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Crisi della Tv generalista, difesa a oltranza o scatto in avanti? Mediaset si reinventa: editore pay, multicanale e multipiattaforma

Italia


Due sono i punti centrali emersi ieri nella conferenza di Mediaset per la presentazione dei dati finanziari: no alla fusione con Telecom e più forza a Endemol.

Si sapeva che eventuali accordi con per l’operatore tlc non sarebbero stati così semplici, ma ciò che in questo momento interessa maggiormente è capire che direzione prenderà la controllata che si occupa di contenuti.

“…I fattori politici faranno rimanere un caso di scuola”, ha detto Fedele Confalonieri, ma più in generale per qualsiasi società telefonica visto che il Biscione ha imboccato una strada diversa, focalizzata sulla produzione di contenuti.

Perché il mercato, gli analisi lo dicono da tempo, è ormai proiettato sulle aziende produttrici di format, visto che il futuro degli operatori è multipiattaforma.

 

Attenzione quindi proprio su Endemol, acquistata lo scorso anno con Goldman Sachs e John de Mol, che nonostante non abbia in programma nel breve termine nuove acquisizioni nel mondo dei contenuti sta comunque esaminando alcuni dossier in Usa e Gran Bretagna. In cantiere, piuttosto, c’è un rimpasto dei vertici, secondo alcuni rumor, potrebbero arrivare l’ex Ad di Wind, Paolo Dal Pino, o l’ex Ad di Telecom, Riccardo Ruggiero.

“…Ma adesso non è il momento per fare nomi“, ha detto Berlusconi Jr, che poi ha aggiunto che è proprio con Endemol (di cui Mediaset ha il 33%, ndr) che “…sarebbe possibile fare qualche acquisizione all’estero“.

 

Nel corso della presentazione il vicepresidente di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, ha sottolineato che si aspetta “grandi margini di sviluppo” da Endemol che a gennaio ha raggiunto una crescita dei ricavi netti del 9% circa e del 5% circa per l’Ebitda. “…La tendenza dei prossimi mesi conferma questo tipo di crescita”.

Al di la delle ipotesi future, quello che rimane certo è che “…Mediaset oggi è di sicuro una azienda conveniente prima di tutto per gli utili che distribuisce e perchè da un ottimo rendimento soprattutto nel medio lungo termine”.

 

A garanzia dell’impegno futuro in tal senso il gruppo di Cologno, per bocca del direttore finanziario Marco Giordani, ha garantito di mantenere l’attuale rapporto tra flusso di cassa e dividendo. “…La nostra promessa al mercato è il mantenimento del rapporto tra cash flow generato e dividendi pagati”.

Più che dalla volontà del management a questo punto “tutto dipende dalla raccolta pubblicitaria”.

 

Quanto al segmento pay per avere soddisfazioni in termini economici bisognerà attendere qualche anno. Ed è proprio per questo che la società sta trattando con Sky Italia e con gli operatori a banda larga, come Telecom per l’appunto, per trasmettere sulle loro reti i contenuti dei suoi canali Premium Gallery, ora solo in digitale terrestre.

Impegno anche per il mantenimento del core business, quello della Tv free to-air, visto che il mercato da tempo pensa che la Tv generalista sia entrata in una fase di “declino storico”.

“…La leadership nella generalista – ha ammesso Confalonieri – da sola non basta più. Mediaset sarà sempre di più editore pay, multicanale e multipiattaforma”.

 

Parlare di crisi sarebbe tuttavia iperbolico per un gruppo che fattura 4 miliardi, fa 500 milioni di euro all’anno di utili e ne distribuisce ai soci circa il 90%, ma da almeno due anni, gli analisti percepiscono una certa fatica da parte dell’azienda.

Questo spiegherebbe anche le successive mosse, che hanno visto l’ingresso nel cinema, con l’acquisizione dalla casa-madre Fininvest di Medusa, e nei contenuti, con l’affondo su Endemol e Taodue. E poi i grandi investimenti nella Pay TV.

 

Vediamo un po’ il parere degli analisti. I rischi della scommessa sono alti. Da Euromobiliare sottolineavano la potenziale cannibalizzazione tra Pay TV e canali tradizionali: ma Mediaset in questo non si sente minacciata, anzi ha rivelato Mauro Giordani ha dichiarato che gli abbonati alla Pay TV, dopo il lancio del bouquet di canali tematici Joi-Steel-Mya, si sono incrementati fino a 2 milioni e a una settimana fa erano 2,4 milioni, contro gli 1,8 dell’anno scorso.

 

La mutazione genetica per Mediaset ha, però, un costo: la start-up della Pay TV chiuderà in perdita per 70 milioni. Alla fine della presentazione alla comunità finanziaria, hanno prevalso timori e incertezze tra gli investitori, probabilmente scettici sulla raggiungibilità degli obiettivi o forse senza la certezza che sia questa la strada giusta.

 

“…L’industria dei media – ha concluso Confalonieri – sta subendo forti cambiamenti e sta cambiando il modo di concepire e usare il mezzo televisivo. Le grandi imprese Tv del mondo in questo quadro sono davanti a una scelta strategica: o la difesa a oltranza e la conservazione dentro i confini, oppure uno scatto in avanti, la difesa che diventa attacco. La trasformazione di un assedio, in una sortita nel mondo dei nuovi media e in particolare della Tv a pagamento, quest’ultima è la scelta che abbiamo fatto noi di Mediaset”.

 

Il presidente ha ricordato lo sforzo della società negli investimenti tecnologici, spiegando che “…già nel 2001 eravamo impegnati a sviluppare il digitale terrestre”, anche se “…molti esperti del settore ci guardavano con scetticismo ed era diffuso il pensiero che il digitale terrestre fosse un escamotage per evitare la perdita di Rete4″. Ha ricordato che “…la nostra corsa all’innovazione, stiamo parlando di qualcosa che vale circa 1,5 miliardi di euro, non si ferma. La prossima tappa sarà la diffusione della piattaforma digitale in tutto il Paese puntando ad anticipare la data che fissa alla fine del 1012 lo spegnimento totale dell’analogico”.

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