Italia
Gli articoli di Maurizio Dècina e Sandro Frova su NGN e separazione della rete pubblicati su la-rete.net contribuiscono al confronto su temi caldi del dibattito nazionale. Ne abbiamo parlato con Schneider, Avenia, Bertolina, Martinelli, Bonacina, Scalpelli.
La pubblicazione di due articoli di Maurizio Dècina e Sandro Frova su la-rete.net (www.la-rete.net) colgono nel segno. Il sito, appena lanciato due giorni, fa conferma in tal modo il proprio ruolo di sollecitatore dei temi più avanzati del dibattito, con una funzione di stimolo e di confronto delle soluzioni tra i vari attori.
Abbiamo colto l’occasione di quelle suggestioni per porre ad alcuni degli attori più impegnati sulla scena nazionale di darci una loro opinione sulle priorità da sostenere e sulle criticità da scongiurare lungo la strada della costruzione delle reti di nuova generazione o della separazione sotto varie forme della rete di distribuzione.
Ne abbiamo parlato con Andreas Schneider, Cesare Avenia, Bianca Maria Martinelli, Giorgio Bertolina, Giuseppe Bonacina, Sergio Scalpelli.
Quali le priorità da perseguire?
Per Andreas Schneider (Alcatel-Lucent): “…Occorre rendere sempre più attrattivo il mercato della banda larga, il che vuol dire che ciascuno deve fare la sua parte. Innanzitutto il governo, con misure che aiutino la pubblica amministrazione a sciogliere la complessità burocratica e ad abbattere i costi. Ad esempio, per fare 10 km di fibra ottica bisogna parlare con il governo, con la Regione, con la Provincia, col Comune, magari anche con il Municipio, nelle aree metropolitane; e questa complessità procedurale comporta costi. Poi ci sono i costi diretti. Ricordiamoci che quando metto giù una fibra ottica, l’80% del costo nel metterla giù non deriva dalla tecnologia impiegata, ma da tutti i lavori civili necessari, dallo scavo in poi. Muoviamoci in questa direzione se vogliamo davvero portare la banda larga dappertutto “.
Per Giorgio Bertolina (Italtel): “…Se dovessi fare una proposta al nuovo Governo direi che dovrebbe, oltre che non tornare a forme antiche precedenti alla attuale fase di privatizzazione matura, individuare forme di sostegno ed incentivazione agli investimenti delle infrastrutture, interpretando anche un ruolo molto attivo di investitore nei processi di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Ciò consentirebbe di riempire quella rete, che i privati dovrebbero realizzare, con contenuti utili alla comunità perché direttamente capaci di migliorare la qualità della vita sociale“.
Per Cesare Avenia (Ericsson) occorre: “…riprendere immediatamente una leadership. In questo momento il Paese manca di leadership, manca di qualcuno che dica chiaramente alle aziende perché investire e, se le aziende non sanno perché investire, questo qualcuno, che non può che essere a questo punto che il nuovo Governo, gli deve dare gli adeguati stimoli perché la situazione esca fuori dallo stato di stallo attuale. Devono essere stimoli capaci di sostenere gli investimenti necessari. Questa è la cosa più importante, tanto più in considerazione del fatto che in questo momento abbiamo perso, come settore nel suo complesso, una capacità di iniziativa adeguata e c’è bisogno di un intervento esterno ed al più alto livello istituzionale perché questa capacità venga ridata al settore “.
Per Bianca Maria Martinelli (Vodafone): “…Sicuramente, tenuto conto che le reti di nuova generazione sono le reti fisse ma anche le reti wireless, dal nostro punto di vista la cosa più importante da fare oggi è una politica tempestiva ed efficiente di allocazione dello spettro radio 900 e UMTS“.
Per Giuseppe Bonacina (BT Italia): “…Io credo che di ricette se ne possano mettere in campo tante, però, quella forse più semplice da seguire è quella che proviene dal Regno Unito con l’esperienza di separazione della rete realizzata con Openreach. Credo che quel modello possa essere calato, forse con qualche aggiustamento, alla realtà italiana, Ci sono delle aperture da parte di Telecom Italia, delle discussioni in corso con l’Autorità e credo che il ruolo del nuovo governo sarà un ruolo necessariamente di guida, anzi di indicazio0ne delle linee guida, per indirizzare le operazioni. Gli investimenti necessari devono essere di provenienza privata, ma con un’agenda politica chiara, condivisa fra le parti e sostenuta da esse, perché questo lavoro di ammodernamento è sicuramente un lavoro pluriennale e non può essere esaurito nel corso di una legislatura, ragion per cui le regole devono essere certe, devono essere condivise. Chi fa gli investimenti, cioè i privati, devono essere messi nella condizione di poter investire, valutando i ritorni “.
Secondo Sergio Scalpelli (Fastweb): “…Cose da fare ce ne sarebbero parecchie. Diciamola con qualche slogan. Io credo che vada immaginata un’ipotesi di tavola rotonda costante, permanente degli operatori, delle imprese, con l’intento di fare una politica di investimenti diversificati su tutto il territorio nazionale in modo omogeneo sulle reti di nuova generazione in modo tale da non compromettere la necessaria concorrenza tra gli operatori, di non impantanarsi in discorsi antichi che hanno un sapore dirigistico inefficace e soprattutto poco plausibile nei mercati globali di oggi, vale a dire discorsi che prevedono incentivi o fondi perduti o, insomma, le vecchie cosiddette politiche industriali che in Italia conosciamo e che hanno prodotto pochi risultati, poco sviluppo e forse qualche danno di troppo. Quindi, la cosa da fare secondo me, è fondamentalmente questa: fare in modo che gli operatori più importanti diventino operatori infrastrutturati, perché Telecom Italia incominci seriamente a mantenere la propria rete in rame, perché la stessa Telecom Italia cominci a fare una politica di investimenti che vada verso le reti di nuova generazione e perché ci sia una corresponsabilità di tutti gli operatori nel coprire il territorio nazionale. Credo che la formula migliore di incentivazione sia quella di immaginare agevolazioni tributarie o fiscali, che sono le cose, tra l’altro, che in tempi certi, gli operatori possono gradire molto “.
E quali i rischi da evitare?
Per Giorgio Bertolina: “…Direi barocchismi tipici italiani in cui cerchiamo formule complesse che poi diventano ingestibili e che, di fatto, non garantiscono invece quegli investimenti necessari per lo sviluppo del Paese“.
Per Andreas Schneider: “…La disinformazione. Ci servono competenze e consapevolezza diffusa. Occorre insistere molto perché si parli sempre più non solo di internet, ma anche di rete a livello mondiale, spiegando cosa significa per il nostro futuro, che impatto questo ha sulla nostra vita quotidiana sullo sviluppo della nostra società, non solo dal lato sociale, ma anche dal lato business, che è fondamentale per la competitività del Paese a livello globale, perché oggi siamo in uno scenario di concorrenza globale “.
Secondo Cesare Avenia: “…Quello che ci fa correre dei rischi è che noi player del settore non condividiamo la stessa idea di sviluppo. Il settore in questo momento è particolarmente debole perché soffre di troppa concorrenza. Vorrei chiarire, non sono certo io ad essere contro la concorrenza. La concorrenza è un bene e l’abbiamo dimostrato nei fatti, perché il nostro settore è quello che ha dato luogo agli abbattimenti maggiori e se facciamo un confronto con gli altri settori, noi rappresentiamo l’ambito che è stato capace di assicurare i risparmi maggiori ai cittadini. Un problema è che siamo ora ad un estremo talmente elevato di concorrenza che il settore nel suo complesso comincia a soffrirne. Il nostro mercato ha in un certo senso vissuto di rendita su tutti quegli interventi e quegli investimenti che erano stati fatti nelle infrastrutture dei vecchi tempi del monopolio. Oggi bisogna prendere atto che se non c’è un intervento dall’esterno, se continua a mancare un intervento dall’esterno, forte e come tale di natura istituzionale, difficilmente tutti gli attori troveranno accordo intorno ad un progetto di sistema-Paese e di conseguenza l’intero settore potrà avere delle difficoltà“.
Secondo Giuseppe Bonacina: “…Il rischio da evitare è la confusione delle regole, che spesso c’è stata fino ad oggi. Investire vuol dire rischiare in proprio. Il nostro è un settore dove il ritmo sugli investimenti è sempre molto lungo. Ci vogliono anni per remunerare il capitale investito. Se non si è sicuri del contesto in cui si opera, se non appare decisa e chiara la strategia del Paese in cui si opera, se la regolamentazione non fa la propria parte, chi deve decidere se investire o no, potrebbe decidere di investire in altri Paesi, in altri contesti, cosa che le aziende multinazionali come BT sono in grado di fare, e questo sarebbe un peccato perché il nostro è un Paese importantissimo nel mondo occidentale e non solo“.
Per Bianca Maria Martinelli: “…Non rinunciare all’aspetto più importante di questa grande sfida, che è quello di creare condizioni effettivamente concorrenziali nel mercato della telefonia fissa“.
Infine per Sergio Scalpelli: “…La principale cosa che va evitata è l’idea che, poiché ci sono aree del Paese che sono definite a cosiddetto fallimento di mercato, cioè aree non piccole in cui obiettivamente il mercato farebbe fatica ad investire perché il ritorno degli investimenti sarebbe troppo lungo, queste aree vengano considerate come perse, definitivamente perse. Data questa situazione, occorre invece uno strumento nuovo in direzione, non tanto della lunga distanza, perché di reti di lunga distanza ce ne sono in abbondanza e c’è tantissima fibra non utilizzata, ma di reti che penetrino nelle conurbazioni urbane e raggiungano i distretti industriali o le famiglie. Su questo segmento occorre creare maggiori condizioni di competizione tra servizi. Ma attenzione, non serve un’azione di tipo neomonopolistico, non la deve fare lo Stato, non penso francamente che la faccia Telecom, la devono fare invece gli imprenditori, in un sano regime di concorrenza.