Unione Europea
Una riduzione drastica delle tariffe di terminazione mobile, come quella proposta dalla Commissione europea, produrrebbe “una diminuzione della penetrazione mobile alla luce del minor valore della telefonia mobile per i consumatori”, comportando, in particolare, “o un aumento delle spese di abbonamento nei sistemi in cui paga solo il chiamante o un aumento dei costi per il ricevente nei sistemi in cui paga anche chi riceve”.
Sono queste alcune delle conclusioni tratte dallo studio “Assessing the impact of lowering mobile termination rates” (“Valutare l’impatto della riduzione delle tariffe di terminazione mobile”) promosso da Frontier Economics per conto di Deutsche Telekom, Orange, Telecom Italia, Telefónica e Vodafone e presentato oggi a Bruxelles al fine di “riesaminare alla luce della teoria economica il reale rapporto tra tariffe di terminazione e prezzi mobili al dettaglio nonché il livello efficiente delle tariffe di terminazione stesse”.
I risultati dello studio – basati anche su un’analisi del modello statunitense, in cui i costi di terminazione molto bassi – evidenziano che la riduzione drastica delle tariffe di terminazione mobile proposta dalla Ue “non porterà necessariamente ad una riduzione generale dei costi di telefonia mobile per i consumatori e potrebbe rallentare o ridurre in modo significativo la penetrazione mobile in Europa”.
La Commissione Ue, a giugno, ha pubblicato per la consultazione pubblica il testo della raccomandazione sul “Regulatory Treatment of Fixed and Mobile Termination Rates in the EU”, volta a creare le basi per un quadro normativo stabile che promuova incentivi agli investimenti, a formulare una normativa più coerente nei mercati della terminazione e a definire di principi solidi e chiari per la regolamentazione di queste tariffe in Europa.
Obiettivo della Commissione è quello di ridurre le tariffe di terminazione di circa il 70% entro i prossimi tre anni, dagli attuali 9 centesimi (media Ue) a 2 centesimi al minuto.
Se la proposta Ue andasse in porto, spiega tuttavia lo studio, a perderci sarebbero soprattutto i consumatori, che finirebbero o per pagare anche per le chiamate in entrata (come già succede negli Usa) o per pagare di più l’abbonamento mobile o i servizi.
Innanzitutto, spiega Frontier Economics, il testo della raccomandazione Ue sottovaluta i costi di terminazione poiché esclude il costo di copertura dai prezzi di terminazione e i costi comuni e indiretti e considera, inoltre, le tecnologie NGN nella definizione del modello nonostante queste tecnologie siano ancora poco diffuse, rischiando la formulazione di valutazioni inesatte.
In sostanza, la Ue intende riformulare le tariffe di terminazione sulla base dei “costi di un operatore efficiente” invece che dei costi effettivamente sostenuti dagli operatori.
Ragionare in questi termini, sostengono però gli operatori, “significa definire le tariffe più vicine possibili al costo marginale e ovviamente inferiori ai reali costi di terminazione (di un centesimo di euro al minuto)”.
La proposta ha fin da subito suscitato polemiche tra gli operatori, secondo cui una riduzione delle tariffe di terminazione pari al 2% si tradurrebbe in una riduzione dell’11% nel benessere dei consumatori nell’Europa occidentale e del 10% nell’Europa centrale.
La misura, inoltre, finirebbe per ridurre del 9% in ciascuna area la penetrazione mobile, con la conseguente perdita di 42 milioni di abbonati in Europa occidentale e di 10 milioni in quella centrale.
I consumatori, insomma, non avrebbero alcun vantaggio da una simile iniziativa: la Commissione, secondo gli operatori, avrebbe fatto un serio errore di valutazione, partendo dal presupposto che vi sia un collegamento diretto tra un taglio delle tariffe di terminazione e la riduzione dei prezzi al dettaglio.
Secondo l’analisi di George Houpis, uno dei curatori dello studio, un taglio coatto delle tariffe partendo da valutazioni economiche errate finirebbe anzi per creare quello che in gergo è chiamato ‘effetto waterbed‘ (materasso ad acqua): gli operatori, in sostanza, privati di un’importante fonte di guadagno, cercherebbero di recuperarli aumentando i prezzi mobili al dettaglio.
I soldi in meno, praticamente, andrebbero a essere prelevati direttamente dalle tasche dei consumatori.
L’unico approccio in grado ottimizzare efficienza del mercato e benessere è dunque quello orientato al costo.
Un altro errore è quello di prendere ad esempio il mercato mobile Usa, dove – innanzitutto – nonostante i prezzi delle chiamate siano più bassi e i volumi di traffico per utenti rispetto all’Europa, i livelli di penetrazione e copertura sono notevolmente più bassi (l’85% contro il 100%).
“Tariffe ridotte al minimo generano un aumento del numero di minuti di conversazione, ma potrebbero portare ad una minore penetrazione”, spiega il Rapporto, sottolineando che se si applicassero all’Europa i tassi di penetrazione degli USA l’Europa avrebbe 154 milioni di utenti mobili in meno.
Non è consigliabile, dunque, utilizzare l’esperienza statunitense a sostegno di nuove politiche regolamentari:“La maggior parte dei consumatori europei starebbe peggio se si adottasse il modello USA”, conclude Frontier Economics.
In esclusiva per Key4biz.it: il Rapporto Frontier Economics
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