Italia
Ripartire dalle linee di sviluppo per la transizione armonica dall’analogico al digitale, nelle bande VHF ed UHF, con riferimento alla radiodiffusione di segnali sia televisivi sia sonori. Questo quanto deciso dalla Conferenza Regionale di Ginevra di giugno 2006 e questo il punto da cui è partito il 9° Seminario Bordoni sulla “Radiofonia digitale“. Un processo di transizione e di riallocazione avviato in tutta Europa per il servizio televisivo e per il servizio di radiodiffusione sonora, che in versione digitale offrirà enormi vantaggi di qualità e prestazioni. Il progetto di transizione interesserà molte altre gamme di frequenza e implicherà un momento di scelta fra standard di diffusione di diverso tipo.
Ospite dell’incontro alla FUB – Fondazione Ugo Bordoni, che ha visto come di consueto il contributo tecnico organizzativo di ISIMM, è stato Nigel Laflin, responsabile dell’area ‘Spectrum Management’ nel ‘Distribution Department’ della BBC. Nel suo intervento Laflin ha offerto un’approfondita analisi dei maggiori aspetti tecnici legati all’utilizzo della radio digitale nelle diverse bande di frequenza, delineando il quadro complessivo della situazione internazionale nel processo di introduzione delle nuove piattaforme di radiodiffusione sonora. La radio digitale è divenuta una realtà grazie all’implementazione di altre piattaforme tecnologiche, della disponibilità sostenuta di contenuti digitali, di una rete di copertura sempre più ampia e di una vasta gamma di dispositivi elettronici.
Una radio che in definitiva, ricorda in apertura di Sessione Antonio Sassano, Direttore Generale Fondazione Ugo Bordoni, si trova nella possibilità di aumentare enormemente le sue possibilità come mezzo di trasmissione di dati non solo voce ma di qualsiasi altra origine, come anche video, in modalità portatile o mobile, senza dover fare a meno del suo importantissimo bagaglio di competenze, risorse e specificità culturali che le ha garantito l’analogico. Da definire e condividere rimane però l’importantissima questione dell’assegnazione delle frequenze, di come sistemare le diverse piattaforme tecnologiche all’interno dello spettro, tra cui ovviamente la radio. Il tutto in un momento di ridefinizione digitale di tali strumeti e in un contesto di confronto tra istituzioni, produttori e operatori, con l’utente finale in attesa degli esiti.
Una radio digitale che probabilmente non passerà per nessuno switch-off analogico. Questo almeno è quanto emerso in modo chiaro, non solo dalle parole di Laflin, ma anche dalle posizioni degli invitati alla successiva e ormai consueta tavola rotonda pomeridiana che caratterizza i Seminari Bordoni.
Dalle problematiche e domande aperte risulta evidente che il processo di trasformazione a cui va incontro la radio rientrerà in un più vasto e complesso momento di transizione che va dalla televisione alla telefonia mobile. Uno dei rischi è quello di rimanere assorbiti da altre piattaforme, come il Web o la mobile tv, o magari rimanere tagliati fuori nell’assegnazione delle frequenze dello spettro. Un punto molto importante e delicato su cui si sono spesso soffermati Laflin e gli altri invitati al tavolo di discussione.
L’intervento di Nigel Laflin si concentra quasi da subito su quelli che sono gli standard tecnologici dai quali è possibile portare avanti il percorso di digitalizzazione della radio: il DAB (Digital Audio Broadcasting), DAB+, DRM (Digital Radio Mondiale), DRM+, SDR (Software Defined Radio), DVB-H (Digital Video Broadcasting – Handheld), la visual radio e ovviamente la piattaforma analogica. Da questi elementi discendono le diverse fruizioni del mezzo, via satellite, Web, mobile phone, podcast, download e DAB radio. Proprio quest’ultima modalità viene ad essere il canale su cui sarà possibile sviluppare una grande multipiattaforma con cui trasmettere dati di diversa natura, prevalentemente multimediali.
“… La radio piace– spiega Laflin – e come media vive un momento di assoluta vitalità. Le sue caratteristiche di mobilità, di accompagnamento delle attività umane, lo rendono un mezzo insostituibile presso il pubblico, tanto che le sue utilizzazioni multimodali non sempre hanno dato risultati convincenti, soprattutto nelle declinazioni televisive e sul Web“. “Le sue proprietà di praticità, interfacciamento, semplicità nell’uso come nei comandi, pongono la radio in una posizione di assoluto vantaggio, un’eredità analogica che deve essere mantenuta– continua Laflin- ampliandone le capacità tecniche con un aumento delle frequenze a disposizione che garantirebbero un vasto menù di offerta di servizi e prodotti audio/video, un utilizzo più diffuso nella telefonia mobile e sul Web, dei costi molto bassi e un ulteriore aumento di utenti. Il Digitale Terrestre potrebbe presentare una grande opportunità in questo senso, perché permette ai broadcaster di gestire i processi di trasmissione, di gestione dei canali e dei servizi che vi transitano. Un’ottimizzazione definitiva delle risorse dello spettro“.
La famiglia degli standard DAB presenta inoltre un alto grado di standardizzazione e di complementarietà. Parliamo del DAB, DAB+, DMB (Digital Multimedia Broadcasting) e il DMB IP, quindi un sistema di trasmissione radio digitale per inviare dati multimediali (radio, tv, video) a dispositivi portatili come i telefonini ma su protocolli di interconnessione di reti Internet (IP). Tutti elementi interoperabili tra loro, scalabili e che fanno affidamento ad uno stesso multiplex. Utilizzabili tutti anche nella visual radio.
Ognuno di essi può interagire nello stesso multiplex, aumentandone le capacità di servizio: ” …Il DAB+ è un esempio dello standard attrezzato con codec audio similare agli altri appena visti. L’unico problema che presenta– afferma Laflin- è nello scambio dei servizi approntati, perché la ricezione non presenta caratteristiche funzionali a tale attività di condivisione tra diverse piattaforme. Comunque il 98% degli apparecchi radio utilizzano l’MPEG2 audio codec in standard DAB. Il DAB+ ne migliora decisamente la capacità di codifica, soprattutto nelle modalità previste dall’HEACC (High Energy Accelerator Conference) e con le proprietà tecnologiche e di armonizzazione garantite dall’SBR, Spectral Band Replication“. “La famiglia degli standard DAB è stata adottata in Francia proprio per riprodurre su larga scala i benefici di cui abbiamo parlato. Il limite sta nelle caratteristiche della rete di copertura locale, nello stato della banda scelta, nei dispositivi di ricezione, dalle specifiche tecniche decise“. “Il DAB, grazie ai componenti MPEG-TS, può essere utilizzato sia per contenuti audio che video, ma, seguendo le indicazione del WorldDMB forum, si è preferito scegliere il DAB e il DAB+ per le trasmissioni radio, e il DMB per quelle televisive. In Inghilterra il 28% delle abitazioni monta DAB, ben 15 milioni di utenti di cui l’11% ascoltatori di trasmissioni radio. Un mercato dai grandi numeri e dal prezzo altamente competitivo: 23 per ricevitore. La copertura delle radio locali su analogico rimane alta, col 99% della penetrazione abitativa e l’82% di ascolto, ma è in progressivo declino a favore del DAB e del Mobile”.
Per la BBC inglese non è ancora tempo di scegliere quale piattaforma sia meglio tra le tante nel multimediale. Il DAB permette di utilizzare le risorse dello spettro in modo efficiente, tanto da liberare altre porzioni dello stesso per diversi utilizzi. In Francia e USA pensano alla radio su satellite, ma il problema rimane sempre non tanto quello dei costi e della qualità delle tecnologie in campo, quanto quello dell’uso che gli utenti finali ne faranno. Inutile arrivare sulla luna se bastava fermarsi a guardarla da una finestra, dice Laflin. Quello che gli utenti vogliono da una radio è continuare a sentirla dove e come vogliono, mentre si fanno la doccia, mentre lavorano o si spostano in auto. Tant’è che la BBC insiste nell’industria automobilistica per l’adozione del DAB e dei suoi servizi audio-vocali.
“… Bisogna smetterla di farsi la concorrenza tra broadcaster– dice Liflin- soprattutto sui mezzi. Semmai è utile sui e per i contenuti. Bisogna cooperare e condividere le risorse ed i loro costi. Utilizzando le reti preesistenti. Ottimizzando le allocazioni delle risorse assegnate dallo spettro. La Regional Radio Conference 2006, nell’attuazione degli accordi di GE06 (Ginevra 2006), ha fissato il percorso della digitalizzazione dello spettro entro il 2015 in tutta Europa“. “Nella suddivisione delle bande il DAB, assieme al DVT-B, è finito in terza banda, da 174 Mhz a 230, che coincide con la banda L. La stessa per la Mobile tv, la wireless broadand e la radio sul satellite. A questo punto secondo le mosse decise dalla RRC 06 (Regional Radiocommunication Conference 2006) i prossimi passi sono la digitalizzazione delle bande I e II e il conseguente potenziamento della HD Radio attraverso il DRM, con i suoi skills di flessibilità, interoperabilità, efficienza, facilità nell’uso e non necessitante del multiplex“.
Come spiega Liflin, la famiglia del DAB è perfettamente complementare alle specifiche DRM che a sua volta lo sono col Web. Il DRM, lo ricordiamo, è l’acronimo di Digital Radio Mondiale, l’unico sistema mondiale di trasmissione digitale non proprietario previsto per le onde corte, medie e lunghe in grado di utilizzare le stesse frequenze attualmente assegnate al servizio di radiodiffusione in AM. Il DAB potrebbe quindi utilizzare Internet come piattaforma principale. Un nuovo panorama tutto da esplorare di cui già con l’SDR, Softwares Defined Radio, si è riusciti a verificare i risultati ottimali. Un apparecchio di radiotrasmissione a larga banda, quest’ultimo, dove la demodulazione e la gestione del protocollo sono delegate ad un software riconfigurabile. In questo modo è possibile ottenere, perlomeno in linea teorica, uno strumento in grado di ricevere qualunque comunicazione a radiofrequenza, indipendentemente dalla modulazione e dalla frequenza utilizzate.
Con la tavola rotonda successiva a l’intervento di Niegel Laflin, si apre la sessione pomeridiana dal titolo “Radio digitale: competizione, complementarietà e sinergie“. Mario Frullone, Direttore ricerche della FUB, ha presentato subito il primo intervento con l’apporto tecnico alla discussione dato da un esperto della Fondazione Bordoni: Guido Riva. Il responsabile dell’Area Sistemi Radio della Fondazione ha infatti inquadrato le problematiche di introduzione della radio digitale in Italia nel complessivo panorama europeo. Ponendo in evidenza i ruoli dei due attori principali: utenti finali e operatori.
“… La situazione italiana può sembrare arretrata rispetto all’Europa– ci dice Riva- ma la sperimentazione che facciamo ci consente di procedere in avanti nonostante i problemi del nostro sistema di riferimento. Inoltre, essere tra gli ultimi porta con sé il favore dello sviluppo dell’arte a cui noi arriviamo quando questa è già ottimizzata e stabilizzata, sia nelle prestazioni che nei costi“. “ Il punto di vista dell’utente e quello dell’operatore-conclude- sono equidistanti. I nuovi dispositivi per il primo si presentano sempre più multifunzionali, a cavallo tra Mobile tv e Web Tv. Per l’operatore ciò che conta è il momento dell’assegnazione delle frequenze e la gestione delle risorse. Sono questi due elementi a fare la differenza in un momento delicato come questo di transizione da una piattaforma ad un’altra“.
Una spiegazione quella di Riva che parte mettendo in evidenza le caratteristiche della fruizione dell’utente finale, dovute all’ambiente di riferimento e alle diverse capacità ricettive che ne conseguono. Come i principali dispositivi di comunicazione utilizzati dai segnali radio: come il MIMO, multiple-input and multiple-output, cioè l’utilizzo di antenne multiple sia da parte del trasmettitore che del ricevente per aumentare la capacità di comunicazione del mezzo radio. Quindi il Multiplexing Gain e lo sviluppo di canali che lavorano in parallelo. Con un futuro, in definitiva, che è sempre più legato alla Cooperative Diversity, ovvero la combinazione di diversi segnali che contribuiscono all’implementazione dei processi di codifica all’interno della comunicazione tra trasmettitore e ricevitore. Ma è lo stesso DAB ad essere in grado di fornire più contenuti digitali, dirottando il flusso della rete verso il bacino utenti, pur rimanendo la radio digitale uno strumento, come abbiamo visto al momento, dall’uso prevalentemente tradizionale.
Mario Frullone, coordinatore e moderatore della tavola pomeridiana, nel riprendere la presentazione di Laflin, riporta la discussione sul terreno della banda terza e della spartizione delle frequenze, sia televisive che della telefonia mobile. Un ampio spettro di possibilità che genera un nuovo flusso di contenuti e un vasto mercato di dispositivi elettronici dedicati: “… Pensiamo ad Android di Google, o all’iPod di Apple. In mezzo possiamo posizionare la radio digitale. Un mezzo tra i più familiari e che tanto spazio occupa nelle abitudini di consumo di ogni tipologia di utenza. C’è allora da chiedersi quale sarà il futuro tecnologico del mezzo, soprattutto sul mercato. Come ascolteremo la radio? Ci sarà bisogno di interventi? E da parte di chi? È una piattaforma stabile? Quale potrà essere il ruolo dei Providers di contenuti e servizi aggiuntivi?“.
Le prime risposte arrivano da Francesco De Domenico dell’Associazione Radio Digitale- Italia: “… La radio è ormai ascoltata quasi totalmente con l’ausilio di transistor portatili. Gli altri mezzi, come tv e Web, non si sono diffusi in questo senso. Nel Regno Unito la radio portatile batte anche quella su Web. È accesa per una media di 3 ore al giorno e per il 70% è fruita in mobilità. L’unico problema della Radio, senza parlare di mezzi di comunicazione di massa tradizionali o generalisti, non è nel suo futuro o nella sua imminente morte. La radio gode di buona salute e le stime sono lì a dimostrarlo. La sua unica povertà è nelle risorse, sia economiche che di assegnazione di frequenze sullo spettro in Europa. L’unico vero suo concorrente è il cellulare. La radio passerà totalmente al digitale per migliorare la stabilità del mezzo e per un rinnovamento dei contenuti“.
Sul processo di digitalizzazione della radiodiffusione c’è anche una delibera del 2005 che prevedeva una pianificazione dello sviluppo del mezzo in senso digitale, tramite standard tecnologico DAB e su banda L (VHF) e M. A tal proposito interviene Roberto De Martino dell’AGCOM: “… Attendiamo ancora l’applicazione della delibera del 2005 relativa revisione del piano nazionale di assegnazione per il servizio di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale DVB-T. Tra i molti fattori che ne hanno rallentato lo sviluppo ci sono sicuramente e paradossalmente le ultime realizzazioni tecnologiche che hanno ulteriormente occupato le frequenze disponibili. È auspicabile e nel più breve tempo possibile una modifica alla delibera con un nuovo assetto regolatorio da raggiungere con la partecipazione di tutti: la convocazione di un tavolo tecnico, con tutte le emittenti radiofoniche e le autorità, una ricognizione dell’asseto radiofonico a partire dalla Sardegna per meglio giungere a strategie di copertura efficaci a livello locale e nazionale“.
Pur non nascondendo i ritardi e i limiti del nostro assetto radio-diffusorio, Stefano Ciccotti di Ray Way cerca di cogliere comunque dei lati positivi: “… Essere tra gli ultimi porta con sè dei lati positivi , come ad esempio acquisire strategie e competenze già sviluppate e stabilizzate da altri prima. Questo, senza nulla togliere alla gravità del nostro ritardo, ci permette comunque di partecipare a pieno al momento di transizione verso il digitale. Una piattaforma che permette alla radio di avanzare sulla strada di un nuovo metodo di gestione delle risorse e delle competenze, con due risultati: aumentare gli ascolti e i ritorni in termini pubblicitari, introdurre nuovi servizi e contenuti“. Un sistema quindi che si costruisce sulla flessibilità e l’elasticità del mezzo, nel quale far convivere nuovi standard e servizi all’utente finale. Da questo si percepisce il livello di vitalità del mezzo, anche e soprattutto in relazione alla televisione e ai nuovi concorrenti.
Roberto Giovannini, della FRT, sottolinea proprio il buon grado di efficienza e funzionalità del mezzo radiofonico, anche nella sua piattaforma analogica: “… E questo di vede anche dai ritorni pubblicitari e dal numero di ascoltatori medi. Questo ci deve far riflettere sul futuro prossimo del mezzo e della sua inevitabile doppia veste, analogica e digitale, almeno per i prossimi dieci anni. Questo perché la radiofonia deve saper e poter sfruttare tutti i vantaggi derivanti dalle due tecnologie. A richiedere questo è il mercato stesso, i consumatori di servizi e contenuti, che vogliono sentir parlare solo di business da una parte e qualità dall’altra. Ovviamente, quando verrà il momento in futuro di abbandonare l’analogico, una delle priorità a cui pensare da subito sarà l’assegnazione delle frequenze in numero adeguato ai possibili sviluppi del mezzo. Un lavoro che spetta in primis al Ministero delle Comunicazioni, con politiche dedicate e di intervento. Il pericolo più grande per la radio è nella scarsità di risorse“.
Sono 40 milioni gli ascoltatori della radio nella settimana media e 700 milioni di euro i numeri del fatturato annuale con 10 mila addetti impiegati nel settore. Numeri che rendono solo in parte la forza del mezzo, perché evidenziano solo il lato commerciale ed economico. Molto altro andrebbe detto sull’alto valore culturale e sociale che la radio ha avuto e continua ad avere tra le masse inurbate e non. Anche Sergio Natucci delle RNA, Radio Nazionali Associate, ci invita a fare delle considerazioni su questo: “… Il comportamento degli investitori pubblicitari da un lato e degli ascoltatori dall’altro, ci indicano che il settore radiofonico italiano ed europeo sono nel pieno di una rivoluzione, digitale e culturale, che senza tralasciare l’eredità e le potenzialità dell’analogico, si inserisce inevitabilmente in un percorso di trasformazione. Il percorso sarà segnato dalle decisioni in sede istituzionale relative all’assegnazione delle frequenze, passaggio necessario per rimanere sul mercato con un servizio di qualità e altamente competitivo. Lo stesso cellulare non va visto come un competitor a cui fare la guerra ma semmai una piattaforma su cui trovare nuovi elementi di crescita, nuovi linguaggi, nuovi servizi e contenuti per raggiungere un’utenza sempre più esigente in termini di qualità“.
Nessuno sembra voler parlare di Switch-off analogico e mai come in questo caso è la cosa migliore. La radio deve molto all’analogico e quest’ultimo non va visto come un passato ingombrante, semmai un’eredità da valorizzare. Anche Costantino Pacifici della Radio Vaticana asserisce che: “… La radio deve essere vista oggi come una continua fase di sperimentazione, tra DAB e contenuti video. E il feedback creato col pubblico e gli operatori ci suggerisce che questa è la strada giusta. Noi siamo stati tra i primi ad adattare la radio cosiddetta tradizionale allo standard tecnologico del DRM. Ciò che ne abbiamo ottenuto è un’ottima qualità del servizio e una sua maggiore resa in termini di flessibilità e livello di interazione con altre piattaforme“.
Dell’interazione tra piattaforme e transizione al digitale parla ancora nel suo intervento Marco Rossignoli di Aeranti-Corallo: “… C’è assoluto bisogno di realizzare trasmissioni in digitale per un media che vuole essere competitivo sui mercati e al passo con il progresso tecnologico. Essere a un tavolo di discussione è già una cosa importante. Il Digitale Terrestre, come il DAB, permette la realizzazione di programmi ad alto valore aggiunto. Con le nuove tecniche di compressione, come l’utilizzo dell’MPEG4, possiamo realizzare un numero elevato di questi e sempre in relazione alle risorse disponibili al momento dell’avvio del digitale. Con Ray Way abbiamo portato avanti un programma di sperimentazione DAB+/DMB Visual Radio su di un multiplex che diffonde programmi per 17 emittenti locali. L’avvio della sperimentazione, che verrà realizzata dalle emittenti Aeranti-Corallo attraverso impianti di Rai Way, vedrà come location Venezia e Bolgona. Sperimentazione e pari opportunità, queste sono le chiavi per il futuro e non solo della radiodiffusione digitale“.
Un punto che in molti condividono e sottoscrivono come fondamentale in ottica di trasferimento del segnale dall’analogico al digitale. Partire tutti dalla stessa base e arrivare tutti insieme al traguardo. Se non si soddisfa tale esigenze nel settore radiotelevisivo andremo incontro a uno squilibrio dannoso per l’Italia intera. Anche nell’intervento a chiusura di Mario Frullone, a cui hanno apportato commenti di consenso sia Rossignoli che Ciccotti, si è voluto evidenziare che molto sarà puntato sulla sperimentazione per consentire al nostro sistema di diffusione radiofonica di testare i nuovi servizi in digitale. Come molto atteso è un intervento delle istituzioni nella pianificazione delle specifiche tecnologiche insite nel passaggio. Sui temi delicati del passaggio al digitale, sull’inutilità o meno del concetto di switch-off e sulle pari opportunità per tutti i soggetti in campo, si chiude anche questo nono appuntamento con i Seminari Bordoni, con l’invito finale di Mario Frullone alla ripresa del ciclo di appuntamenti fissata per settembre.
Pathways to Digital Radio Broadcasting in Europe
di Nigel Laflin
Digital Radio: a perspective from the end-user in view of collaborative networks
di Guido Riva