Italia
E’ un abuso che la Rai pretenda il canone televisivo anche per il possesso di un computer. E’ quanto sostiene l’Unione Nazionale Consumatori dopo la pronuncia del Garante della privacy che ha intimato alla Rai una maggiore correttezza nella richiesta del canone agli utenti che non hanno un televisore, i quali sono continuamente infastiditi con lettere minatorie e con la pretesa del canone per il possesso di qualunque apparecchio “atto alla ricezione delle radioaudizioni”.
Questa norma, osserva l’Unione Consumatori, discende da un regio decreto del 1938, quando in Italia non c’erano ancora i televisori e viene oggi interpretata nel senso che anche un computer è “atto” a ricevere i segnali televisivi (che fanno parte delle onde radio) con una apposita scheda, indipendentemente dal fatto che ne sia provvisto, poiché l’utente può sempre comprarla.
Non è di questo avviso l’Unione Consumatori che in una nota ha spiegato: “Si tratta di una interpretazione capziosa e superata, in quanto la legge n. 223/1990, che ha riscritto le norme sulla radiotelevisione, non parla più di apparecchi “atti” a ricevere le radioaudizioni, ma stabilisce semplicemente e espressamente all’art. 27 che il canone è dovuto per la detenzione “di uno o più apparecchi televisivi””.
Nei giorni scorsi, il Garante privacy è intervenuto per ribadire che la Tv pubblica deve evitare pressioni sugli utenti e fornire informazioni corrette tramite i cosiddetti ‘ispettori Rai‘ incaricati di contattare le persone che non risultano abbonate per sollecitare la sottoscrizione del canone televisivo.
“Gli incaricati Rai – ha sottolineato il Garante – che svolgono questo servizio per conto della Agenzia delle entrate devono tenere un comportamento trasparente e fornire agli utenti informazioni chiare sulla propria attività in modo da non ingenerare errori o equivoci sul loro effettivo ruolo”.
Al termine di un’istruttoria avviata nei mesi scorsi, l’Autorità ha prescritto all’Agenzia delle entrate alcune misure per conformare alla normativa i trattamenti di dati effettuati dagli agenti incaricati sulla base della convenzione tra l’Agenzia e la Rai del 2001.
Sono ancora numerose le segnalazioni che giungono all’Autorità in cui si lamentano comportamenti ritenuti irrituali di agenti Rai che, qualificandosi come “ispettori”, si presenterebbero presso le abitazioni e con toni minacciosi e con modalità considerate “inquisitorie” o “intimidatorie” procederebbero alla ricerca degli evasori del canone televisivo e a sollecitare gli abbonamenti.
Segnalati anche casi in cui, di fronte alla titubanza dei cittadini nel fornire determinate informazioni, sono stati minacciati accertamenti nelle abitazioni.
Entro il 30 aprile l’Agenzia delle entrate dovrà comunicare al Garante le misure necessarie impartite ai suoi agenti affinché i trattamenti dei dati siano conformi al Codice privacy.
L’Authority, quindi, raccomanda all’Agenzia di garantire innanzitutto che gli agenti Rai spieghino chiaramente agli utenti, senza artifici e senza indurli in errore, la loro esclusiva attività di promozione dell’abbonamento televisivo. L’Agenzia dovrà garantire, inoltre, che l’informativa sul trattamento dei dati indichi con precisione quali informazioni sia obbligatorio fornire e quali no. Da evitare, infine, pressioni indebite sugli utenti “minacciando” controlli intrusivi nelle abitazioni.
Con un autonomo procedimento l’Autorità ha aperto un’istruttoria per verificare la corretta applicazione delle misure di sicurezza a protezione dei dati personali usati per il recupero dell’evasione del canone televisivo.