Digitale terrestre dalla parte del consumatore. Convegno Adiconsum per riflettere su rischi e vantaggi di un passaggio storico  

di Flavio Fabbri |

Italia


Mercato televisivo

La televisione analogica sta scivolando verso il tanto atteso switch-off del 2012 ma intanto la Sardegna , tra non più di un mese, diventerà la prima regione all digital italiana ed europea. Un ottobre di grande attesa, non solo per gli operatori e i broadcaster, ma anche per i consumatori, messi alla prova da un panorama in piena rivoluzione tecnologica. Il convegno “Dalla tv analogica alla tv digitale“, organizzato da Adiconsum al Monte dei Paschi di Siena di Roma l’11 settembre scorso, ha avuto come centro di dibattito proprio l’analisi dei vantaggi e dei rischi legati alla svolta digitale per i consumatori e le famiglie italiane. Perché si tratta di una transizione che interesserà tutti, nessuno escluso, e se molti saranno i vantaggi, altrettanto serie si presentano le difficoltà.

 

Adiconsum, da sempre a difesa dei diritti dei consumatori, vuole seguire da vicino questo grande cambiamento dai connotati non solo tecnologici ma soprattutto sociali e culturali, dando vita a un dibattito aperto davvero a tutti, in cui avanzare proposte concrete alle istituzioni e ai player del mercato, affinché la transizione avvenga nel migliore dei contesti possibili. Come sottolinea in apertura dei lavori Paolo Landi, Segretario generale Adiconsum , l’obiettivo che ci si deve porre in sede di dibattito è determinare con cura i possibili problemi e trovare le soluzioni adeguate. La Sardegna è un banco di prova da non sottovalutare, perché nonostante gli sforzi degli ultimi mesi molte rimangono le problematiche irrisolte sul tavolo: “… Oltre alle esigenze di calendario, prettamente economiche, dobbiamo sollevare quelle altrettanto importanti di carattere sociale, perché per ogni famiglia si prevedono dei costi da sostenere non solamente riducibili al decoder televisivo“. Giustamente, viene sottolineato anche l’aspetto territoriale del processo di transizione al digitale. Nelle aree metropolitane o nelle città stesse, si riscontrano problemi di impiantistica che non sono stati ancora adeguatamente affrontati, come nel caso dei condomini e delle relative strutture di ricezione, che ovviamente presentano dei costi ulteriori.

 

Ci saranno degli aiuti da parte delle istituzioni? La domanda è rivolta a una platea che ha visto partecipare operatori del settore e rappresentanti del governo, mirata a sollecitare una maggiore attenzione verso le fasce più deboli del Paese, verso tutti coloro che rischiano di rimanere altrimenti esclusi dal grande cambiamento che si prospetta in un lasso di tempo relativamente breve: “…Quale sarà l’atteggiamento di queste fasce di popolazione ‘a rischio’ verso il nuovo mezzo? Penso agli anziani, a tutti coloro che vivono i grandi cambiamenti da spettatori perché vittime di un gap culturale dannosissimo, da evitare in ogni modo. Penso alle speculazioni possibili sui prezzi, che bisogna fin da subito prevenire con una maggiore vigilanza, anche nostra, sul processo di transizione in atto e soprattutto all’indomani della data prevista. Tanti  altri interrogativi vogliamo porre sul tavolo – continua Landi – in relazione alle diverse piattaforme digitali, al ruolo che ognuna di queste potrà avere in futuro e alla questione del canone Rai, non più rinviabile“.

 

Quale canone per quale servizio? La domanda è più che legittima, visto che il servizio pubblico dovrà anch’esso affrontare il cambiamento: la natura della tassa/canone sul televisore come mezzo di comunicazione tradizionale apre necessariamente un dibattito che non si può più rimandare. “…La cosa più importante, a nostro avviso– conclude il segretario di Adiconsum- è la tutela del consumatore, ora più che mai in una posizione di vulnerabilità nei confronti della transizione al digitale, che richiede una presenza forte delle associazioni di categoria, a cui è chiesta la massima vigilanza“. Ad ampliare la discussione verso tematiche più tecnologiche e relative ricadute economiche e sociali ci pensa Mauro Vergari, responsabile Nuove tecnologie Adiconsum e moderatore del primo round di interventi. Quando si parla di digitale si deve pensare ad un impianto multipiattaforma, perché è nella natura della tecnologia digitale la multi-modalità nella trasmissione dei dati. Su questo insistono sia Tommaso Tessarolo, Current Tv, che Augusto Preta di ITMedia Consulting.

Il primo, direttore di Current Italia, spiega che le possibilità offerte dal digitale sono enormi, come anche i ritorni in termini di moltiplicazione di contenuti e di canali, sia nel caso delle Net-tv come Current Italia, sia nel caso della piattaforma digitale terrestre. Il secondo, direttore di ITMedia Consulting, mostra come il digitale terrestre abbia negli ultimi tempi presentato una crescita molto consistente e, come sostiene anche Tessaroli, dalle potenzialità ancora non del tutto sfruttate. Molto si può ancora fare ampliando le trasmissioni in chiaro e cercando di limitare il dilagare dei contenuti a pagamento. Questo è un punto importante in termini di democraticizzazione del mezzo, in un momento in cui il processo di transizione al digitale si sta presentando nella forma della sostituzione, mantenendo invariate le modalità di fruizione del mezzo televisivo.

C’è, infatti, da considerare che lo switch off potrebbe inizialmente inibire il consumatore, perché per ogni tv ci dovrà essere un decoder e questo ha un costo. Ne consegue che i secondi o terzi televisori potrebbero non essere più utilizzati.

Nel Regno Unito, ad esempio, ci sono 60 milioni di televisori, di cui 35 secondari. Anche qui il processo è di piena sostituzione e questo sta ad indicare che sono le logiche economiche a determinare i modelli di consumo e fruizione del mezzo. In Gran Bretagna la metà delle abitazioni è ancora servita da trasmissioni analogiche, con un digitale terrestre neanche al 40%: “…C’è da augurarsi– dice Preta – che con la multipiattaforma digitale, l’aumento del pluralismo e della concorrenza dei canali  i prezzi si abbassino, proprio come è stato per le pay tv e la telefonia mobile. Anche perché la convergenza garantirà una maggiore distribuzione di contenuti sul parco canali e in questo modo si può abbattere lo switching cost“. “I punti critici sono– afferma ancora Preta – la possibilità di una minore propensione all’innovazione, una distribuzione di contenuti su una singola piattaforma (integrazione verticale), una tv in chiaro governata dalle esigenze pubblicitarie o una tv a pagamento che nella ricerca dell’esclusiva chiuda il mercato alla concorrenza“. ” Il pericolo è nella verticalizzazione dei mercati e delle strategie degli operatori, perché – conclude Preta – in una situazione del genere verrebbe meno una distribuzione equa dei contenuti su tutte le piattaforme digitali a solo danno dei consumatori“.

 

Piattaforme digitali e democrazia tecnologica, sembra essere questo il double link delle voci che si succedono. Anche nel video-intervento di Leonardo Chiariglione, il padre di quegli standard come l’Mpeg 2 e 4 che hanno reso possibile le trasmissioni digitali in questione, si evidenzia come convergenza e interoperabilità siano due risorse del digitale da ampliare e far emergere. Quindi altre due armi dalla parte del consumatore, che potrebbe così vedere la televisione in digitale su qualsiasi piattaforma e una grande quantità di canali, gli stessi di cui dispongono gli altri, senza vivere in regimi televisivi diversi magari di serie A o B. “… In Italia – afferma Chiariglione – i digital media sono a dir poco sottoutilizzati, nel senso che le potenzialità dei mezzi sono tutte nelle proprietà di convergenza tra le diverse piattaforme disponibili, su cui indifferentemente possono circolare contenuti in piena libertà. Un po’ come accade nel progetto del DMIN (Digital Media In Italia), con il P2P iDRM, un sistema completamente decentralizzato e distribuito sui nodi di una rete peer-to-peer su cui è possibile scambiarsi contenuti liberamente. Il tutto nel massimo rispetto degli attori presenti sulla catena del valore“.

 

Quando si parla di televisione digitale si parla anche di alta definizione (HD), ovvero di visione panoramica in 16:9, dettaglio dell’immagine, ricchezza di colori e molto altro. Quindi di televisori a schermo piatto LCD e PDP, con prezzi sempre più competitivi e una compressione progressiva del segnale audio-video (Mpeg) che ha permesso di arrivare all’HDTV, la televisione digitale ad alta definizione. Nel suo intervento Sebastiano Trigila di HD Forum vede come il consumatore in questo caso abbia anticipato i tempi: “…Venendo incontro a prodotti davvero particolari, comprando HDTV anche senza un’offerta definita di programmi ad alta definizione. Oggi già si parla di Ultra HDTV e dell’avveneristica 3D Tv, di cui in Giappone già si parla molto e la Rai sembra essersene accorta, con un progetto di partnership sul tavolo“.

Quindi– continua Trigila- un mercato di dispositivi in continua crescita che aumenta il potenziale dell’HD e della trasmissione del segnale con standard DVB-S e DVB-T, ovvero su piattaforme satellitari e terrestri, fino alle attuali S2 e T2, con decodifica Mpeg 2, 4 e AVC. Da qui si arriva ad un altro grande problema che è quello degli standard. Oggi abbiamo l’HD Ready per visualizzare i contenuti (quindi relativo agli schermi) e l’HDTV per la ricezione e la decodifica del segnale. Senza aver ben presente questi due elementi distinti, diventa un problema comprare un televisore digitale in HD, perché si rischia di non riuscire a fare la necessaria chiarezza nella selva dei bollini e dei loghi di certificazione, ritrovandosi poi con un prodotto fruibile solo parzialmente“.

 

In questo giro di interventi Mauro Vergari presenta anche la video-intervista di Glauco Benigni, esperto Strategie tecnologiche Rai, il quale evidenzia come la tv digitale venga sempre considerata come una pay tv invece che una piattaforma multimodale interoperabile e convergente. “… Quando, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, la televisione pubblica è venuta indebolendosi- afferma Benigni– è venuto meno anche un modello di tv educativa, civica, funzionale alla crescita degli individui anche come cittadini di democrazie moderne. Poi sono arrivate le Pay TV e i proprietari di contenuti, come il cinema, lo sport, che hanno esasperato il meccanismo, causando la crisi della tv generalista che stiamo vivendo. La digitalizzazione del mezzo può, a questo punto, solo migliorare la situazione, a patto che anche le Istituzioni e i cittadini/consumatori partecipino a tale transizione come attori protagonisti, riappropriandosi degli spazi di comunicazione e informazione sottrattigli negli ultimi tempi“.

 

Nel successivo intervento di Antonio Sassano, Direttore Generale Fondazione Ugo Bordoni, si cerca di delineare il panorama della transizione al digitale a partire dalle sue criticità più marcate: “… Avremo sicuramente dei vantaggi: migliore qualità delle trasmissioni, un maggior numero di programmi in chiaro, il valore aggiunto del satellite nel settore delle pay per view e molto altro. Ma anche un migliore uso delle risorse per il Sistema Paese, per le aziende, i cittadini e le istituzioni, con una definitiva regolamentazione delle frequenze, il rispetto degli accordi internazionali e il rinnovamento delle tecnologie in uso con la possibilità per nuovi attori di entrare sul mercato“.

Con la digitalizzazione ci sarà per ogni rete televisiva una frequenza e, unica nota negativa per l’operatore, un maggior investimento in infrastrutture, anche perché la competizione sarà molto alta. Ovviamente anche per il cittadino/consumatore ci saranno delle spese aggiuntive, almeno lì dove non è previsto sostegno economico da parte dello Stato. “…Un ulteriore effetto– conclude Sassano- lo avremo con la liberazione di 14 frequenze in Sardegna, dal 1 novembre spente e restituite allo Stato, che a sua volta dovrà provvedere a negoziare con gli Stati limitrofi (Corsica, Libia, ecc) le nuove assegnazioni. Una prova importante che poi coinvolgerà la penisola tutta“.

 

In relazione alle spese che dovranno essere sostenute dai diversi attori sul campo, l’intervento di Mario Frullone, Direttore Ricerche Fondazione Ugo Bordoni , pone nuovi interrogativi sul versante dell’impiantistica, cioè di tutte quelle infrastrutture necessarie alla trasmissione e alla ricezione del segnale: “… La calendarizzazione del passaggio in questione aiuterà sicuramente a limitare i disagi che si verranno a creare negli ultimi giorni di ottobre, nello specifico in Sardegna. È chiaro che, nonostante l’effettivo sostegno delle istituzioni nello switching-off dell’isola, non possiamo non evidenziare che, tra costi e interferenze nelle trasmissioni dei primi giorni, dei fastidi per la popolazione ci saranno. Solo preparando il cittadino/consumatore all’evento, con una cultura tecnologica adeguata, avremo modo di verificare un minore impatto delle criticità sulla popolazione“. Ecco che una diffusione maggiore delle competenze tecniche tra la popolazione, permetterà alla stessa di affrontare i disagi in modo migliore, sia intermini tecnologici che economici, evitando di cadere vittime di speculazioni locali: “… In tal senso– conclude Frullone- ci sono campagne informative già in atto, con l’ausilio di giornali regionali e provinciali, call center e siti internet. Ogni canale è stato utilizzato per informare e assistere il cittadino, che comunque avrà bisogno di un ulteriore sostegno anche nella fase successiva allo switch-off, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione come gli anziani”.

 

Anche le associazioni dei consumatori devono portare il loro contributo e per il Movimento Difesa del Cittadino prende la parola Antonio Longo, che subito punta l’indice verso i governi degli ultimi anni, a suo dire troppo indifferenti verso i problemi dei consumatori: “… Negli ultimi dieci anni con ripartite responsabilità, ambedue gli schieramenti non hanno dimostrato la sensibilità necessaria verso le componenti più deboli del tessuto sociale nazionale, dimenticando di coinvolgere direttamente i consumatori nelle scelte che più li riguardavano“. “Il Ministro delle Comunicazioni– continua Longo- nel 2006 ha creato un Comitato digitale con cui rimediare ai ritardi e al problema del digital gap, perché ciò che emerge dalle analisi fin qui fatte è che per il cittadino, ai presunti vantaggi immediati, si affiancheranno da subito grandi problemi di diverso ordine dall’alfabetizzazione tecnologica ai costi economici da sostenere. Abbiamo bisogno quindi non solo di un calendario, ma di un percorsi realistico, per il Paese e per gli operatori impegnati“.

Importantissima a questo punto diventa la dimensione di neutralità tecnologica tanto discussa anche da Chiariglione e Preta e ripresa dal responsabile di Adiconsum, Mauro Vergari: “… Si tratta di un principio comunitario importantissimo, che chiede semplicemente la pari dignità tecnologica tra le piattaforme digitali. Il Digitale Terrestre non è meglio del satellite o dell’IPTV, è solo un’altra opzione. È chiaro che su questo versante noi abbiamo bisogno di regole chiare che aiutino i consumatori a muoversi nell’arcipelago delle nuove tecnologie. Nel Regno Unito le associazioni dei consumatori collaborano con i broadcaster, ad esempio, regolando le carte relative all’impiantistica, ai decoder o agli standard.  In Italia manca un quadro di riferimento e una possibilità di essere tutelati con leggi ad hoc, in termini di neutralità garantita“.

 

Al primo giro di interventi è seguita la tavola rotonda dal titolo accattivante e provocatorio: “Opportunità di sviluppo o difesa dell’esistente?” Che poi racchiude nel migliore dei modi il double link di cui abbiamo parlato, tra vantaggi e disagi di diversa natura insiti nell’innovazione tecnologica. Moderatore della tavola è stato Raffaele Barberio , direttore di Key4biz, che chiama come primo speaker il Sottosegretario al Ministero delle Sviluppo Economico, Paolo Romani. Le sue parole sono state rivolte immediatamente al problema delle regole e del sostegno alle classi più disagiate: “… Il calendario ci permetterà di affrontare la transizione con cautela e nel rispetto dei tempi. Già prima dell’estate il governo ha risposto alla procedura d’infrazione europea con estrema chiarezza. È vero che ci sono dei rischi e che le fasce più sensibili potrebbero risentirne, ma siamo a buon punto con il programma di sostegno varato questa estate: solo il 10% della popolazione sarda è ancora senza decoder e stiamo già muovendoci a riguardo con interventi mirati“. “Le famiglie più disagiate– conclude Romani- saranno aiutate sia economicamente che a livello informativo. Anche l’impiantistica rimarrà la stessa già in uso per le trasmissioni VHS e solo il decoder rappresenterà un’uscita economica, tutto sommato contenuta“.

Per Andrea Ambrogetti, presidente DGTV: “…L’avere un calendario di intervento area per area, semestre per semestre, è un elemento rassicurante, perché solo in questo modo è possibile proseguire su un cammino armonico. La digitalizzazione porta con sé molti vantaggi e se saremo coerenti con gli impegni presi lo vedremo presto. Come nel caso della nuova partnership creata da Telecom e Mediaset, finalizzata a creare una prossima tv digitale con più contenuti e in chiaro. Questa per noi deve essere la miglior risposta alla paura verso il cambiamento e le nuove sfide tecnologiche e sociali“.

 

Poi è la volta di Paolo de Vincenti di Eutelsat, società di broadcasting digitale via satellite, il quale sottolinea subito quanto il satellite moltiplicherà le sue capacità di trasmissione, con grande vantaggio del consumatore: “… Più canali si inseriranno nel transponder e più i costi saranno contenuti, sia per gli operatori che per i consumatori, con conseguente aumento degli utenti. Ovviamente i contenuti e i canali seguiranno questa tendenza, generando un panorama totalmente nuovo, anche grazie alle nuove generazioni di prodotti come la TV Super HD , una Banda S integrata e la Banda KA , con l’integrazione della rete IP“.

Anche Luca Barbareschi, Vice Presidente Commissione Trasporti e Comunicazione alla Camera, vede nella transizione un’ottima occasione di parlare di vantaggi e novità legati al digitale: “… Va bene parlare di convergenza e di neutralità, ma bisogna anche portare l’attenzione sui contenuti. Non si fanno le strade senza le macchine e qui rischiamo che le macchine che passeranno sulle nostre autostrade saranno tutte straniere. I contenuti per le piattaforme di nuova generazione sono tutti provenienti dall’estero. Noi non abbiamo un’industria in grado di reggere il confronto e i palinsesti che offriamo sono decisamente di basso profilo culturale, con la conseguente atrofizzazione  dei modelli di consumo dell’audience“.

 

Tra le diverse possibilità del digitale c’è anche l’IPTV, un piattaforma in crescita che Lisa Di Feliciantonio di Fastweb mostra più che vivace nel panorama italiano: “… L’IPTV in Italia gode di ottima salute, ma è ovvio che bisogna vigilare in nome del pluralismo tecnologico e della neutralità. Con la diffusione della banda larga la tv su internet avrà un grande successo. Il calendario può certamente garantire una maggiore chiarezza ma non basterà a rendere sicuro il passaggio e richiederà certamente un piano di comunicazione parallela, sia istituzionale che di tutti gli operatori sul campo. Il messaggio che deve arrivare al cittadino è che ogni scelta nel digitale è quella giusta, perché tutte le piattaforme sono di pari importanza“. Stessa posizione quella sostenuta da Antongiulio Lombardi di H3G: “… Grazie all’AGCOM e alla sua lungimiranza con il DVBH,  la Tv Mobile in Italia è una realtà. Le norme studiate in relazione alla transizione per la Sardegna sono sufficientemente curate, semmai a latitare è un coordinamento più forte. Il digitale è una grande possibilità che non deve essere sprecata, il DVBH sta avendo un buon risultato e un’ottima penetrazione, garantendo un’offerta di qualità alta e completamente accessibile a tutti“.

 

Di rilievo, poi, la partecipazione alla tavola del CNA, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, che nella persona di Alberto Zanellati  rimette al centro del dibattito il problema degli impianti e della loro messa in opera: “… Quello che bisogna fissare con molta attenzione è il contesto delle regole in cui operare. Fortunatamente siamo riusciti ad entrare nel CNIT, il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni, e abbiamo costituito subito una squadra di installatori attivi sul territorio sardo. La transizione al digitale comporta l’installazione dei dispositivi e avrà un costo economico non indifferente, questo purtroppo è un dato di fatto“. Per l’industria dei produttori interviene anche Flavio De Poli, dell’ANIE, Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche, che evidenzia quanto sia importante avere un calendario: “…Senza un calendario non saremmo in grado di stabilire i carichi di produzione, come ad esempio per i decoder. Questo passo è stato fondamentale per garantire l’approvvigionamento dei dispositivi lungo tutto il time table dello switching-off“.

 

Di time table e calendarizzazione parla anche Vincenzo Lo Bianco dell’AGCOM: “… Stabilire il calendario fino al 2012 è stato davvero provvidenziale, perché permetterà di realizzare un percorso propedeutico alle attività necessarie per organizzare il catasto delle frequenze, il piano digitale dell’isola e, in prospettiva, di tutto il Paese. Un tavolo che finalmente vedrà riuniti assieme tutti gli operatori e le realtà locali. È solo così che si è riusciti a determinare il numero delle reti e dei canali necessari, utilizzando i criteri di salvaguardia dell’analogico e dell’universalità del servizio Rai, mantenendo una riserva di banda per le emittenti locali e garantendo il pluralismo nel settore“.

Sull’analogico insiste anche Vincenzo Vita, Vice presidente Commissione cultura al Senato: “… Lo slittamento dello switch-over negli ultimi anni è frutto di un consistente concentrarsi di interessi nel settore dell’analogico. Quando parliamo di digitale poi, non dobbiamo pensare solo alla televisione, perché il digitale è post-televisione in realtà. Il governo, inoltre, dovrebbe spiegare perché annuncia che il processo di digitalizzazione va avanti con sostegno alle fasce sociali più disagiate, per poi tagliare i fondi destinati alla transizione. Quale è la logica che andrà a prevalere? Quella della difesa degli interessi dietro all’analogico o quella dei tagli?Le frequenze saranno liberate? Il digitale in Italia rischia di rimanere un’opzione e contemporaneamente di veder crescere il divario culturale, il gap digitale con l’Europa“.

 

A conclusione della tavola rotonda e della mattinata di dibattito, Barberio invita il segretario generale di Adiconsum, Paolo Landi, ad evidenziare quali possano essere allora gli strumenti più utili per approcciare all’era del digitale e quale l’atteggiamento culturale più consono. Landi non ha dubbi: “… In realtà, sia con una preparazione culturale adeguata ai tempi, sia con strumenti efficienti. Soprattutto nei tempi previsti, prima che il processo prenda velocità. Solo in questo modo si potranno affrontare serenamente i problemi che comunque ci saranno e con tutti gli attori in campo. Bisogna quindi vigilare sul territorio e prevenire quei comportamenti lesivi del pubblico e dei cittadini consumatori“. “Grazie al Comitato Italia Digitale – conclude Landi – forse riusciremo a garantire la pluralità delle piattaforme e un  livello accettabile di contenuti gratuiti, ma se questo accadrà è solo grazie a regole certe, come nel caso delle fasce più deboli, affinché non rimangano sopraffatte dalla velocità del cambiamento“.

  

   

Per approfondimenti vedere le slide:

   

Utilizzo Multipiattaforma della TV Digitale

Augusto Preta – Direttore Generale ITMedia

   

Switch-Over: la transizione dalla tv analogica alla tv digitale

Antonio Sassano – Direttore Generale FUB

   

16/9 e Alta Definizione: la vera qualità digitale

Sebastiano Trigila – Vicepresidente HD Forum Italia

 

Dalla tv analogica alla tv digitale: una legge che tuteli il consumatore

Mauro Vergari – Responsabile del Settore nuove tecnologie dell’Adiconsum

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