Italia
Il nuovo governo sarà chiamato a rivedere le disposizioni riguardanti il settore spettacolo e in particolare il Dl sulla musica, che da tempo attendono il varo definitivo.
A porre l’attenzione su questo argomento, importante nel momento in cui il downloading della rete si afferma più forte che mai collocandosi tra i nuovi canali di distribuzione, è la Fimi (Federazione Industria Musicale Italiana) che ha evidenziato come “….la legislatura appena conclusa ha purtroppo mostrato in alcuni rappresentanti parlamentari un’approssimazione e un’evidente impreparazione, quando non condita da mala fede, verso il mondo imprenditoriale del settore musicale”.
La Federazione ha sottolineato: “Abbiamo dovuto subire, peraltro con un sostegno acritico da parte di alcuni presunti innovatori del settore musicale, vere e proprie crociate ideologiche che hanno prodotto solo macerie e nulla di costruttivo”.
Delusione, quindi, dell’Industria che ha commentato amaramente che della proposta francese di crediti per la ricerca e sviluppo trasmessa da Fimi al ministero dei Beni culturali e al sottosegretario Elena Montecchi, “…si è tolto quanto di buono c’era e si è trasformata in un’arma per colpire le aziende multinazionali, ree non si sa di quali mali, per poi farsela bocciare dal Ministero delle Finanze, così che il decreto attuativo è morto prima di nascere”.
Diversa è invece stata la posizione del ministro dello Sviluppo economico Luigi Bersani, “molto più concreto”, con il decreto contenente il regolamento relativo al credito d’imposta alle imprese per i costi sostenuti per ricerca e sviluppo (Gli incentivi valgono per il periodo d’imposta 2007-2008-2009).
Provvedimento, previsto dalla Finanziaria 2007, che introduce una serie di norme che possono essere applicate, per coloro che ritenessero di avvalersene, in vista delle dichiarazioni dei redditi.
Condiviso anche l’atteggiamento del leader del Pd Walter Veltroni che nella sua lettera all’industria musicale, “purtroppo giunta tardiva“, ha osservato che non ci sono “major cattive ed indie buone , ma ci sono aziende che investono“.
Al contrario, pesante il giudizio nei confronti del presidente della commissione Cultura della Camera, Pietro Folena, “anche lui ha pensato di trasformare la sua poltrona, che doveva essere super partes, in un obice con il quale sparare sulle imprese e sulla tutela della proprietà intellettuale“.
La Federazione delle industrie di musica si augura desso che, “con l’uscita dal Parlamento di tali rappresentanti dell’ideologia anti-imprenditoriale, più volte denunciata da Fimi, tanto da lasciare il Tavolo della Musica, diventato un megafono di teorie bocciate perfino a sinistra, si possa affrontare più serenamente il piano di rilancio del settore, con quei parlamentari, di destra, come di sinistra, che hanno mostrato grande attenzione ai progetti e alla sostanza e non alle ideologie di bassa cucina”.
Si passa quindi direttamente ai suggerimenti per precisare che non sono necessarie assise infinite o improbabili tavoli di riordino, ma una serie di misure, prevalentemente fiscali, per consentire alle aziende di investire.
“Bisogna premiare chi investe, chi spende un euro in nuova musica o in tecnologie per innovare i processi e i prodotti deve sapere che almeno 10, se non 20 centesimi gli saranno scontati dalle tasse. L’altro punto fondamentale è la tutela della proprietà intellettuale, elemento chiave per lo sviluppo dell’industria creativa. Vedremo presto con quali intenzioni si presenterà il nuovo esecutivo”.
La musica sfrutta sempre più i nuovi canali di distribuzione offerti dalle tecnologie di avanguardia. Gli operatori del settore sperano molto in queste nuove forme di consumo per rendere più dinamico il settore, penalizzato lungamente dalla pirateria. Dal web ai telefonini, sono tante le piattaforme che oggi consentono di ascoltare i propri cantanti anywhere e anytime.
Lo hanno capito bene le major che in un primo tempo hanno contrastato l’avvento di internet per poi comprendere che, per far presa su tutti quei giovani smanettoni del web, era necessario rivoluzionare le proprie strategie di business e “gettarsi” anche loro nella rete.
La pirateria continua a essere una piaga per le casse dell’industria discografica, ma cominciano ad aumentare le trattative tra web company e etichette musicali che, sfruttando le entrate della pubblicità, garantiscono la distribuzione gratuita.
Questa è una delle possibili soluzioni per arginare un fenomeno che per troppi anni ormai ha portato via tanto denaro alle case discografiche.
Al centro del dibattito è soprattutto la necessità di rivedere gli accordi con gli Isp, accusati di incentivare il download per attirare il pubblico giovane con offerte gratuite, spesso senza pensare alla remunerazione della filiera musicale.
La sfida è per il futuro del mercato che dovrebbe arrivare a 8,3 miliardi di euro entro il 2010 nella Ue dei 25. Stando alle cifre della Commissione, entro i prossimi tre anni i contenuti online rappresenteranno circa il 20% delle entrate del settore della musica e il 33% dei videogame.
Per favorire il decollo della musica digitale, i produttori francesi aspettano di vedere i risultati del Memorandum of Understanding firmato il 23 novembre con il governo e gli Isp.
L’accordo, noto come Rapporto Olivennes istituisce una nuova Autorità competente a sospendere o impedire l’accesso online a tutti gli utenti che praticano il file-sharing illegale.
Sulla scia del Rapporto Olivennes, anche Bruxelles si è mossa. Nuove misure per ridurre l’accesso internet a coloro che praticano la pirateria di musica. E’ quanto conta di fare la Commissione europea in linea con il documento “Creative content online in the Single Market“. Eccetto che per il rafforzamento dei diritti giuridici e la migliore collaborazione tra fornitori di servizi internet, le altre misure proposte implicano lo sviluppo di nuove offerte legali per gli utenti, come anche iniziative pedagogiche atte a sensibilizzare il pubblico sull’importanza dei diritti d’autore.
Restano però ancora controversi in Italia i rapporti tra industria della musica e internet service provider. Giusto alcuni giorni fa Assoprovider (Associazione Provider Indipendenti) si è opposta alla proposta del presidente della Fimi Enzo Mazza che, per tutelare il diritto d’autore, suggerisce ai provider di tagliare la linea ai clienti che commettono infrazioni dopo tre volte.
I provider hanno replicato che si opporranno ad ogni tentativo di vedersi assegnate “funzioni di controllo sull’operato degli utenti della Rete, rifiutando ogni ruolo di “Poliziotti della Rete”, ruolo che non è proprio di aziende private e a cui non deve essere attribuito”.