Italia
Mentre la Camera discute il decreto legge sull’attuazione degli obblighi comunitari presentato dal Governo, davanti a Montecitorio sit-in di protesta di Italia dei valori.
In apertura di seduta, il presidente Gianfranco Fini ha spiegato che sono state ritenuti ammissibili, anche se “in via eccezionale”, gli emendamenti anche “non strettamente attinenti alla materia del decreto“, varato dal precedente governo, ma dettati dalla “necessità di adempiere a obblighi comunitari“.
“Opposizione ferma” da parte del Pd alla Camera che ha chiesto il ritiro della proposta. “…Troviamo che sia davvero fuori del buon senso – ha sottolineato il capogruppo Antonello Soro – che nel primo atto parlamentare, un dl del governo Prodi, vengano introdotte norme contro le quali ci opporremo in ogni altra circostanza”.
“…Segno di una mancanza di consapevolezza dei doveri che competono a una forza di governo che ha assunto l’impegno ad impostare la legislazione su un terreno positivo”. Il capogruppo del Pd a Montecitorio si augura perciò che “…il governo comprenda che il decreto va convertito nei termini in cui è arrivato in Parlamento. E’ utile che l’emendamento venga ritirato subito, per evitare che la prima sessione di lavoro parlamentare ci riporti indietro di qualche decina d’anni”.
Al centro della polemica, l’emendamento in materia di frequenze Tv, costituito da un unico articolo, diviso in cinque comma, che modifica parti del Testo unico della radiotelevisione e della Legge Gasparri, finite nel mirino dell’Europa. L’obiettivo è infatti evitare il deferimento dell’Italia davanti alla Corte di Giustizia Ue nell’ambito della procedura di infrazione avviata da Bruxelles sulla compatibilità di alcune norme con la legislazione europea.
Le nuove norme assegnano al Ministero per lo Sviluppo Economico, d’intesa con l’Agcom, il compito di riassegnare le frequenze Tv per il digitale terrestre, il cui switch-off è fissato al 2012.
In particolare, l’emendamento modifica il sistema delle ‘licenze’ televisive previsto dalla Gasparri sostituendolo con un meccanismo di “autorizzazione generale“, sufficiente a giustificare il “trading“, cioè la compravendita delle frequenze.
Il testo stabilisce inoltre che l’attività di trasmissione per i soggetti che ne hanno titolo possa proseguire “…fino all’attuazione del piano di assegnazione delle frequenze Tv in tecnica digitale“.
Un obiettivo per il quale si accelerano i tempi: il quinto comma prevede che “entro tre mesi” dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto venga definito “il programma di attuazione del piano di assegnazione delle frequenze Tv” in digitale terrestre con l’indicazione delle “modalità tecniche per il passaggio definitivo” alla nuova tecnologia, “nonché delle aree territoriali interessate e delle rispettive scadenze”.
Il testo prevede anche che, nel corso dell’attuazione del piano, i diritti d’uso delle frequenze vengano assegnati, in base alle procedure decise dall’Autorità, “nel rispetto dei principi stabiliti dal diritto comunitario, basate su criteri obiettivi, proporzionali, trasparenti e non discriminatori”.
Le nuove disposizioni non sono piaciute al Pd che ha subito chiesto, inutilmente, il ritiro dell’emendamento. Antonio Di Pietro ha accusato l’esecutivo di aver fatto “una proposta politicamente criminogena, perché vorrebbe intervenire su una sentenza europea che impone a Rete4 la restituzione delle frequenze digitali a Europa 7″ .
“…Piuttosto che dare immediata esecutività a quella sentenza, come sarebbe avvenuto in qualsiasi Paese democratico, il nostro Governo che ha fatto? Ha presentato un emendamento per aggirarla. Quella gara – ha ricordato – fu vinta da Europa 7 a cui non è stato mai permesso di trasmettere fin dal 1989. Invece oggi Rete4, se dovesse passare questo emendamento, continuerebbe a farlo, in barba a qualsiasi rispetto delle leggi e delle sentenze”.
Come era prevedibile, sull’argomento il clima si è subito riscaldato è Di Pietro ci è andato giù duro: “…Berlusconi perde il pelo ma non il vizio: visto che c’è un provvedimento che danneggia una sua azienda, lui si fa fare una legge per la sua azienda”.
“La morale della favola è semplice come l’avviso che voglio dare al Pd: bon ton e dialogo quanto volete, ma lui è il lupo e voi gli agnelli. E noi dell’Italia dei valori non saremo mai agnelli e denunceremo questo raggiro che si vuole mettere in piedi in Parlamento”.
Gli emendamenti “…non sono una legge ad personam“, ha prontamente replicato da Cologno Monzese il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri.
“…E’ semplicemente una risposta all’Europa. Gentiloni – ha detto Confalonieri, commentando duramente le dichiarazioni dell’ex Ministro delle Comunicazioni – è stato scorretto, doveva fare lui questa cosa per rispondere all’Europa. Invece non l’ha fatto, preferendo agitare la questione delle sanzioni della Comunità europea come uno spauracchio politico. Bisogna mettere sul digitale terrestre tutti nelle stesse condizioni, ma questa semplice frase non è stata inserita nel precedente provvedimento”. il presidente ha poi ricordato che il ricorso di Europa 7 ha avuto dalla Corte di giustizia europea il rinvio al Consiglio di Stato “semplicemente per un risarcimento”.
Dall’opposizione ha incalzato Giovanna Melandri che ha parlato di “…pessimo inizio da parte del Governo proprio su un tema politicamente sensibile come quello delle comunicazioni. Noi siamo disponibili a un dialogo, ma questo inizio mette in discussione il confronto e il dialogo stesso, perché evidenzia la priorità agli interessi parziali”.
Per Roberto Zaccaria, ex presidente Rai (1988-2002), “…con l’emendamento presentato dal governo al decreto su materia comunitaria, la maggioranza rompe di fatto un patto per l’approvazione bipartisan degli ultimi decreti del governo Prodi”.
Anche per la Lega, spiegano fonti parlamentari, l’emendamento posto dal governo è una “forzatura” che sarebbe stato meglio evitare per non “cominciare la nuova legislatura innescando una battaglia parlamentare con l’opposizione”.
Secondo il parere di Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, “…L’emendamento non soddisfa le richieste vincolanti della Commissione Ue e, tanto meno il rispetto della sentenza della Corte europea di giustizia sul caso Europa 7, continuando ad affidare la soluzione dei problemi di illegittimità costituzionale e comunitaria della nostra disciplina radiotelevisiva alla completa conversione delle trasmissioni in tecnologia digitale: conversione che però è fissata – nella migliore delle ipotesi – al 2012 e che, anche in sede europea, tende sempre più ad essere spostata verso il 2015, con la conseguenza che ancora per molti anni l’attuale sistema transitorio analogico continuerà a riproporsi nei termini attuali, giudicati da tutti illegittimi costituzionalmente (quanto meno dal 1994) ed ora anche comunitariamente”.