Italia
La ripresa vede le vicende di Telecom Italia sempre più al centro delle attenzioni.
Si ha l’impressione non che qualcosa di nuovo “possa” accadere, ma che qualcosa di importante “debba” invece avvenire, per assicurare un nuovo passo di marcia alle note vicende dell’incumbent italiano.
Le condizioni di difficoltà sono note a tutti e abbiamo avuto modo di evidenziare nelle scorse settimane alcuni degli aspetti più cruciali della vicenda (si vedano gli editoriali a piè di pagina). Debito elevato, discontinuità aziendale, ingresso di un socio industriale un po’ ingombrante come Telefonica, crollo del valore del titolo, necessità di rinnovare le relazioni con le istituzioni di settore e con gli stessi competitor, dopo la gestione fin troppo virile (per restare nell’eufemismo) della precedente proprietà che manifestava nel tono di voce i propri desiderata.
E allora cosa fare?
Ci siamo convinti di alcune soluzioni e vogliamo sinteticamente sottoporvele, con l’impegno a ritornare nei prossimi giorni su ciascuno dei punti qui elencati.
Open Access e cosa altro?…..
Nello scorso mese di febbraio Telecom Italia ha creato Open Access, una divisione interna immaginata per rispondere a questa esigenza. Si è rivelata una soluzione necessaria, ma non sufficiente. Necessaria per gestire la canalizzazione del mercato retail di Telecom Italia, non sufficiente ad arginare le legittime pressioni dei competitors e le esigenze di relazioni di mercato fondate su trasparenza e correttezza (qualità necessarie in tutti i mercati regolamentati).
Il punto di partenza, perciò, non può che essere la Rete.
Come?
A nostro parere Telecom Italia deve dar luogo a una nuova società cui conferire la gestione della rete, un soggetto esterno all’attuale struttura aziendale capace di assicurare su nuove basi l’accesso dei competitors, ovvero interfacciando l’infrastruttura nazionale di rete e gli operatori alternativi. Un’ipotesi del genere deve prevedere un coinvolgimento azionario, pur minoritario, dei principali operatori alternativi (BT Italia, Vodafone, Fastweb, Wind, per citare i più importanti).
E’ possibile, infine, che possano sorgere richieste da parte di non operatori, ad esempio soggetti finanziari che alla rete stanno guardando da tempo, ma sono tutte cose che fanno parte del “negoziabile” e che potranno essere riportate nelle sedi istituzionali preposte. Il punto di partenza ragionevole può essere quello di una società con partecipazione maggioritaria Telecom Italia e una partecipazione minoritaria dei principali competitors.
La creazione di una nuova società di gestione della rete appare come l’unico salto di qualità nel dibattito sul futuro del sistema italiano di Tlc.
Gli impegni presentati da Telecom Italia all’AgCom hanno suscitato un coro di proteste.
Con una proposta come quella sopra considerata, invece, l’incumbent giocherebbe d’anticipo, spiazzando istituzioni e concorrenti.
Questi ultimi vorrebbero, come si sa, la vendita tout-court della rete, ma sapendo che è un obiettivo irraggiungibile potrebbero essere indotti a ragionare sulla partecipazione alla società esterna.
La soluzione della società esterna, con adeguate partecipazioni e sistemi di governance capaci di assicurare trasparenza e concorrenza, appare come la soluzione più plausibile e, forse, l’unica percorribile.
L’AgCom…
L’Autorità non ha mai fatto mistero di non voler forzare sulla vicenda relativa alla separazione della rete.
Telecom Italia si è molto impegnata, nel corso dei mesi successivi all’insediamento dei nuovi vertici aziendali, nell’affermare un nuovo modo di rapportarsi nei confronti dell’Agcom.
La presentazione degli impegni consegnati da Telecom Italia all’Autorità, poco prima della presentazione del Rapporto annuale di quest’ultima al Parlamento, indica delle soluzioni, che non possono essere considerate come possibili soluzioni finali. E questo, nonostante le dichiarazioni formali, è chiaro anche all’Autorità.
Sull’argomento è in corso una consultazione pubblica, ma potrebbe essere molto positiva una accelerazione da parte di Telecom Italia, con una proposta quale quella della società esterna di gestione della rete, che avrebbe certamente il merito di venir considerata dall’Autorità come un elemento di grande positività e una contribuzione concreta alla creazione di un nuovo contesto competitivo in Italia.
Si tratterebbe, in sostanza, di un punto di merito anche per l’Autorità.
Telefonica…..
Ma come fare una società di gestione della Rete sapendo come la pensa Telefonica?
Si sa, Telefonica non vede di buon occhio alcuna separazione della Rete per Telecom Italia. Non tanto perché sottrarrebbe una fonte di business, quanto perché potrebbe rappresentare un pericolosissimo precedente anche per il contesto spagnolo, dove Telefonica non ha alcuna intenzione di privarsi della Rete.
Telefonica rappresenta oggi l’unico socio industriale in seno a Telecom Italia, l’unico che conosca perfettamente il mercato di riferimento e con una rappresentanza in seno al Cda di Telecom Italia del più alto prestigio.
Ma Telefonica non è solo socio in Telecom Italia in Italia, è anche suo competitor in Europa ed è impegnato con Telecom Italia in America Latina, ovvero nel mobile in Brasile (in quella Tim Brasil che è diventata l’oggetto del contendere, pur essendo sempre meno “gallina dalle uova d’oro”).
E’ un socio potente in Italia, ma, secondo alcuni, anche insidioso.
Da mesi si accavallano le ipotesi di un’Opa, “più o meno ostile” o “più o meno amica”, che Telefonica potrebbe fare per acquisire il controllo di Telecom Italia e porre una ipoteca di posizionamento dominante su base continentale.
Si pensi che SwissCom ha pagato 3,5 Mld. di euro per rilevare Fastweb con il suo milione di abbonati e che allo stato attuale basterebbe appena il 50% in più di quella cifra per acquisire il 20% di Telecom Italia, una percentuale da controllo incontrastato sull’incumbent.
Si tratta di cifre significative, ma all’ordine del giorno delle grandi operazioni globali. Tuttavia operazioni del genere non si possono fare senza l’assenso del governo, nel senso che nessuno si metterebbe a fare un’Opa sapendo di avere ostile il governo dello stesso Paese nel quale si dovrà operare.
Rimane un dubbio: ma perché gli spagnoli debbono pesare così tanto su scelte e decisioni legate a prerogative del sistema-Paese?
Il Governo…
Da dieci anni a questa parte tutti i governi hanno dovuto occuparsi, più o meno compulsivamente, di Telecom Italia. I maggiori eccessi appartengono, come è noto, agli ultimi due governi di centrosinistra: le polemiche che hanno accompagnato il ruolo del governo D’Alema nell’ascesa di Colaninno e la più recente vicenda del cosiddetto Piano Rovati per la separazione della Rete (guarda caso!!), che ha rischiato di inguaiare anzitempo Prodi.
Bernabè si è recato più volte a Palazzo Chigi negli ultimi mesi, proprio a cavallo delle convulse giornate d’estate in cui sembrava che, da un momento all’altro, dovesse cadere il mondo intorno a Telecom Italia.
Il governo in carica, da canto suo, non ha nascosto le proprie priorità.
A partire dalla difesa del sistema-Italia.
In questi giorni si sta risolvendo il problema Alitalia, come promesso da Berlusconi. Con lo stesso piglio di difesa dell’italianità o, per essere meno romantici, del sistema-Paese, il governo potrebbe decidere di dischiudere un atteggiamento di “attenzione” nei confronti di Telecom Italia, pur nel rispetto delle regole di concorrenza.
Al governo può ritornare molto utile un rilancio di Telecom Italia, come obiettivo di prestigio nazionale, ma è necessaria una soluzione o un pacchetto di soluzioni che accontentino tutti, compresi gli altri operatori.
Verso una nuova strategia….
Sin qui le ipotesi, tutte ancora orientate dalla cultura e dai modelli di business tradizionali degli operatori telefonici.
Ma, anche qui, qualcosa sta cambiando.
Sta cambiando lo skyline del mercato delle tlc.
Se il traffico voce non ha più i margini di una volta (per effetto dell’innovazione tecnologica, della forte spinta competitiva e delle prerogative di difesa dei consumatori), ciò vuol dire che bisogna rivolgersi altrove.
Sino a qualche tempo fa eravamo convinti che il nuovo mercato di frontiera sarebbe stato rappresentato dai servizi telefonici fissi e mobili a valore aggiunto. Poi, scoprendo, tra gli altri, il flop della TV mobile, ci siamo resi conto che il mercato dei cosiddetti servizi a valore aggiunto, se rivolti al consumer, rappresentano poca cosa. Sono un mercato interessante, ma non sufficiente ad alimentare le esigenze dell’industria di settore.
Occorre che gli operatori di Tlc cambino pelle.
Non più solo traffico, ma servizi.
Non solo servizi, ma soluzioni a valore aggiunto capaci di conferire nuovo valore agli operatori.
La rete è sempre più una utility e pertanto il business lo si potrà fare offrendo le applicazioni che dovranno ricorrere alla rete per l’espletamento delle loro funzionalità. L’IT si sposa sempre più con le telecomunicazioni.
I servizi informativi confluiscono nell’economia della rete e gli operatori di telecomunicazioni saranno sempre più destinati a sviluppare i cosiddetti “Network-centric services“, con driver che coinvolgono la Unified Communications, la Virtualizzazione, i Servizi software, le architetture Service Oriented, infine i paradigmi di Web 2.0, Enterprise 2.0 e Ebusiness 2.0
Il processo è già stato avviato con successo da BT come strategia globale.
Non a caso.
Si tratta di un grande player mondiale basato in un Paese che per primo ha avuto la separazione della Rete con Openreach.
Qui Telecom Italia potrebbe dire la sua in modo forte.
Come si vede, la partita è tutta aperta, ma a nostro parere alcuni passi sono ineludibili.
L’agenda degli impegni istituzionali lo sollecita: la consultazione pubblica sugli impegni e ancor di più le audizioni in Commissione Trasporti, che inizieranno tra due settimane con le audizioni di Calabrò e Catricalà
Di questo ci occuperemo nei prossimi giorni.
Ieri 7 settembre 2008 è venuto a mancare il prof. Carlo Mario Guerci.
Il direttore e la redazione di Key4biz si uniscono al dolore della famiglia, ricordandolo insieme a tutti coloro che ne hanno apprezzato la vivida intelligenza e le straordinarie qualità umane e professionali.
Chi era Carlo Mario Guerci