‘Il mercato del gas e il futuro delle reti europee’. Al convegno Isimm, il punto su quadro normativo e strategie aziendali  

di Flavio Fabbri |

Italia


Gas

Il problema energetico ha assunto ormai proporzioni globali: trovare soluzioni e strumenti idonei per affrontare l’emergenza è compito primario non solo per le istituzioni, ma anche per il mondo delle imprese. L’Europa diventa la dimensione comunitaria in cui giocare una partita difficile, che va a coinvolgere settori diversi ma necessariamente interdipendenti: l’energia, l’elettricità, i trasporti, le comunicazioni e altre risorse primarie come la stessa acqua.

ISIMM, l’Istituto per lo Studio dell’Innovazione, in collaborazione con l’Università “ La Sapienza ” di Roma, ha organizzato un incontro di respiro europeo proprio per discutere di reti, infrastrutture e ovviamente energia, temi cruciali che riguardano il futuro dell’Europa e delle nostre società. “Il mercato del gas e il futuro delle reti europee“: ovvero lo sviluppo dei sistemi produttivi, il benessere dei cittadini, il peso delle singole nazioni sui mercati e gli equilibri internazionali.

 

In questo contesto sta acquisendo autorevolezza la proposta, al centro del convegno dell’ISIMM, di una rete unica di trasporto del gas a livello europeo che possa essere elemento di forza sia di una politica energetica condivisa e gestita a livello continentale, sia di un’effettiva azione di promozione della concorrenza nel mercato europeo in modo omogeneo e più equo. Come di consueto l’Isimm, in quest’occasione con il supporto dell’Università La Sapienza ‘, ha ritenuto di contribuire in modo fattivo sollecitando un dibattito aperto e partecipato su un tema davvero vitale per il nostro futuro economico e sociale. Una tavola di confronto tra le istituzioni e il mondo accademico da una parte e alcune tra le aziende energetiche europee più grandi come l’italiana ENI, la francese DGF , l’austriaca OMV e la tedesca EON , fino al punto di vista delle Autorità e dei rappresentanti degli organi comunitari.

 

In apertura di convegno il presidente dell’Isimm Enrico Manca, ricordando l’importanza degli ospiti convenuti, centra l’attenzione sui punti critici del mercato energetico mondiale e in particolare europeo: “… Per l’Europa è tempo di grandi scelte e di una convergenza di intenti più forte che in passato. Le sue grandi reti tecnologiche sono realtà sempre più interdipendenti e appartenenti alla classe dei servizi di interesse economico generale, così come stabilito in sede europea. Per queste reti è sempre più forte l’esigenza di una significativa valutazione a livello comunitario, in un quadro in cui possiamo collocare anche la proposta di separare l’approvvigionamento dalla distribuzione del gas attraverso la costituzione di una holding europea delle reti fra alcuni dei grandi operatori nazionali“.

Nel suo intervento Manca parla anche di CECA, di quell’idea lontana di mercato comune del carbone e dell’acciaio, che tanta coesione e integrazione aveva creato intorno a un progetto inequivocabilmente di grande lungimiranza politica. A cui va paragonato, afferma Manca, quello che la Commissione Europea ha presentato come Terzo pacchetto di proposte legislative in materia di energia: “… Con lo scopo di promuovere lo sviluppo sostenibile, stimolare l’efficienza energetica e assicurare l’accesso al mercato dell’energia a  tutti i soggetti. Un progetto d’interesse economico generale, che in termini di investimenti prevede uno sforzo molto intenso, inizialmente elevato, con ammodernamenti continui, sia a livello di manutenzione che di innovazione di sistema e di gestione, come nel caso delle NGN“. “Nel campo finanziario– conclude Manca- si aprono così spazi per soluzioni da realizzarsi attraverso strumenti nuovi che, come lo stesso Ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha sostenuto, vedono nell’emissione di Eurobond un canale potenziale per coprire i finanziamenti necessari alla realizzazione delle reti“.

 

L’intervento di apertura della sessione mattutina effettuato da Manca si arricchisce con una lettera di saluto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, nel richiamo al fabbisogno crescente di energia che preoccupa non poco in termini di sicurezza e sviluppo economico, ci tiene a lodare l’intento dell’Isimm come risposta del mondo della ricerca e delle istituzioni a un sentire comune sempre più preoccupato riguardo a futuro energetico collettivo. Con ancora un richiamo di Manca “All’opportunità di proiezioni a lungo termine“, valutando seriamente il reale fabbisogno degli investimenti in infrastrutture per ogni singolo Paese, perchè (perché ha questo accento): “… In un’epoca travagliata come quella odierna è crescente da parte dei cittadini la richiesta di risposte sul futuro. Queste risposte, che investono in via prioritaria la Politica , sono ancora oggi insufficienti“.

 

Di sinergie intense tra modo dell’industria, realtà accademiche e istituzioni parla nel suo intervento anche il Preside della Facoltà di Economia Attilio Celant, il quale sottolinea la necessità di una più forte unità di intenti per un disegno europeista finalizzato alla nascita di un vero mercato unico, interno, per la circolazione di quei beni e servizi che la stessa CECA più di cinquant’anni fa aveva previsto come base fondante di incisive politiche energetiche. “… I mercati energetici e le considerazioni geopolitiche sono notevolmente cambiati da allora, ma l’esigenza di un’azione comunitaria è più pressante che mai. Il processo legislativo avviato nel corso degli anni ’90 ha assolto alla definizione legislativa del mercato unico, sia del gas che dell’elettricità, smantellando i principali ostacoli alla circolazione dei beni energetici e promuovendo un ‘Level playng field” su cui lavorare ancora“. Celant ricorda come questi primi passi non siano stati sufficienti e come gli stessi ‘Decisori’ europei avevano previsto che la dimensione di questo mercato interno non poteva esaurirsi nell’azione comunitaria, pressata da problemi emergenti di attualità come mercati energetici instabili, assetti geopolitici variabili, grandi cambiamenti climatici in corso e un’impennata dei prezzi delle materie prime che non accenna a fermarsi: “… La stessa interdipendenza degli Stati europei in materia di energia, paradossalmente, può generare un fattore di complicazione ulteriore, nella misura in cui fa sì che un’interruzione di approvvigionamento di energia in un Paese si ripercuota immediatamente sugli altri“. Punti base su cui, secondo Celant, bisogna al più presto trovare intesa sono: una maggiore sostenibilità ambientale delle attività industriali e una sicurezza dell’approvvigionamento costante e rigorosa, anche in considerazione dell’aumento progressivo delle importazioni di materie prime, quindi di energia, calcolata dal 50 per cento al 65 cento nei prossimi venti anni. Uno scenario che  presenta grossi rischi sia politici che economici. Con l’aggiunta di quelle condizioni definite ‘ottimali’ dalla Commissione per incentivare gli investimenti di lungo periodo, forse la migliore garanzia per una prossima ‘indipendenza energetica’ dell’Europa.

 

Sull’urgenza di una politica energetica comune ed efficiente, in termini di competitività, sicurezza e sostenibilità, interviene anche il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, per il quale: “… Sarà di primaria importanza pianificare gli interventi per i prossimi quindici, vent’anni, con lungimiranza e precisione, per progettare seriamente un futuro energetico all’Europa. Quindi ottimizzare i trasporti ad esempio, in un piano decennale fatto di infrastrutture strategiche, interventi programmatici e pianificatori, con azioni mirate al contenimento dei consumi energetici. Come anche un nuovo equilibrio tra sistema dei trasporti e quello energetico, inseriti in un nuovo contesto geopolitico“.

Attenzione quindi all’impatto ambientale delle attività di trasporto, con l’intenzione di spostare gran parte del traffico merci su gomma sulle reti ferroviarie di lunga percorrenza. Stesso discorso per l’industria alimentare, che negli ultimi anni ha visto un notevole incremento del flusso dei carichi di merci sulla rete nazionale. Operazioni mirate a una gestione più equilibrata del sistema dei trasporti che al momento genera non solo un impatto ambientale a lungo termine non più sostenibile, ma anche un intenso consumo energetico. A riguardo Matteoli evidenzia come la crescita esponenziale dei Paesi BRIC nel giro di pochi anni porterà il fabbisogno energetico a un livello critico, con un aumento del 50 per cento rispetto a quello odierno. “… L’unica via di uscita è nell’auspicata autonomia energetica, raggiungibile solo con una strategia congiunta di tutti i Paesi dall’area Euro e libera dalle contraddizioni legislative e regolatorie della Commissione, con la ricerca di un nuovo meccanismo di azione comunitaria, più proficue relazioni internazionali con i partner mediterranei e dell’Europa dell’Est, nuove infrastrutture energetiche più sicure ed efficienti, finalizzate ad un approvvigionamento certo e la riqualificazione delle vecchie reti per un grande sistema di interconnessione interdipendente e flessibile“.

Punti critici su cui muoversi in tempi rapidi. Già entro il 2026 gli stati membri dell’Unione dovranno investire quasi 600 miliardi di euro, con l’aiuto della Banca europea degli investimenti. Cifre enormi che delineano però una strada obbligata dell’efficienza e del rigore finanziario, unitamente a relazioni internazionali stabili e sicure: “… Entro vent’anni– conclude Matteoli- le reti europee saranno congestionate. L’Italia ha la possibilità di svolgere nel Mediterraneo un ruolo di approvvigionatore di gas dal Nord Africa fino al Mar Caspio, divenendo un vero e proprio hub continentale“.

 

Anche Antonio Catricalà, Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, impronta il suo discorso sulla sicurezza e sulla concorrenza dei mercati energetici, perché la competitività deve essere messa in relazione con la sicurezza, soprattutto in materia di trasporto e approvvigionamento di materie prime: “… Dipendiamo per il 57 per cento dalle importazioni extraeuropee di materie prime che entro il 2030 passeranno all’80 per cento. Questo genera preoccupazione, è evidente, anche considerando che mentre l’Europa cerca la regolamentazione del mercato interno, i nostri fornitori gesticono quello esterno in maniera verticale e monopolistica, andando contro il bisogno di liberalizzazione dei mercati da molte istituzioni sovranazionali auspicato“. “Pensiamo– continua Catricalà- alle forniture russe o algerine di gas, con le loro aziende che controllano direttamente le pipe-line, condotte transnazionali che travalicano ogni confine e regolamento“. Altro punto su cui riflettere e anticipato dall’intervento di Matteoli è la mancanza di gassificatori sul territorio italiano, strutture che avrebbero favorito una minore dipendenza dalle forniture extracomunitarie, a cui va aggiunta la scelta infelice, secondo Catricalà, di produrre energia elettrica dal gas.

…Una maggiore offerta di gas permetterebbe di contenere i prezzi, mentre alla stato attuale delle cose potenziare la rete e spendere ingenti finanze in infrastrutture non sarebbe certo una necessità impellente. Magari per il futuro, quando necessariamente il traffico sarà molto più intenso. Diverso è il discorso per l’energia elettrica, che di potenziamento di rete necessita  con grande urgenza nell’immediato“. Su questo, insiste Catricalà, agiscono i nuovi processi di liberalizzazione del mercato che operano in senso di una separazione della rete a livello di gestione, di accesso e trasporto, nel cosiddetto ‘unbundling’, “separazione” delle reti di produzione e di distribuzione di energia elettrica e gas. “…Ciò che auspichiamo– conclude Catricalà- è la nascita di una grande Società europea per la gestione delle forniture e della distribuzione dell’energia a livello comunitario. Una centrale unica di acquisto con una forza contrattuale moltiplicata rispetto a quella del singolo Paese  e magari con il risultato di una più equilibrata politica dei prezzi, fino al consumatore finale, ricordando che chi cresce poco nelle economia odierne, di fatto arretra“.

 

Dal mondo dell’Università, invece, il punto di vista si sposta dalle strategie di mercato alle attività della Commissione relative all’attuale Assetto regolatorio europeo, con l’intervento del legislatore e il peso delle norme sulle libertà dei mercati. Per Gianluigi Tosato, Docente di diritto internazionale presso l’Università La Sapienza di Roma: “… Il fatto che oggi siano le direttive comunitarie a governare le scelte di mercato in tema di energia, la dice lunga sulla scomparsa dei trattati, un tempo valido strumento di regolazione delle scelte internazionali in tutti i campi. L’approvvigionamento del gas è un argomento delicato su cui si sta lavorando seriamente a livello comunitario per trovare l’assetto più equilibrato ed equo, che tenga conto delle istanze del mondo delle imprese, relativamente a competitività, sicurezza, certezza e una maggiore flessibilità in termini di contratti“.

Su questo punto, la contrattualistica e la natura troppo rigida dei trattati internazionali, si sono soffermati in molti, richiamando l’attenzione sulla necessità di una maggiore concorrenza dei mercati e dei soggetti in campo, dove la politica deve, a differenza di quanto successo negli ultimi anni, riprendere il suo ruolo di mediazione e rappresentanza degli interessi collettivi, in questo caso europei. “I punti su cui riflettere sono la competitività dei mercati, le asimmetrie legislative, l’assetto regolatorio e le architetture istituzionali. Cioè, la necessità di un campo di azione livellato dalla politica, il cosiddetto ‘Level playng field’, dove necessità della domanda e strumenti di intervento tendono ad incontrarsi, facendo allentare la presa delle normative comunitarie. Le architetture istituzionali, penso al Forum di Madrid, al Trattato di Lisbona o al CER, sono utili se permettono di rendere fruibili tali strumenti di intervento, che nel caso della concorrenza con i giganti del gas internazionali, veri e propri monopoli intercontinentali, sarebbero l’unica possibilità di gestire le forniture in sicurezza. E quindi la certezza del diritto applicata ai contratti“. Sempre sulla ricerca di una strada che porti l’Europa verso una situazione di equilibrio tra la domanda dell’acquirente, in questo caso noi, e l’offerta dei produttori, Gian Michele Roberti, professore ordinario di Diritto internazionale all’Università La Sapienza di Roma, sostiene che: “…L’assetto regolatorio che attendiamo deve essere utile prima di tutto a garantire rapporti in sicurezza e in trasparenza, tra il terzo settore e le agenzie governative, compresa la tutela del consumatore finale. Il tutto in un clima di maggior coordinamento tra i soggetti sul campo. Su questo si inserisce anche il dibattito sull’ unbundling e la separazione delle proprietà. C’è da chiedesi, a questo punto, se il legislatore possa intervenire in materia di proprietà e in termini di limitazione dei movimenti delle aziende sul mercato e fino a che punto“.

 

Su queste riflessioni inizia anche la seconda sessione del convegno, con il contributo dei rappresentati del mondo delle imprese. Importanti ospiti internazionali hanno portato il punto di vista dei grandi mercati francese, tedesco e austriaco, oltre che italiano evidentemente. A moderare la sessione c’è la giornalista del Messaggero Barbara Corrao, che, oltre a riprendere gli elementi di più alta criticità discussi nella prima parte dell’incontro, pone all’attenzione dei suoi interlocutori il dato del fabbisogno prossimo futuro di gas pari all’85 per cento, con un gigantesco importo di 600 miliardi di euro per l’Europa. E proprio dall’amministratore delegato dell’Eni, Ente Nazionale Idrocarburi, Paolo Scaroni, arrivano le prime considerazioni, soprattutto relative all’unbundling e alla separazione proprietaria, vista criticamente come ‘inutile’ unica panacea di tutti i mali: “…La separazione proprietaria è una soluzione inutile e in prospettiva dannosa per il funzionamento del sistema di trasmissione energetico nazionale e internazionale. Finalmente questa scelta sarà messa in discussione e sarà possibile porre in evidenza i limiti espliciti del testo. I problemi semmai sono ben altri, dalla sicurezza degli approvvigionamenti alla scarsa concorrenza dei mercati. Molto meglio una rete unica europea allora, con la possibilità di creare delle interconnessioni sufficientemente sicure ed efficienti, utili ad una migliore redistribuzione dei surplus di produzione da un Paese all’altro dell’Unione. Una Società europea del gas e dell’energia può inoltre meglio investire in infrastrutture, acquisendo posizione di rilievo sui mercati internazionali, da cui ottenere una fornitura maggiore, a condizioni migliori, con un’adeguata strategia di contrasto verso i monopoli extraeuropei“. “C’è bisogno inoltre– conclude Scaroni- di un maggiore impegno sul versante del risparmio energetico, con una soglia da raggiungere del 20 per cento sui consumi in tutta Europa“.

 

È poi la volta di Didier Sire, Direttore Strategie per Gaz de France, il quale, seguendo il ragionamento di Scaroni, punta ancora il dito sul legislatore evidenziando il bisogno immediato di una strategia comunitaria per aumentare la concorrenza e rendere le reti più efficienti: “…Dobbiamo unire gli sforzi in vista di un mercato unico, ricco di infrastrutture e piani a medio-lungo termine di investimenti in funzione di una risoluzione veloce dei problemi di trasporto e distribuzione del gas. Di una realizzazione della rete unica europea e di un intervento del legislatore più mirato a favorire la crescita della capacità di approvvigionamento sui mercati e della produzione energetica sul continente. Un mercato interno da rendere più forte e non da intasare con una regolamentazione soffocante, proprio in un momento difficile per i mercati internazionali dominati dai grandi monopoli algerini e russi“.

 

Per Johannes Teyssen, Vice Presidente EON, invece, è di primaria importanza sia l’aspetto del consumo energetico, sia la sua riduzione, accompagnata da un comportamento da parte delle imprese e dei consumatori che favorisca un impatto ambientale più sostenibile: “… Bisogna sicuramente investire e investire maggiormente in infrastrutture, semplificando congiuntamente i processi legislativi in atto e le regole del mercato per favorire il potere di investimento e il potere di decisione in sede contrattuale con i fornitori. Investire anche e soprattutto in energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, con un risparmio sul consumo industriale e domestico che dovrà raggiungere un 20 per cento entro il 2015. Vanno aggiunti rifornimenti più sicuri, mercati più integrati, una competizione regolamentata e un impatto ambientale più sostenibile. Quindi una migliore rete di distribuzione, unica per tutta l’Unione, con trasporto delle materie prime più veloce e sicuro“. “Il problema della fornitura di gas e della competitività sui mercati internazionali– conclude Teyssen- si rispecchia in quei due terzi di gas liquefatto che passano per l’Asia, con un rimanente 30 per cento tra Europa e USA. È quindi urgente una politica estera più omogenea dell’Unione, in grado di contrastare le posizioni di monopolio, e allo stesso tempo diversificare considerevolmente il mix energetico“.

 

Per la Gas & Power OMV parla il Direttore Harald Stindl, il quale spiega l’attuale crisi di approvvigionamenti di gas con quella del petrolio: “… Non c’è dubbio che l’attuale fase di forte dipendenza dal gas e di insicurezza sui mercati energetici, con un aumento del prezzo generalizzato, sia da attribuire alla crisi petrolifera. Entro la fine del 2008 la domanda di gas sarà raddoppiata. Servono infrastrutture e grandi investimenti, pur in un clima di forte incertezza. Ci chiediamo:  ma se poi, dopo aver sostenuto la mole di spesa prevista, il mercato energetico riesce a trovare una via di uscita meno dispendiosa? Cosa ne sarà di tutti questi interventi che oggi stiamo pianificando? Chi ci renderà conto degli sforzi sostenuti? Va aggiunto che il gas liquefatto non è ancora una risorsa sicura, come ancora meno sicuri sono i contratti di fornitura con i Paesi produttori, dall’area del Mediterraneo al Mar Caspio, passando per l’Iran. Forse sarebbe meglio riqualificare le reti esistenti? Una risposta potrebbe arrivare dalla creazione di una Società unica a livello comunitario, che sia in grado di posizionarsi come soggetto forte sul mercato internazionale e di rendere flessibile quello interno“.

 

Molto incentrato sul consumatore è stato,  invece, il contributo del Relatore al Parlamento del Terzo pacchetto Energia settore gas, Romano Maria la Russa: “…Liberalizzare il mercato significa andare incontro al consumatore finale, fin troppo vulnerabile sino ad oggi. È auspicabile che quest’ultimo assuma un ruolo più attivo, che possa incidere sul contratto col fornitore, mentre il mercato deve vedere un aumento decisivo del livello di competitività interno. Solo con la concorrenza reale è possibile diminuire i prezzi e i costi in generale della fornitura e della distribuzione. Quindi un maggiore accesso ai dati e una semplificazione della lettura degli stessi“. “Per affrontare le sfide che oggi abbiamo evidenziato– conclude La Russa- c’è bisogno di un’azione più coraggiosa ed incisiva da parte dell’Unione proprio sul processo di liberalizzazione del mercato interno“.

 

Entrando nella terza sessione del convegno troviamo proprio le Autorità e i rappresentati delle istituzioni europee, con il loro punto di vista su mercato interno, l’assetto regolatorio e i rapporti con le imprese. Moderatrice del dibattito la giornalista del ‘Il sole 24 Ore’ Laura Serafini , che ha riassunto le posizioni degli operatori, con quelle di Francia e Germania favorevoli ad una rete unica e ad una posizione europea più omogenea, con cui acquisire un peso di rilievo sui mercati internazionali. Il primo ospite a prendere la parola è stato David Halldearn, consigliere per gli affari europei dell’Autority  britannica OFGEM: “… L’Europa sta attraversando un momento di difficoltà e di transizione legato soprattutto alla nascita di un mercato unico e, specularmene, un unico mercato energetico, su cui già si affacciano le insicurezze degli approvvigionamenti e delle forniture. I processi di liberalizzazione del mercato energetico e il disegno del Terzo pacchetto potrebbero, in termini di tempo ragionevoli, apportare quei miglioramenti finalizzati alla realizzazione della rete unica europea e a una diminuzione dei costi. Questi due punti passano da subito per una rete integrata su servizi di interconnessione efficienti. I costi sono alti, circa 3 milioni di miliardi di euro, per questo sarà fondamentale avere un contesto legislativo più flessibile e più orientato al concetto di Level playng field“.

 

Favorevole ad un processo di liberalizzazione più veloce è anche Jorge Sanz, Direttore per la Spagna delle Politiche energetiche e minerarie: “…Negli ultimi anni in Spagna si è avuto un aumento di domanda energetica del 10 per cento, fortunatamente abbiamo potuto godere di un mercato interno più flessibile perché parzialmente liberalizzato e quindi più competitivo, che ha permesso un contenimento dei costi e dei prezzi al consumatore finale. Fondamentale è il controllo dei picchi di domanda, sempre più frequenti anche in considerazione dei cambiamenti climatici che sono sotto i nostri occhi. Importante allora è aumentare la competitività, attraverso processi legislativi più snelli e trasparenti, nonché contratti più flessibili e un mix energetico più diversificato“. 

 

A concludere anche quest’ultima sessione viene chiamato Antonio Pilati, Commissario dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, per il quale la prima cosa da fare è stabilire qual’è il  mercato di rilevanza, perché solo così si può intervenire con delle politiche di investimento e una piattaforma legislativa adeguata: “… Realizzare una rete di distribuzione energetica comune, europea, come è stato per le Telecomunicazioni dieci anni fa. Questo il passo da compiere. Pensare a un mercato dell’energia a livello comunitario significa attivarsi per la costruzione reale del mercato unico europeo, dove andare a intergare il sistema di tutte le infrastrutture necessarie, i giusti canali di accesso per tutti i soggetti che vi operano e quindi un settore che premi la concorrenza leale. Perché l’integrazione si fa solo con tutti i soggetti in campo, con cui dialogare e analizzare i rischi del momento. Anche la regolamentazione del mercato deve contribuire con le sue proprietà di certezza e rigore, soprattutto nelle sanzioni verso chi si fa promotore di comportamenti scorretti“.

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