Commercio hi-tech: la Ue propone modifica dell’ITA per sanare la controversia con Usa e Giappone

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


Hi Tech

La Commissione europea ha presentato ieri all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) la propria proposta per aggiornare e ampliare l’accordo sulle tecnologie dell’informazione (ITA), firmato nel 1996 con l’obiettivo di espandere il commercio di prodotti hi-tech eliminando i dazi su una gamma condivisa di prodotti.

 

La proposta, che arriva in risposta alla disputa tra Ue, Usa e Giappone sull’interpretazione delle norme inserite nel 1996, tiene conto di alcuni prodotti hi-tech – in particolare, gli schermi piatti dei computer, i decoder con accesso a internet e le stampanti digitali multifunzioni – che si sono imposti sul mercato consumer nel corso di questi anni.

 

Secondo Usa e Giappone – che lo scorso maggio hanno depositato un reclamo formale contro le tariffe doganali Ue, che arrivano fino al 14% – questi prodotti dovrebbero essere esenti da imposte, ma la Commissione ha spiegato che l’accordo prevede la rimozione dei dazi sugli schermi dei pc, ma non è ugualmente previsto un simile provvedimento per quelli dei televisori.

Alla stessa stregua, sempre secondo Bruxelles, i decoder per la Tv che sono dotati di hardware, ma non d’accesso a internet, devono essere classificati tra i registratori e non rientrano quindi tra quelli regolamentati dall’intesa.

 

A parere della Ue, insomma, l’innovazione tecnologica ha modificato le funzioni di diversi dispositivi che adesso difficilmente possono rientrare nelle vecchie categorie definite dall’accordo.

Per il commissario Ue al commercio Peter Mandelson, “L’ITA rimane una pietra miliare per l’eliminazione dei diritti di dogana. Ma esso rischia di non essere al passo con dodici anni di sviluppo tecnologico”.

“Abbiamo bisogno – ha quindi aggiunto – di un nuovo accordo adeguato al 21° secolo e di cui continueranno a beneficiare i consumatori e imprese”.

 

La Commissione europea sostiene da tempo che l’accordo andrebbe aggiornato: così com’è, infatti, non riesce a risolvere questioni come l’eliminazione delle barriere non tariffarie, l’evoluzione tecnologica e la convergenza, l’estensione della partecipazione all’accordo anche dei maggiori paesi produttori di tecnologie IT.

 

Per questo, la proposta presentata ieri dalla Ue intende ugualmente trovare delle soluzioni ai problemi legati alla barriere non tariffarie applicate “oltrefrontiera”, così come ai problemi causati dal mancato funzionamento di alcuni meccanismi previsti dall’accordo.

 

L’ITA, negoziato e firmato nel 1996, è stato inizialmente sottoscritto da 14 firmatari, rappresentanti  di oltre il 90% del commercio mondiale di prodotti IT. Si è quindi giunti successivamente a un totale di 43 firmatari, in rappresentanza di 70 paesi o territori doganali a sé stanti e di oltre il 97% del commercio mondiale di IT.

 

In questi ultimi 12 anni, il commercio di prodotti IT ha conosciuto uno sviluppo senza precedenti: a livello mondiale, l’esportazione di prodotti IT vale circa 1.500 miliardi di dollari, pari a un quinto del totale delle esportazioni mondiali di prodotti manifatturieri, rispetto ai 600 milioni di dollari del 1996.

 

La Ue sta dunque cercando di accelerare i tempi di rinegoziazione dell’accordo, in modo da giungere a una nuova intesa entro pochi mesi e fornire nuovo impulso alle vendite di prodotti hi-tech, allo sviluppo tecnologico e alla convergenza.

Modifiche all’ITA – sostiene però la Ue – possono essere attuate soltanto con l’ampio consenso dei partecipanti all’accordo, come previsto dalla stessa convenzione, e non a seguito di controversie da parte di alcuni membri.

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