Italia
Adiconsum, l’Associazione “Cittadini di Internet” e Anorc (Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili Conservazione sostitutiva) tornano a parlare dell’apertura della procedura d’infrazione contro l’Italia per inadempimento delle norme comunitarie in materia di firma elettronica, posta elettronica certificata e fatturazione elettronica.
Tale procedura, avviata lo scorso 11 aprile, è stata ricevuta dal Segretario Generale della Commissione Ue venerdì 18 aprile ed è stata istruita con numero di protocollo SG/CDC(2008)A/3263.
In attesa di avere una risposta ufficiale dalla Direzione generale, “Cittadini di Internet” in una nota ha ribadito che la sua “non è stata e non vuole essere un atto contro la Repubblica Italiana, ma una seria provocazione per risolvere un problema che dal 1997 sta facendo spendere miliardi di euro a cittadini e imprese”.
L’associazione ha quindi spiegato che l’iniziativa è nata dalla constatazione che la vigente normativa italiana si pone in contrasto con la legislazione comunitaria e, pertanto, con le realtà esistenti negli altri Stati membri della Ue. In Italia, difatti, si annoverano la firma elettronica, la firma digitale e la firma elettronica qualificata, mentre in Europa esistono soltanto la firma elettronica e quella elettronica avanzata.
“Tutto questo disorienta i cittadini sia nei rapporti con la Pubblica Amministrazione sia nelle relazioni tra privati e imprese, oltre che nei legami personali e professionali con soggetti residenti in altre nazioni dell’Unione Europea e in tutti gli altri paesi nel mondo”.
Inoltre, questa incongruenza legislativa, ha aggiunto, si riflette sulla normativa in materia di fatturazione elettronica (e conservazione digitale dei documenti fiscalmente rilevanti) che prevede processi rigidi e formali per i contribuenti senza trovare una giustificazione nel panorama comunitario, proprio ora che si è dato l’avvio alla fatturazione elettronica che si aspettava dal 2001.
“Oltre a ciò, la posta elettronica certificata è una realtà solo italiana, poiché non ha un equivalente tecnico/normativo in nessun altro paese al mondo, rendendola di fatto uno strumento assolutamente non interoperabile e inutile a livello comunitario e mondiale”.
Le Associazioni firmatarie della denuncia hanno quindi ritenuto necessario unire le loro forze per sensibilizzare le Istituzioni alla esigenza di una migliore e più razionale disciplina con cui regolamentare il sistema delle nuove tecnologie rendendolo, con strumenti validi in tutto il contesto europeo e internazionale, uniforme e concretamente fruibile.
“Che fosse una cosa unica lo si sapeva, che fosse un duplicato di una cosa già esistente e funzionante in tutto il mondo anche, ma che per riuscire a sradicarla dal sistema ci voleva una denuncia d’infrazione all’Unione Europea non era in programma” ha affermato Massimo Penco, Vice Presidente di “Cittadini di Internet”.
L’hanno descritta come la soluzione di tutti i problemi del rapporto cittadini/Stato e hanno utilizzato centinaia di milioni di euro per tradurla in realtà, “invece – ha continuato Penco – altro non era (speriamo!) che una grossa bufala. È, in realtà, complicatissima da gestire e assomiglia a un gioco che si fa da bambini: il “telefono con i fili”, svago oggi molto pubblicizzato da una nota azienda di telecomunicazioni. La PEC funziona, infatti, proprio come i due barattoli con il filo, poiché comunica da punto a punto solo con chi possiede i due sistemi. E’ quindi unica al mondo, calpesta tutte le direttive comunitarie e i protocolli internazionali, rende impraticabili le conquiste della comunicazione via Internet”.
“Anche con la firma digitale – ha dichiarato Paolo Landi, segretario generale Adiconsum – la burocrazia è stata capace di portare l’Italia in un vicolo cieco, dopo che con Frattini eravamo partiti in anticipo e bene”.
Un dato comunque è certo, in Italia continua ad aumentare la platea degli enti e degli utenti, anche privati, della raccomandata elettronica che, rispetto a quella tradizionale, cartacea, dà al mittente la conferma che il destinatario ha ricevuto non solo la “busta” elettronica, ma anche il documento in essa contenuto.
“Certificare” l’invio e la ricezione – i due momenti fondamentali nella trasmissione dei documenti informatici – significa fornire al mittente, dal proprio gestore di posta, una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio e dell’eventuale allegata documentazione. Allo stesso modo, quando il messaggio perviene al destinatario, il gestore invia al mittente la ricevuta di avvenuta (o mancata) consegna con precisa indicazione temporale. Nel caso in cui il mittente smarrisca le ricevute, la traccia informatica delle operazioni svolte, conservata per legge per un periodo di 30 mesi, consente la riproduzione, con lo stesso valore giuridico, delle ricevute stesse.
Oltre alla rapidità, anzi, all’istantaneità della trasmissione, la raccomandata elettronica consente pure di contenere i costi della spedizione con un risparmio che, stando ai dati dello scorso gennaio, è stimato in non meno di 150 milioni di euro l’anno.
Ad oggi sono quasi 13 mila i domini gestiti dai gestori del servizio di Posta elettronica certificata.
Nel periodo luglio-agosto 2007 le caselle PEC attive sono state oltre 115 mila, mentre nello stesso periodo estivo i messaggi inoltrati di posta elettronica certificata sono stati quasi 23 milioni.