Italia
Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, sperava di chiudere la partita della separazione funzionale della rete di accesso di Telecom Italia prima dell’estate.
Così, ovviamente, non è stato, e ancora si discute di come garantire la parità d’accesso a una Rete che pure viene definita fondamentale per lo sviluppo del Paese.
Secondo il sottosegretario alle comunicazioni, Paolo Romani, la separazione della rete di accesso di Telecom deve essere considerata come un ‘rimedio eccezionale’ da applicare solo nel caso in cui altri rimedi non si rivelino efficaci a garantire la piena concorrenza.
Una posizione che rispecchia quella della Commissione europea, che ha chiesto ai governi un’opinione sul tema delle reti, in vista della prossima riforma del pacchetto telecom, in corso di discussione al Parlamento europeo.
La proposta della Commissione prevede infatti che la separazione funzionale sia uno strumento a disposizione delle Authority nazionali nei casi in cui venga dimostrato che altri rimedi non hanno o rischiano di non portare al raggiungimento di una concorrenza effettiva.
Un simile tool dovrebbe inoltre aumentare l’efficacia delle autorità nazionali di regolamentazione, permettendo loro di affrontare le rimanenti strozzature della concorrenza in maniera più efficace.
La proposta della Commissione ha ricevuto il sostegno del Parlamento europeo ed è sostenuta da una maggioranza di ministri del Consiglio delle Telecomunicazioni e dalle Autorità nazionali di regolamentazione, ma è fortemente osteggiata dagli operatori storici, che rivendicano gli investimenti effettuati nella realizzazione della rete di acceso.
Anche secondo Romani, se questo principio regolatore fosse “reso cogente al punto da non rendere l’investimento remunerativo” sarebbe buon servizio per la regolazione “ma un pessimo servizio per il Paese”.
Secondo Romani, dunque, “occorre trovare un punto di equilibrio per garantire la parità di accesso agli altri operatori tutelando anche i consumatori senza però penalizzare gli investimenti”.
Dal momento che per la realizzazione di una rete NGN occorrono almeno 10 miliardi di euro, è essenziale, ha aggiunto Romani, che le risorse necessarie per garantire un adeguato sviluppo della banda larga vengano investite sia dall’operatore storico che da quelli alternativi.
“Quindi la separazione funzionale ha un senso se non si arriva a un punto tale da non rendere redditizi gli investimenti in un settore delicato come le tlc”, ha spiegato il sottosegretario.
Romani ha poi ribadito che quella del Governo è e resta un’opinione – per altro già espressa in sede europea – e che l’esecutivo non intende entrare nel merito del dibattito tra l’Autorità e l’operatore, se non per ricordare il pericolo legato a un eccesso di regolamentazione, che finirebbe per frenare gli investimenti.
Occorre trovare un equilibrio, dunque, tra le diverse posizioni, “una soluzione equilibrata che soddisfi tutti gli operatori”, ma è anche necessario garantire diverse opzioni, al fine di “contemperare il ritorno degli investimenti con il mantenimento di una concorrenza nel settore”.
Questo è il giudizio del presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà che, in merito al recente incontro col numero uno di Telefonica Cesar Alierta, ha sottolineato che l’azienda sembra ben intenzionata “a fare gli investimenti necessari per una rete che ci garantisca parità e competitività con gli altri paesi più industrializzati”.
C’è ora, ha continuato Catricalà, la necessità di trovare i modi e i mezzi per realizzare la rete in tempi brevi, per consentire all’Italia di superare il gap col resto del mondo.
Catricalà relazionerà al Parlamento sul tema della separazione la prossima settimana.