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Destinando parte del dividendo digitale ai servizi a banda larga mobile, “la Francia si è ben posizionata per migliorare la propria competitività economica e chiudere il divario digitale tra coloro che hanno accesso alla banda larga e quelli ne sono ancora esclusi”.
Lo ha dichiarato Tom Phillips, Chief Government & Regulatory Affairs Officer della GSMA, associazione che riunisce gli operatori mobili di tutto il mondo.
Il “Piano Digitale” varato dal governo Sarkozy è dunque, secondo la GSMA, un modello da imitare “al più presto possibile”, poiché con l’assegnazione ai servizi mobili a banda larga di 72Mhz dello spettro liberato dal passaggio alla televisione digitale si potranno “raggiungere le comunità rurali e tutte quelle aree che non possono essere servite da reti a banda larga fisse”.
La decisione del governo francese, incoraggerà inoltre – secondo l’associazione – lo sviluppo di telefonini e stazioni base adatte a questa banda di frequenze, che la Conferenza mondiale delle radiocomunicazioni ha destinato alla fornitura di servizi mobili a banda larga in Europa, Medio Oriente e in Asia.
Seguire il modello francese armonizzando l’assegnazione dello spettro, conclude quindi Phillips, servirà a “fornire ai produttori di dispositivi mobili le economie di scala necessarie per ridurre il prezzo dei dispositivi mobili e permetterà di continuare ad utilizzare i cellulari anche quando si viaggia all’estero”.
La posizione degli operatori mobili trova il suo primo oppositore nel presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, secondo cui le frequenze che si libereranno col passaggio al digitale dovrebbero essere lasciate agli operatori televisivi “per non depauperare i broadcaster di questa rinnovata ricchezza fondamentale, sia per creare spazio a nuovi operatori tv sia per l’offerta di televisione in alta definizione sia per moltiplicare le offerte di tv anche a pagamento”.
Anche ai fini del pluralismo, il paragone con la Francia, secondo Confalonieri, è “assolutamente mal posto”, poiché “non esiste un altro Paese al mondo che abbia una densità tanto elevata di emittenti locali, che sono oltre 500”.
Confalonieri entra poi anche nel merito della costruzione della rete di nuova generazione e degli impegni presentati da Telecom Italia in favore di una maggiore apertura della rete di accesso.
Gli impegni, secondo il presidente Mediaset, “non sono sufficienti a garantire a tutti gli operatori una sostanziale parità di accesso alla rete, a condizioni trasparenti e non discriminatorie. Requisito questo necessario ad una reale concorrenza sulla rete fissa, che è una sola ed è di Telecom Italia”.
Pur sottolineando che non spetta a Mediaset indicare quale strada seguire per favorire la concorrenza e l’apertura della rete, Confalonieri esprime un giudizio positivo su quanto realizzato in Gran Bretagna con OpenReach: “una separazione gestionale affidata a una struttura indipendente ci sembra in grado di garantire maggiormente la trasparenza e l’apertura della rete a terzi”, ha spiegato auspicando che anche in Italia si proceda a una distinzione chiara tra “le attività più squisitamente commerciali di Telecom e quelle afferenti al servizio universale e agli obblighi di accesso garantiti a terzi in forza della disciplina dell’operatore dominante”.
L’obiettivo di Mediaset, che non ha intenzione di entrare direttamente nel mondo delle telecomunicazioni, ma piuttosto ha interesse a “presidiare da vicino il web” per “mantenere la leadership nel mondo dei contenuti tv” e contrastare l’espansione di “giganti internet come Google e YouTube”, è piuttosto quello di vedersi assicurare “l’accesso anche alle reti capaci di portare l’IPTV a condizioni di listino non discriminatorie con gli altri operatori e con Telecom stessa”.
L’IPTV, nella visione di Confalonieri, non deve essere considerata un’alternativa “sostitutiva” alla Tv tradizionale, quanto una sua “integrazione”.
Essere presenti su internet, ha aggiunto, rappresenta “un’opportunità per generare valore, monetizzando i contenuti video estedendone la finestra temporale di accesso anche dopo la trasmissione in broadcast”.
Anche Confindustria, intanto, ha ribadito il proprio “impegno a operare per un grande Progetto Paese diretto a favorire lo sviluppo della banda larga e dei sistemi di comunicazione e la diffusione di servizi avanzati su tutto il territorio nazionale”.
Secondo il parere dell’associazione degli industriali, “gli interventi dovranno creare un ambiente favorevole per i nuovi investimenti infrastrutturali e sostenere l’utilizzo delle nuove opportunità offerte dalle nuove tecnologie da parte di imprese, famiglie e Pubblica Amministrazione, contribuendo alla crescita complessiva del Paese”.
Nel dibattito sulla realizzazione delle NGN, riconosciute da tutte le parti in causa come un elemento fondamentale per lo sviluppo e la competitività del paese, si inserisce anche la posizione dell’AIIP, l’associazione italiana degli internet provider.
Secondo AIIP, la nuova rete dovrebbe essere realizzata completamente in fibra ottica, per diversi motivi: innanzitutto, perché si eviterebbero “ulteriori inutili sprechi di energia elettrica e di capitali” dal momento che soluzioni ibride come il VDSL2 “comporterebbero consumi energetici maggiori di circa 800 milioni di kw/h l’anno”.
Auspicando una rapida soluzione al problema della separazione della rete Telecom attraverso la costituzione di una nuova società – “una utility di internet che porti la fibra ottica a tutti i cittadini italiani” – AIIP sottolinea infine la necessità, per favorire gli investimenti, di stabilire prezzi all’ingrosso tali “da garantire un ritorno del capitale interessante, anche sino al 15%”.
La nuova società a cui sarà affidata la gestione della rete, conclude AIIP, dovrebbe essere “governata ed indirizzata nelle scelte strategiche dallo Stato Italiano”.
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