sbagliato e pericoloso, o se invece esso non rappresenti un’opportunità per il mercato europeo e nella fattispecie italiano nella dura competizione dei mercati globali. Inserire il brand di uno specifico prodotto all’interno dei contenuti audiovisivi è una pratica da anni consolidata sia nel mercato statunitense che in parte europeo.
Grazie alla nuova direttiva europea, sui “Servizi di Media Audiovisivi“, su tutte le piattaforme è ora possibile trasmettere un contenuto ‘tv-like’ con reclame all’interno, senza più divieti, superati da numerose deroghe per programmi specifici come film, serie tv, programmi sportivi e di intrattenimento leggero. Anche l’Europa vede il Product placement come una realtà di mercato, al pari di quello americano o di altri Paesi a livello globale. A fine agosto il nuovo governo ha approvato il testo europeo della direttiva in consiglio dei ministri, annunciando la volontà di recepire il testo per intero con le deroghe che ammettono il Product placement. Tali procedure di adozione possono durare al massimo due anni, per cui entro fine 2009 tutti gli stati membri dell’Unione dovranno esser pronti. Ora però, dopo le questioni tecniche e burocratiche, è tempo di confronti e di riflessioni, tra i differenti approcci dei fautori della reclame libera e quelli che ancora ne riconoscono gli effetti negativi sull’audience. C’è quindi da chiedersi quale sarà il peso della nuova comunicazione pubblicitaria nell’industria audiovisiva, che riflesso avrà sul mercato della raccolta pubblicitaria e soprattutto come si potrà legare il marchio da pubblicizzare al contenuto audiovisivo.
Su questi temi si sono confrontati gli ospiti del workshop europeo di cui è stato moderatore
Il primo a prendere parola è Giacomo Mazzone, Segretario Generale di Eurovisioni, che rivendica il ruolo del Festival come aggregatore di soggettività forti del mercato, di produttori e attori del sistema che vogliono crescere e far crescere l’industria dell’audiovisivo: “Eurovisioni è un patrimonio della città di Roma, un palcoscenico internazionale senza eguali. L’Italia deve recuperare lo svantaggio accumulato negli anni nel settore del digitale e delle multi-piattaforme. È possibile tornare a crescere, ma a patto di uno sforzo congiunto di tutti nella ricerca di nuovi modelli di sviluppo. Parliamo di Product placement, di Ultra High Definition Television, all’interno di un sistema europeo di aiuti all’audiovisivo che si rivolgono anche ai Paesi del Mediterraneo.
In rappresentanza dell’Associazione delle Concessionarie di pubblicità di radio e tv d’Europa, EGTA, è intervenuto Paolo Lutteri, sicuramente a favore della Direttiva europea e della sua approvazione da parte del governo italiano: “… Nella stesura della Direttiva abbiamo avuto di certo un ruolo importante, perché con tutti i nostri associati nel settore radio e televisione a livello europeo, siamo riusciti a far comprendere quanto la pubblicità e il mercato ad essa legato hanno bisogno di una comunicazione più ricca e diversificata nel comparto dell’audiovisivo. La comunicazione pubblicitaria cerca un posizionamento più originale per meglio rapportarsi con l’industria e con i broadcaster, sia pubblici che privati“. Sempre per l’EGTA, Laura Sboarina ritorna sugli argomenti offerti dal Vice Presidente approfondendone alcuni punti: “… Sono 105 gli associati a EGTA, con i quali abbiamo supportato
Dalla parte europea del workshop intervengono alcuni importanti operatori audiovisivi come l’austriaca ORF,
Scopo della Direttiva, spiega Giacomo Mazzone in veste di Direttore dell’UER: “… È cercare di avvicinare il mercato europeo a quello statunitense, dotandolo degli stessi strumenti finanziari in termini di raccolta pubblicitaria. Attraverso una regolamentazione similare, non omogenea per tutti i Paesi partner dell’UE, ma da affrontare con una serie di interventi armonizzatori. Le domande da farsi sono legate ad un’eventuale pressione sugli editori, o al tipo di redistribuzione che ci sarà tra broadcasters e reti televisive locali. Obiettivo finale della Direttiva, a riguardo, è quello di creare un mercato unico in cui si vengono ad incontrare le differenze culturali, territoriali e politiche di ogni singolo Paese dell’Unione“.Un confronto che, anche per Gabriella Cims di CimsComunicazioni, deve arrivare il prima possibile. Nel presentare le anticipazioni dello studio sul “Ruolo del Product placement in Europa“, Cims evidenzia che: “…Il Product placement deve rappresentare un’integrazione di prodotto avanzata nell’audiovisivo, sia in termini di realizzazione grafica, sia di valorizzazione ulteriore del filmato. Gli investimenti attuali, fino al 2006, presentano movimenti per 7 miliardi di dollari che per il 2010 si stimano raddoppiati. Il tasso di crescita del PP nella televisione è stato del 48%, sicuramente superiore al cinema,che dal 2003 è indietro nella classifica. I primi cinque Paesi sono USA, Brasile, Australia, Messico e India“.
Nella seconda parte del workshop si sono affrontati gli aspetti prettamente regolatori del Product placement. La tavola rotonda che ne è seguita, infatti, dal titolo “Brand e Contenuto. Dalle nuove regole, quali opportunità per l’industria nazionale dell’audiovisivo?“, ha dedicato un ampio spazio alle Autorità, alle istituzioni, alle imprese, ai broadcaster del servizio, consentendo un dibattito vivace e orientato ad un confronto propositivo sulla questione in oggetto. Tornando sull’argomento, Stefano Mannoni dell’AGCOM, evidenzia quanto importante sia studiare e sostanziare l’introduzione di una norma, perché questo comporta sempre problemi nuovi su cui confrontarsi: “… Il livello di Product placement presente nelle trasmissioni televisive americane è il più alto del mondo. Non credo che l’Europa voglia eguagliare questo primato. L’operazione del regolatore, almeno qui in Italia, è di recepire
Per Piero De Chiara di Telecom Italia Media non bisogna dare giudizi affrettati e soprattutto non bisogna farsi illusioni: ” …Il Product placement è uno strumento straordinario, basta guardare ad altri mercati dove se ne fa uso da anni. Qui da noi, ad esempio nel cinema, i contributi che se ne sono ricavati si aggirano intorno ai 40 milioni di euro di ricavi aggiuntivi. Non molto in realtà, ma è un punto di partenza incoraggiante. Quindi, possiamo dire che il Product placement come nuova forma di comunicazione pubblicitaria è sicuramente da considerarsi nell’insieme positivo, magari in prospettiva di un suo maggiore utilizzo nel campo televisivo afflitto da pesanti perdite strutturali“.
Un settore, questo della televisione, che per l’Italia rimane un fiore all’occhiello secondo il Sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani: “… All’avanguardia nel mondo, tanto da farci seriamente pensare ad un’anticipazione dello switch off analogico al 2010. La pubblicità ha perso la sua tradizionale maschera demoniaca per mostrarsi invece per quello che è: una fondamentale fonte di finanziamento. L’importante è che essa sia regolata e che vengano tutelati i diritti dei più deboli, soprattutto dei minori che rappresentano la fascia di pubblico ad oggi più esposta. Un tavolo di condivisione di queste regole può permetterci di giungere a dei risultati molto positivi“. Stesse conclusioni quelle di Gina Nieri di Mediaset: “… L’afflusso di capitali privati al mercato televisivo può garantire una leva importante in termini di competitività. Un tavolo di coordinamento collettivo potrà facilitare l’inserimento del Product placement sul nostro mercato, anche pensando di allargare al sua adozione su alle altre piattaforme. Una pubblicità disciplinata ed estesa a tutti i media può garantire un affollamento pubblicitario al 20%“. Per il ruolo di produttore, afferma Federico Scardamaglia, è molto importante avere a disposizione, come strumento finanziario, il Product placement: “… Perché garantisce maggiori disponibilità di soldi e permetterà di presentare al broadcaster un prodotto più forte. Il Product placement garantirà al settore audiovisivo italiano ed europeo un nuovo impulso e una nuova opportunità di crescita sui mercati mondiali“.
Di grande opportunità in termini di ricadute turistiche parla anche Francesco Gesualdi, Segretario Generale della Regione Lazio: “… A Roma sono stati prodotti il 75% delle fiction dell’intero mercato italiano. Questo vuol dire che il nostro territorio ha certamente guadagnato in visibilità e in ricadute economiche, dal settore turistico a quello industriale. Questo significa che l’audiovisivo è divenuto un asset importante anche per il programma politico-economico regionale e istituzionale. Da un punto di vista normativo molti sono stati gli aiuti al mondo del cinema e della televisione, ne è testimonianza la nostra presenza in tutti i festival regionali. Un audiovisivo forte garantisce effetti positivi su tutta la filiera“. Anche il giudizio di Paolo Dalla Chiara, Presidente di Sat Expo, insiste sulla bontà della Direttiva europea, ponendola in relazione al ruolo del satellite: “… Il satellite è un canale di distribuzione di tematicità ampie e il Product placement è sicuramente adattabile alle aggregazioni per cluster offerte dalla piattaforma. Ci sono dei canali che già fanno Product placement perché hanno origine dai grandi brand di settore. Pensiamo ai canali per la pesca, per lo sport, per la nautica e tanti altri ovviamente. Il potenziale di trasmissione del satellite è in crescita e a livello regolatorio ha bisogno di maggiore sostegno e di nuove partnership industriali dagli effetti transfrontalieri“.
A conclusione della tavola rotonda e del workshop
Direttiva sui Servizi di Media Audiovisivi
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