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In concomitanza con l’apertura ufficiale della Festival internazionale del Film di Roma e nell’imminenza degli Stati Generali del Cinema, è stata resa pubblica una interessante Ricerca realizzata da un gruppo di lavoro della Facoltà di Economia dell’Università di Roma (al suo interno esperti ed economisti del calibro di Attilio Celant e Pietro Antonio Valentino) per conto della CNA Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa.
Lo studio che poggia le proprie analisi ed elaborazioni su fonti primarie affidabili, autorevoli ed aggiornate ovvero l’Agenzia delle entrate e la Camera di Commercio di Roma (che ha anche fornito un contributo all’iniziativa) è stata presentata il 20 ottobre presso la casa del Cinema di Roma.
“Le botteghe che creano i sogni“, questo l’efficace titolo della corposa indagine durata un anno circa e che ha tracciato una attenta ricognizione del tessuto imprenditoriale operante all’interno della filiera cinematografica romana (e non solo), evidenziando le forti potenzialità di crescita di un comparto da sempre considerato volano di sviluppo e di promozione del territorio anche in chiave di maggiore competitività internazionale.
Il sottotitolo del lavoro – ricerca sull’economia della cultura, del cinema, della televisione, dello spettacolo e dell’intrattenimento – dimostra che gli autori hanno voluto definire un perimetro molto esteso di attività al punto tale da utilizzare la definizione di macro-filiera dell’audiovisivo.
L’analisi è stata strutturata in 3 distinte fasi:
* ricostruzione analitica della macro-filiera audiovisiva sulla base di recenti studi di settore condotti nel 2005 dall’Agenzia delle entrate. L’analisi parte dalla constatazione che “l’industria audiovisiva si può sviluppare soltanto in aree territoriali dove il tessuto locale consenta l’impiego di risorse umane qualificate ed una integrazione virtuosa fra saperi di natura diversa”, autoalimentando un processo permanente di contaminazione tra il campo tecnologico-scientifico, il mondo della comunicazione e l’ambito delle arti grafiche e visive.
Lo studio ci informa che all’interno di questa macro-filiera operano 4.700 imprese, per un totale di 25.000 occupati in grado di generare un fatturato pari a circa 7 miliardi di euro.
Nella Provincia di Roma, il mercato è composto da 1500 imprese operante nella fase a monte della filiera cinematografica (31% del totale nazionale), concentrate nei comparti della produzione (35%) e della distribuzione cinematografica (40%), cui vanno aggiunti i settori della replicazione e duplicazione. Sempre a Roma si registra il 50% degli addetti complessivamente operanti nella filiera sul territorio nazionale, un “valore occupazionale triplo rispetto a Milano e 6 volte superiore rispetto a Torino”.
* analisi delle dimensioni economiche delle imprese dei professionisti della filiera, da cui emergono complessità, importanza e differenziazione dei comparti esaminati, cin un ruolo centrale ricoperto dalla produzione e distribuzione audiovisiva (32% dell’universo delle imprese e il 94% del peso occupazionale nel solo comune romano). Sotto il profilo dimensionale sono ovviamente le emittenti televisive a mostrare maggiore sviluppo e propensione ad operare a livello nazionale ed internazionale. Accanto ad esse una “miriade di piccoli e medi fornitori e sub-fornitori, singoli professionisti e lavoratori autonomi, secondo logiche proprie del distretto industriale”. La peculiare articolazione delle filiera si riflette sul differente grado di specializzazione in termini di attività svolte e di ricavi prodotti ma anche sulle diverse tipologie di clienti.
* studio delle dinamiche territoriali che legano il sistema produttivo cinematografico, audiovisivo e dello spettacolo all’area metropolitana romana con una inedita elaborazione di “carte tematiche” costruite in base a dati forniti dalla Camera di Commercio di Roma. Oltre ad enfatizzare il ruolo egemone di Roma, questo strumento di georeferenziazione dei dati consente di ottenere un interessante dettaglio delle singole aree (una metodologia analoga è applicata anche dalla Siae nel suo monitoraggio annuale sull’economia dello spettacolo a Roma). Si scopre in particolare che nell’ultimo decennio, la crescita delle imprese e degli addetti in tutti i comparti considerati, si riflette sullo spazio urbano consentendo l’individuazione di “aree di localizzazione privilegiate” dall’evoluzione stessa della filiera. Per quanto riguarda, ad esempio, il cinema, accanto alla tradizionale area di Cinecittà, si registra una netta affermazione dell’area di Prati e delle zone limitrofe (Foro Italico, Flaminio, e centro storico), ma anche del polo di Saxa Rubra.
Dalle ricerca emergono alcune criticità ed opportunità.
Le prime sono legate principalmente al debole livello di associazionismo (sul quale tuttavia ci permettiamo di dissentire, anche alla luce del positivo riavvicinamento delle Associazioni più rappresentative ovvero Anica e Api) che – secondo gli autori – non favorisce il necessario dialogo con le istituzioni e che è dovuto all’eccessiva frammentazione dimensionale.
Tale debolezza sarebbe poi alla base dei ritardi che l’intera filiera sconta nella veicolazione di iniziative e prodotti in grado di rafforzare l’identità nazionale.
Sul lato delle opportunità lo studio pone in evidenza la “soluzione distrettuale”, quale scelta strategica in un contesto territoriale dove, per la verità, già esistono realtà “storiche” come il distretto dell’Audiovisivo e dell’Itc, o ancora il Tecnopolo nell’area della Tiburtina o il recente progetto di Città dell’Animazione nella zona di Castel Romano.
Si consideri a questo proposito che la filiera produttiva dell’audiovisivo (ma anche il distretto tecnologico culturale) rappresenta una delle 5 aree strategiche (insieme ai settori della ceramica, della carta, della nautica, innovazione e meccanica) sulle quali la Regione Lazio ha puntato in maniera decisa anche all’interno della programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013 (dotazione complessiva che supera i 300 milioni di euro), destinando al comparto quasi 20 milioni di euro, cui si aggiungono le risorse per lo sviluppo dei distretti tecnologici per la cultura (21 milioni di euro) e dell’ITC e multimediale (33 milioni di euro).
La ricetta/proposta finale del gruppo di ricerca non brilla dunque in quanto ad originalità, auspicando “l’istituzione di un distretto del cinema dello spettacolo e della cultura che leghi il territorio romano al patrimonio culturale tradizionalmente ereditato e alle professionalità presenti, un distretto in grado di interagire con quello dell’Audiovisivo (troppo orientato sul versante tecnologico e poco su quello creativo).
Una fotografia utile dello stato di salute delle imprese del territorio romano che dimostra ancora una volta la presenza di un “patrimonio economico e culturale in grado di assicurare ricchezza ed occupazione all’economia della città”, nonostante le insidie legate alla globalizzazione dei mercati (leggi concorrenza a costi più bassi dei Paesi Europa centro-orientale o del bacino del mediterraneo per quanto riguarda l’attrazione di produzione estere), alle mutate dinamiche interne ed esterne, le prime legate ai processi di digitalizzazione delle modalità produttive e distributive, le seconde associate ad una domanda in forte e continua evoluzione.
Il sistema delle piccole e medie imprese può vincere questa sfida rafforzando il modello a rete, “agendo in stratte relazione con le aziende leader, ma anche in loro concorrenza” e puntando sul giusto mix di risorse da destinare all’attrazione del capitale creativo e agli investimenti tecnologici.
Devono però fare i conti con l’attuale preoccupante tendenza a ridurre drasticamente le risorse pubbliche a sostegno del settore, fenomeno solo in parte attenuato dall’introduzione di un ben congegnato sistema di incentivi fiscali a partire dal 2009.
Consulta il profilo Who is Who Bruno Zambardino
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