Tlc: Italia maggior mercato mobile della Ue. Cresce la fame di tecnologie per famiglie e imprese, cala solo nella PA

di Alessandra Talarico |

Forrester Research: l’Italia tra i driver di internet mobile.

Italia


Telefonia mobile

Il mercato italiano della telefonia mobile è il più importante in Europa e uno fra i maggiori del mondo.

Lo dice la Commissione europea, sottolineando che la penetrazione dei cellulari nel nostro Paese – secondo solo al Lussemburgo – ha raggiunto il 148% della popolazione.

 

La Ue, che presenterà mercoledì il rapporto sul mercato unico Tlc, apprezza il “crescente livello di concorrenza” del mercato mobile italiano, ma soprattutto la conseguente discesa dei prezzi consumer e “lo sviluppo di offerte innovative e servizi avanzati” improntati alla convergenza dei servizi fisso-mobile, ed evidenzia un uso massiccio della portabilità del numero – 4,1 milioni i cambi di gestore lo scorso anno – e la crescita della banda larga, che ha raggiunto una penetrazione del 16,2%, anche se sotto la media Ue del 18,2″%.

 

Anche il Rapporto Assinform 2007 conferma che gli italiani hanno “una vera e propria fame d’innovazione”, ma sottolinea anche che i consumatori e le imprese “appaiono ben più lungimiranti di chi amministra la cosa pubblica”.

Se, infatti, imprese e famiglie continuano a spendere in nuove tecnologie nonostante la contrazione generale dei consumi, la Pubblica Amministrazione va ancora una volta in senso opposto, con una domanda in calo dello 0,6%.

Il tutto, sottolinea il presidente Assinform Ennio Lucarelli come conseguenza della solita pratica italiana di privilegiare, anche nelle scelte informatiche, non tanto la qualità, attraverso una selezione basata su criteri concorrenziali, quanto strategie poco lungimiranti, volte ad “aumentare l’occupazione politica del mercato”.

 

I dati Assinform sul mercato mobile confermano comunque le rilevazioni della Ue: lo scorso anno, le linee mobili hanno raggiunto quota 90,7 milioni, facendo segnare una crescita del 10,8% ed è cresciuto non solo il numero di schede telefoniche – che secondo la Commissione europea hanno raggiunto una penetrazione del 152% – ma anche gli utenti attivi, pari al 45,9 milioni.

Si registra inoltre un uso sempre più consistente dei servizi avanzati (messaggi testo e dati, internet mobile): a fronte di un calo del 4% dei servizi voce, quelli a valore aggiunto sono arrivati a rappresentare oltre un quarto del totale della spesa relativa ai servizi, che nel 2007 ha raggiunto 18.510 milioni, in crescita del 2,6%

 

I consumatori italiani, dunque, si dimostrano molto più ricettivi dei loro amministratori sia verso le nuove tecnologie che verso i servizi e, secondo Forrester Research sarà proprio il mercato del Bel Paese – insieme ai Paesi nordici, all’Austria e al Regno Unito – a guidare l’adozione dei servizi mobile internet.

Secondo le previsioni di Forrester, più del 60% degli utenti mobili italiani avrà un telefonino 3G o 3,5G entro la fine del 2010 e il nostro paese sarà tra i più veloci nell’adottare anche i servizi 3.5G, “raggiungendo un tasso di penetrazione di oltre il 25% entro la fine del 2013”, contro il 20% di Francia, Germania e Olanda.

 

Secondo Forrester, fra 5 anni un consumatore su quattro sarà passato al 3,5G e allora “…il servizio mobile internet raggiungerà finalmente il suo culmine”.

 

Bisogna però fare di più per sostenere l’uso dei servizi, dal momento che “meno della metà dei possessori di telefoni 3G usa le funzionalità 3G sul proprio cellulare”, spiega l’analista Forrester Pete Nuthall.

 

Anche Forrester insiste quindi sulla necessità di introdurre tariffe flat come è avvenuto per internet da rete fissa e di aumentare il numero di servizi e dispositivi che garantiscano una user experience migliore.

La domanda di accesso mobile a internet ha raggiunto infatti livelli mai conosciuti prima ma – si è sottolineato da più parti – le carenze sul fronte tecnologico e la mancanza di adeguati piani tariffari non soltanto frustrano le aspettative dei consumatori in fatto di navigazione mobile, ma fanno anche perdere enormi introiti ai player dell’industria, bloccando gli investimenti in nuovi prodotti e servizi.

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