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P2P: Comcast verso la condanna, mentre in Italia fa rumore il silenzio dell’Agcom

Stati Uniti


Negli Usa sta per concludersi il processo contro Comcast, il maggiore operatore via cavo del Paese, accusato di aver bloccato l’accesso degli utenti alla rete peer-to-peer di BitTorrent.

 

La sentenza, che secondo il Wall Street Journal sarà di condanna, è attesa per venerdì e non dovrebbe includere sanzioni ma soltanto la cessazione immediata dell’uso di sistemi di ‘traffic management‘ volti a impedire l’accesso degli utenti ai siti di file-sharing.

 

Il caso era stato sollevato dal network P2P BitTorrent, in seguito a un’indagine condotta dalla Electronic Frontier Foundation e verificata in maniera indipendente dalla Free Press.

Gli esiti dell’analisi, realizzata scambiando un file da 4MB sulle reti di Time Warner, Cablevision, AT&T e Comcast, non lasciavano spazio ai dubbi: il blocco del download si verificava solo sulle linee di Comcast e riguardava non sono solo i file di grandi dimensioni, come la società voleva fare intendere, ma anche quelli più piccoli.  

 

Comcast ha infatti sempre minimizzato l’impatto delle limitazioni praticate sui siti di condivisione, riportandone la causa all’utilizzo di tecnologie di gestione del traffico – consentite dalla FCC – il cui compito è quello  di evitare fenomeni di congestione di rete causati da picchi nell’accesso a internet riservando banda larga a determinati flussi di traffico.

 

Come parte di questo processo di management la compagnia ammetteva di ‘ritardare occasionalmente’ alcuni trasferimenti di file peer-to-peer che rallentavano la velocità di internet a svantaggio di altri utenti sulla rete.

 

In un secondo momento, a marzo di quest’anno, Comcast aveva quindi effettuato una mezza marcia indietro, annunciando non solo il libero utilizzo di programmi di condivisione come Bit Torrent, ma anche la collaborazione alla realizzazione  di software in grado di ridurre i problemi di sovraccarico della rete quando si scambiano file molto pesanti.

 

Il dietrofront di Comcast è stato giudicato molto significativo e ha segnato una prima, importante vittoria per associazioni di consumatori e attivisti della network neutrality che hanno contestato fin da subito il comportamento di Comcast, giudicandolo contrario ai principi di neutralità sottolineati dall’Internet Policy Statement della FCC e avviando una class action contro il gruppo.

 

Anche in Italia, le associazioni dei consumatori hanno ricevuto tantissime segnalazioni relative al blocco dell’accesso ad alcuni sistemi di file-sharing, tanto che su denuncia di Aduc, l’Autorità garante della concorrenza (Agcm) ha aperto a gennaio un’istruttoria per stabilire se l’operatore telefonico Tele2 abbia o meno dato informazioni corrette in merito al blocco delle connessioni peer-to-peer.

 

“Speriamo che questa novità – comunica Aduc in una nota – spinga anche i gestori italiani a rivedere la loro politica, fatta di limitazioni non esplicitate in nessun contratto”.

 

Secondo Aduc, se porre limiti alla banda è legittimo per gestire problemi di traffico della rete, bloccare specificamente un particolare software/sito è illegale.

Tantissime applicazioni, come ad esempio i servizi streaming video, richiedono anche più banda del P2P quindi sarebbe lecito bloccare anche i servizi offerti in maniera del tutto legale e qualsiasi programma pesante.

I sistemi di traffic management – se davvero sono essenziali per evitare problemi di sovraccarico della rete – dovrebbero essere usati, sottolinea Aduc, con criteri “di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità”.

 

“Purtroppo – denuncia però Aduc – nonostante le tante segnalazioni degli utenti, non ci risultano interventi dell’Agcom sui gestori. Non è una novità, ma è grave l’immobilismo in una questione che non si configura solo come inadempienza contrattuale, ma riguarda anche la libera circolazione delle idee e la cosiddetta Net Neutrality , vale a dire che il proprietario dei fili debba rimanere neutro rispetto ai contenuti che vi transitano”.

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