Lavoro flessibile in uno Studio Avaya. Attura: ‘Superato il digital divide tecnologico resta la difficoltà d’accesso al telelavoro’

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Ragazzo al computer

In Italia il telelavoro rappresenta una risorsa potenziale ben percepita sia dai dipendenti che dai datori di lavoro, e nonostante è dimostrato che il cosiddetto “lavoro in mobilità” può aumentare i ricavi del +25%, solo un’azienda su cinque (17%) offre opzioni di lavoro flessibile a tutti i propri dipendenti. Questo dato risulta essere alquanto significativo se viene considerata la percentuale dei lavoratori italiani (38%), la più alta in Europa, che si dice pronto a licenziarsi in cambio di un telelavoro, a parità delle altre condizioni contrattuali.

 

Questo è lo scenario che emerge da un nuovo studio indipendente commissionato da Avaya, intitolato “Lavoro flessibile in Europa e in Russia“. La ricerca riflette esattamente le opinioni espresse da oltre 3.000 lavoratori di Francia, Germania, Italia, Russia, Spagna e Regno Unito che non fanno altro che evidenziare la presenza di un nuovo Digital Divide: sembra infatti superata la differenza tra chi ha accesso alla tecnologia e chi invece no al cospetto del divario creato dalle aziende tra i chi ha accesso al telelavoro e chi no. 

 

Secondo la ricerca Avaya , in media solo il 17% delle imprese in Europa garantiscono a tutti i propri dipendenti la possibilità di un telelavoro, rischiando, in questo modo, non solo di non cogliere un enorme vantaggio competitivo, ma anche di perdere la produttività e la soddisfazione dei dipendenti causando, seppur in modo a volte inconsapevole, un divario digitale all’interno dell’azienda tra chi ha accesso al telelavoro e la maggioranza dei non “privilegiati”.

 

Di fatti, più dei tre quarti della forza lavoro europea (78%) prenderebbero in seria considerazione l’ipotesi di cambiare posto di lavoro a fronte della garanzia di tecnologie e modelli di lavoro flessibili, mentre il 94% reclama l’accesso al tele-lavoro alla propria azienda.

 

“Il cosiddetto digital divide era solito indicare la differenza tra chi aveva accesso alla tecnologia e chi invece no“, ha sottolineato Gianluca Attura, Amministratore Delegato Avaya Italia. “Quello che mostra questo studio è un nuovo tipo di digital divide: il divario che esiste tra le aziende che hanno compreso l’opportunità di guadagnare in produttività ed efficienza dalla propria forza lavoro conservando il personale migliore, e quelle che invece mettono a rischio la loro attività dal momento che non possiedono la tecnologia capace di rispondere a quello che i dipendenti richiedono”.

 

Di seguito altri dati emersi dallo studio:

 

      Il 30% dei senior manager europei ritiene che le tecnologie e le policy per il telelavoro permetterebbero alle aziende di essere molto più competitive sullo scenario mondiale;

      In Europa le PMI sono molto meno inclini (57%) a garantire condizioni di telelavoro rispetto a realtà di maggiori dimensioni (74%);

      Circa la metà dei dipendenti europei (44%) ritiene che il non poter lavorare da casa sia indicativo di un’azienda dalle policy lavorative obsolete;

      Inoltre oltre un terzo (35%) di coloro che lavorano presso organizzazioni senza flessibilità è convinto che l’azienda possieda in realtà le tecnologie adatte ma abbia scelto di non utilizzarle;

 

“Le soluzioni di Unified Communications sono semplici e scalabili e possono concretamente aiutare le società a rispondere alle aspettative dei propri dipendenti, aumentando al tempo stesso la loro produttività“, ha concluso Attura.

 

Difatti, secondo una ricerca separata condotta da Avaya nell’aprile 2008, più della maggioranza delle piccole e medie aziende italiane intervistate (circa il 56%) riconosce che è lo stress a recare il maggior danno alla produttività del dipendente, anche più dei giorni di malattia (24%). In termini economici, inoltre, la perdita nei ricavi dell’azienda dovuta all’assenteismo è calcolabile intorno ai 13.000 euro l’anno mentre il risparmio ottenibile da parte del telelavoratore (in trasporti, pasti, ecc) può arrivare a circa 7.000 euro l’anno.

 

 

 

 

*Ai fini del presente sondaggio, per lavoro flessibile si è considerata la condizione in cui i dipendenti non sono tenuti a svolgere le loro attività durante un orario di lavoro fisso o necessariamente presso gli uffici aziendali, bensì in base a una programmazione oraria e in un luogo scelti a loro discrezione.

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