Italia
La dipendenza da internet è un problema altamente diffuso. Forse anche troppo. Nel giro di pochi anni sono aumentati i casi e le segnalazioni di giovani che presentano difficoltà proprio per via del lungo tempo che trascorrono davanti al pc. I primi Paesi a parlare di emergenza sono stati quelli dove le connessioni alla rete sono le più diffuse, ma adesso anche altre realtà devono cominciare a fare i conti con questo fenomeno.
In Italia, Giuseppe Lavenia, responsabile Area Nuove dipendenze del Centro studi e ricerche ‘Nostos’ (Visita il sito), da anni insieme alla sua equipe si occupa dello studio delle nuove patologie legate all’utilizzo scorretto della rete.
Lavenia ha parlato dei tanti casi di net-dipendenza, sempre più diffusa tra adolescenti e non, con cui si è ritrovato a fare i conti
Chi soffre di questi problemi, si trova a rimanere solo, isolato dagli amici. Come è accaduto a Marco, 22 anni, che è arrivato a trascorrere sul web 36 ore senza mai staccare la spina. Risucchiato dalla rete, ossessionato dai download. Un suo coetaneo, dopo 48 ore attaccato al computer per un gioco di ruolo, ha iniziato a delirare e ad avere allucinazioni tanto da essere sottoposto a un intervento farmacologico.
Per Lavenia ben il 6% della web community, che conta circa 23 milioni di persone, ne è dipendente.
Patologie diverse perché, con la diffusione di nuove chance e opportunità attraverso le nuove tecnologie, anche i pericoli che vengono dal mondo virtuale si sono differenziati e sono aumentati: dal gioco d’azzardo, alle aste, al trading online e, ancora, lo shopping, i giochi di ruolo, il cybersex.
“…Si tratta di una vera e propria tossicodipendenza – ha spiegato Lavenia alla stampa – e come tutte le tossicodipendenze c’è negazione, inconsapevolezza”. Sono soprattutto i genitori a rivolgersi agli specialisti, preoccupati dall’impatto sociale che il computer ha sui loro figli, la cui vita virtuale ha ormai divorato quella reale.
Sono una settantina i ragazzi, di ogni parte d’Italia, che si sono rivolti al Centro ‘Nostos’ per uscire dal vortice di internet ma il fenomeno è in crescita, ha sottolineato Lavenia, e complicato trovare chi offre informazioni e cure adeguate. E’ per questo che Lavenia e la sua equipe da tempo lavorano alla creazione di una Clinica sulle net-dipendenze, luogo di prevenzione, studio e cura delle situazioni di net addiction.
“…Abbiamo già scelto la sede, nelle Marche – ha informato – e preso contatti con una fondazione in particolare, che si è mostrata molto interessata. Speriamo di poter arrivare all’apertura della clinica entro la fine del prossimo anno”.
Ma Lavenia non intende fermarsi solo all’apertura della struttura, l’obiettivo è molto più ambizioso: si intende arrivare a far sì che la cura di questa dipendenza sia riconosciuta come gratuita dal servizio sanitario.
“…Ancora non c’è abbastanza consapevolezza dei rischi che vengono da un uso sbagliato della rete“, ha aggiunto Lavenia che racconta di un suo paziente, di 16 anni, dipendente dal mondo virtuale di Second Life: “…aveva creato 10-12 personaggi, dalle più diverse personalità. Mi disse: ‘Non so più’ se sono una donna o un uomo quando parlo nella vita di tutti i giorni'”.
Un processo di spersonalizzazione in cui rischia di cadere non solo chi ha problemi o patologie pregresse.
“…Può capitare a chiunque – ha detto lo psicologo – c’è chi usa internet come valvola di sfogo dalle tensioni, chi come rifugio per le sue difficoltà a relazionarsi”.
“…Abbiamo condotto una ricerca su un campione di adolescenti abituali utilizzatori di internet, ben il 70% degli intervistati ha affermato di aver avuto in rete la prima esperienza sessuale”.
Il percorso per uscire dalla dipendenza è diverso a seconda dei casi, ma generalizzando, dura circa un anno. Non viene coinvolto solo chi va curato ma anche i famigliari e la remissione è buona, ha affermato Lavenia.
Al di là dei casi di vera e propria net-dipendenza, che la realtà virtuale tende ad irrompere prepotentemente in quella reale lo dimostra anche l’influenza del vocabolario informatico e telematico sul parlare quotidiano. Una ricerca nazionale sull’impatto dell’uso di internet sul linguaggio degli adolescenti, coordinata dallo stesso Lavenia, e condotta su un campione di 500 giovani tra i 14 e i 18 anni, di cui 358 ragazzi e 142 ragazze, dimostra che termini come ‘scrollare’ (usato dal 51% degli intervistati), ‘hacker’ (67%), ‘nickname’ (93%), ‘cliccare’ (96,5%), ‘crakkare’ (55%), ‘zippare’ (73%) sono ormai di uso comune anche nelle conversazioni off-line dei cybernauti.
I dati dicono che su 25 termini del linguaggio informatico e telematico ben 12 sono utilizzati nel parlare quotidiano da oltre il 50% degli intervistati. E sebbene non abusati sono molto utilizzati nelle conversazioni comuni anche vocaboli come ‘smanettare’ (36,5%), ‘spam’ (30,5%), ‘loggarsi’ 28,5%), ‘bannato’ (27%). Non sempre chi usa questi termini ne conosce davvero il significato. Capita infatti che parole vengano usate con significati sbagliati o non del tutto corretti.
Secondo la ricerca più il soggetto, è coinvolto in internet e più tende ad usare i termini dell’internettese nelle conversazioni comuni off-line. La net-dipendenza cioè, come la tossicodipendenza, imporrebbe l’acquisizione e lo sviluppo di un linguaggio gergale specifico. Secondo l’indagine c’è infatti una correlazione tra l’uso del linguaggio telematico e il rischio di dipendenza. Lo stesso campione di ragazzi su cui è stata condotta la ricerca sul linguaggio è stato sottoposto a una seconda indagine per verificare il grado di ‘intossicazione’ nei confronti della rete.
L’1% dei ragazzi intervistati è stato classificato come ‘utente dipendente’ e sono quelli che conoscevano in dettaglio tutti i termini informatici e li usavano anche nelle conversazioni off-line. Il 16% è risultato ‘abusatore’ (e aveva una buona conoscenza dei termini di internet e li usava discretamente anche nel parlare quotidiano), il 28% è risultato ‘a rischio’ (aveva sufficiente conoscenza della terminologia e assiduo uso), il 42% è risultato ‘problematico’ evidenziando cioè i primi problemi legati alla rete (aveva discreta conoscenza dei termini ma scarso uso), il 13% e’ risultato ‘regolare’ (mediocre conoscenza del vocabolario e uso assiduo nelle conversazioni off-line). (r.n.)