Italia
La giornata di giovedì 10 luglio 2008 può consentire al Roma Fiction Fest di vantare un record: 3 convegni 3, tutti di buon livello, in un sol giorno. Il che ha costretto l’operatore del settore o il giornalista inviato a rinunciare, o quasi, alla visione di… fiction. Un gran parlare, insomma, di fiction, con molti interessanti stimoli. Ci si augura che i promotori del festival vogliano, in occasione della terza edizione, proporre gli atti dei convegni della seconda.
“Guardare la fiction” nella quadricromica dettagliata analisi proposta da Flavia Barca, Coordinatrice dell’Istituto per l’Economia dei Media (Iem) della Fondazione Rosselli, è stata esperienza intellettuale illuministica, e proprio da questa ricerca si è dipanato il dibattito sul futuro, anzi sul “diritto al futuro” della fiction italiana (questo il titolo del convegno “istituzionale” del Roma Fiction Fest), a cui ha preso parte il fior fiore ovvero il gotha della tv italiana, ovvero dell’intelligenza mediale al potere (o no?!).
La ricerca Iem quantifica in circa 740 milioni di euro le dimensioni complessive del comparto, con un fatturato medio di 6,4 milioni di euro per impresa. Le prime 10 società assorbono una quota del 63% del business totale, ed è evidente il livello di concentrazione. Oltre l’80% dei fatturati si concentra nel Lazio, ovvero a Roma. Lo studio diretto da Flavia Barca ed Andrea Marzulli rappresenta senza dubbio un contributo valido alla migliore conoscenza del settore, in assenza di ricerche accurate, almeno di pubblico dominio: si ricordi che, nel 2001, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni affidò ad un altro istituto di ricerca (IsICult) la prima ed unica ricognizione a tappeto del settore della produzione in Italia, e venne elaborata la prima edizione dell’ “albo dei produttori indipendenti”. Dopo quella esplorazione, il silenzio più assoluto da parte dell’Agcom, che ora definisce “indipendenti” i produttori sulla base, di fatto, di simpatiche autocertificazioni… Una situazione al limite del ridicolo come ha lamentato lo stesso Malesani, nel convegno promosso da Gianni De Michelis, su cui abbiamo già scritto.
L’attività dei produttori televisivi indipendenti “è precaria”: lo ha riconosciuto a chiare lettere Fabiano Fabiani, Presidente dell’Apt – Associazione Produttori Televisivi, aprendo i lavori del convegno sul valore della fiction in Italia, nell’ambito del Roma Fiction Fest. Il Presidente dell’Apt ha sostenuto che questa precarietà dei produttori indipendenti è da ricercare nel fatto che “una volta realizzata l’opera, al produttore non resta nulla ne di materiale ne di immateriale. Una precarietà quindi non legata alla domanda del prodotto, ma a quest’altro aspetto”.
Il Presidente della Rai Petruccioli ha preso spunto dalla ricerca Iem, per avviare una appassionata lettura quasi processuale della televisione pubblica, oscillando da un “j’accuse” ad un “mea culpa”, estremi che hanno sintetizzato con lucidità spietata i mali endemici (e quelli passeggeri) della Rai, ma concludendo con un singulto di paterno amore per una creatura, che, nonostante a tanti malanni, cresce e rimarrà solida e forte, a parlare un linguaggio comune all’Italia, anzi l’unico “italiano”, come ha sapidamente ricordato il Sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani, ad essere stato divulgato a livello capillare, dopo che il buon Manzoni aveva teorizzato che il dialetto toscano divenisse lingua nazionale.
E proprio a questa lingua nazionale, si riallaccia l’appassionata requisitoria di Andrea Purgatori, il quale ha chiesto a gran voce che la fiction italiana racconti sempre più una versione vera ed autentica dell’Italia di oggi, come avviene nel modello narrativo americano, che ci continua a sparigliare sugli ascolti, perché sa raccontare, e si sa raccontare. Purgatori ha chiesto che non solo agli autori ma anche ai produttori vengano restituiti i loro diritti e la loro dignità professionale, e non siano più considerati mera cinghia di collegamento tra autori e broadcaster: “se investimento ci deve essere, che si investa sulla questione e sulla ricerca creativa!”, ha chiesto.
“E noi questo facciamo!”, ha risposto al volo Fedele Confalonieri, Presidente Mediaset, il quale ha lamentato una sorta di atto di accusa, nell’impostazione del convegno del Roma Fiction Fest e della ricerca Iem, reagendo con orgoglio e rivendicando la qualità delle decisioni strategiche del gruppo: “Quando entriamo in Endemol, noi compriamo una capacità, quindi investiamo non su un pre-concetto tecnico, ma su una intuizione progettuale. L’impresa è questa, ma non dobbiamo mai dimenticare che ai diritti imprenditoriali – così intensamente reclamati in questa sede – fanno sempre seguito rischi gestionali ed economici, che alcuni sembrano non voler prendere in considerazione. Impariamo piuttosto a recitare in inglese, invece di dire che il prodotto italiano non si esporta perché siamo solo in 2 o 3 a gestire il mercato interno. Il problema della lingua va riconsiderato seriamente, e altrettanto seriamente vanno ricercati bersagli oggi più giusti da centrare con politiche dinamiche e sinergiche“.
E sull’onda della questione della lingua, Kathrin Fink, Direttrice dei Programmi di Sky, ha sostenuto che l’inglese, per la fiction italiana, può essere un problema oggettivo di penetrazione all’estero, ma non si deve essere pessimisti. L’Italia è uno dei Paesi più forti, per numero di ore di produzione e trasmissione televisiva di prodotto fiction. E’ dunque un’industria in crescita la nostra, ma dobbiamo considerare anche che sta crescendo all’interno di una nuova fase di sviluppo del mercato internazionale: e, se è vero che la pervasiva digitalizzazione della tv favorisce lo sviluppo della fiction, è altrettanto vero che nel Regno Unito la televisione a pagamento viene fruita dal 50 % ed oltre del totale della “popolazione televisiva”, in Francia dal 40 %, mentre in Italia siamo ancora solo intorno al 20 %.
E sulla regolamentazione giuridica di strategie vecchie e nuove, molto hanno avuto molto da dire Enrico Fabrizi, consulente giuridico dell’Apt Apt, e Laura Aria, Direttore generale Contenuti Audiovisivi e Multimediali dell’Agcom, concordi nell’affermare che la legge n. 122 (che ha recepito tardi e male la direttiva comunitaria “Tv senza frontiere”) deve essere riconsiderata, poiché cosi com’è nega il ruolo centrale del produttore, consegnando di fatto ai broadcaster poteri maggiori e intoccabili. Il sogno è quello di introdurre anche in Italia un il ben temperato “modello britannico”, nel quale il legislatore regola in modo preciso ma al tempo stesso lascia campo aperto alle negoziazioni tra le parti. In un equilibrio tra certezza della norma e dinamiche di autoregolazione e “co-regulation”, si deve cercare l’habitat adeguato per stimolare la crescita dell’industria nazionale della fiction.
Non così pessimista il contributo di Paolo Gentiloni, membro della Commissione di Vigilanza Rai, che ha invece ravvisato nella produzione nostrana una storia di successo, anche da un punto di vista industriale: secondo l’ex Ministro, lo strapotere dei broadcaster starebbe regredendo, e cominciano ad affacciarsi al mercato anche dei grandi nuovi “player”. Lo snodo fondamentale è che la televisione deve uscire dalla sua “fase adolescenziale”, e liberarsi del meccanismo “paghi 1 porti via tutto”, che ha dominato sinora il mercato dei diritti. E una televisione adulta sa che “non esistono diritti senza rischi”.
E’ stato Maurizio Beretta, Direttore Generale della Confindustria, a pronunciare per primo il concetto di maggior successo di questo convegno: “invitiamo tutte le parti a mettersi attorno ad un tavolo di lavoro”. In verità, l’idea era stata lanciata da De Michelis nel succitato convegno del 9 luglio. L’ex Direttore delle Relazioni Istituzionali ed Internazionali della Rai ha sostenuto che soltanto guardando a dimensioni sovranazionali si possono avere spazi veri di crescita e di qualità, soprattutto in vista di nuove norme che prendano in considerazioni una filiera produttiva integrata.
E qui Petruccioli ha reagito, sostenendo che qualche “tavolo” è stato già aperto, e che va apprezzata la disponibilità sia dei broadcaster sia dei produttori ad accettare l’indicazione di una comune strada da seguire. E sotto l’egida di questa “stella polare”, prendere in seria considerazione il progetto di una vera e propria “partnership” tra broadcaster e produttori. Quindi detta quattro concetti ben riassunti: “(1.) ideazione (2.) investimenti (3.) valutazione (4) contrattualizzazione attraverso spazi negoziali da estendere”.
Voce dissidente Confalonieri, che ha sostenuto invece che ciò che è produttivo, lungi dall’essere il “mettersi d’accordo”, è invece il “conflitto”, che stimola la creatività e la competitività: “Ognuno di noi deve fare il suo mestiere, bisogna evitare il rischio di corporativismi. Vince chi fa il prodotto più bello. Il secondo si attacca!”.
Paolo Romani, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, ha dato la parola definitiva a questo dibattito sagace e mordace: “per innovare e per essere competitivi, in Italia e all’estero, dobbiamo creare una sinergia tra il concetto di ‘regola’ e il concetto di ‘mercato’. E, se è vero che siamo in una fase matura dello sviluppo del mercato, allora è tempo che, intorno ad un tavolo di lavoro operativo, non seggano solo istituzioni e broadcaster, ma segga anche l’industria: ed è a questo tavolo tripartito che vanno consegnati i documenti di questa festa, in modo che essa sia madre propositiva e non cometa splendente“.
A questo punto, il Presidente della Regione Piero Marrazzo, nel suo stringato e efficace saluto finale, dopo aver individuato la produzione di fiction tra i 5 “distretti industriali” più importanti della Regione, ha lanciato una serie di proposte a lungo termine, con l’idea di rafforzare le fondamenta di questa nascente industria: “Nel Lazio, l’audiovisivo avrà più giorni e più case, luoghi concreti per sprovincializzarsi, per parlare più lingue, proprio qui sul Tevere. Allora internazionalizziamo questo appuntamento: facciamo Sistema-Paese, uniamo Roma e Milano per costruire insieme un ‘Romifed’, che aiuti a far rinascere il Mifed. Sì ad una filiera verticale, ma che sia proprio Roma a porre a tutto questo mondo – fatto di prospettive future e di progettualità in fieri – lo scioglimento di ogni nodo“.
Da segnalare che il Sottosegretario Romani, a margine del convegno, ha dichiarato che dovrebbe svolgersi il 21 luglio il definitivo incontro “chiarificatore” tra lui ed il Commissario Ue alla Concorrenza Neelie Kroes, dopo i chiarimenti chiesti da Bruxelles sulla normativa italiana in materia di tv. Romani ha annunciato che il suo Ministero ha messo a punto l’ulteriore risposta ai 20 quesiti posti dalla Commissione, in particolare sulle nuove norme inserite nel decreto “salva-infrazioni” approvato dal Parlamento a giugno: questa documentazione dovrebbe consentire di evitare la prosecuzione della procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia nel 2006. Il Sottosegretario ha anche ribadito che il governo intende anticipare il termine per il passaggio definitivo al digitale terrestre, “che il governo precedente ha fissato al 2012, ed è un peccato: eravamo i primi sul cammino verso la nuova tecnologia, rischiamo di diventare gli ultimi. Cercheremo perciò di accelerare al massimo, attivando il processo di digitalizzazione anche nel Lazio: ne parlerò oggi stesso con il presidente della Regione, Piero Marrazzo. Speriamo di arrivare, area per area, allo spegnimento completo dell’analogico ben prima del 2012″ .
Pomeridiano e meno paludato, il dibattito guidato con pugno di ferro e sorriso smagliante da Moira Mazzantini, su iniziativa della Lara, la Libera Associazione Rappresentanti Artisti, il cui tema “La gestione del talento: la funzione dell’agente nella costruzione della fiction” ha visto contrapporsi, come ai bei tempi della Pantera, il mondo diciamo così accademico e un pubblico invece rumoreggiante e nient’affatto contento dell’impostazione data alla “chiacchierata tra amici”, come la stessa Mazzantini ha definito la tavola rotonda (e “aridaje co ste tavole!!!”, ha commentato qualcuno del pubblico, che evidentemente aveva partecipato anche al convegno istituzionale della mattina). Carol Levi, Giancarlo Scheri (Mediaset), Francesco Nardella (Rai): una voce comune nell’affermare che l'”agente” è una figura fondamentale nello scovare e soprattutto nel gestire i nuovi talenti creativi, voce peraltro accompagnata dall’endecasillabico istrione Alessio Boni, strenuo sostenitore della durissima gavetta ventennale, prima di brillare agli occhi dell’attento agente, messo apposta dal fato a riconoscere il talento dove sta, e a buttare alle ortiche la presunzione di talento ove esso non sia supportato da riscontri oggettivi. Soave, la voce di Lucrezia Lante della Rovere ha suggellato la fondamentale importanza dell’agente nella sua vita professionale, come punto fermo e quasi terapeutico, lanciando quindi uno sguardo di infinita gratitudine alla sua (che non la molla da qualche anno). Ma allora, se gli agenti passano la loro vita a scovare talenti straordinari e non solo ventenni (perché pare che ci sia spazio anche per geni “over 40”), dove va a finire la presunta immane produzione di alta qualità che ne dovrebbe scaturire naturalmente, e che in televisione non si vede?! Dal pubblico, serpeggia un orribile dubbio: e se dietro questa amena chiacchierata, ci fosse un bel pacchetto preconfezionato irraggiungibile e blindato? Altro che talenti, altro che meritocrazia… “a noi pare che ci siano sempre i soliti”, dice qualcuno… Risponde il produttore Roberto Sessa, gentile ma gelido: “oggi stiamo molto meglio che 10 anni fa“. Ha snocciolato qualche dato sulle nuove serie e prodotte in cantiere e sul lavoro che ci sarebbe. Qualche brusio in sale, ma… tempo scaduto. Moira toglie la parola a tutti, e congeda i suoi ospiti con gran classe infinita.
In un trip convegnistico ad alta concentrazione, uno sguardo anche alla conferenza dedicata alla eterodossa “brutta” Betty (ovvero “Betty la fea”, nel titolo originale), interessante caso di format di successo internazionale con ormai una decina di “declinazioni” nazionali, irriducibile creatura di genio colombiano (l’autore primigenio è lo scrittore Fernando Gaitan) disincantato e sorridente, apre finalmente una speranza; e se il futuro della nostra fiction sia proprio in quel “brutto trasversale” che sta conquistando il mondo, e che ce la fa, tenacemente, caparbiamente fondando la propria forza solo nella consapevolezza della propria volontà e della propria ironia? In fondo, la realtà della quotidianità è più “brutta” di quella patinata e cheta che spesso ci viene proposta da certa fiction (ogni riferimento a “I Cesaroni” è casuale). Ed in effetti i lavori si chiudono sull’immagine di un sorriso. Non falso e sfigurato dal silicone, ma timido e sgangherato, in cui però oltre al metallo della macchinetta raddrizzadenti, brilla ineffabile la luce di una legittima faticosa vittoria. Meditate gente, meditate…
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Angelo Zaccone Teodosi, Presidente di IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale