Reti di sensori wireless: apporto reale o solo aspettative? Domani Giornata di Studio FUB per discutere di applicazioni, privacy e sicurezza

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Pubblichiamo di seguito un contributo di Daniela D'Aloisi, ricercatrice della Fondazione Ugo Bordoni , su Reti di sensori wireless, sulle quali la Fub ha organizzato una Giornata di Studio che si terrà domani 6 marzo a Roma.

Italia


Fondazione Ugo Bordoni

Le reti di sensori wireless (WSN), che rappresentano ormai una realtà consolidata nell’ecosistema dell’IT, stanno sempre più estendendo le loro funzionalità e campi di applicazione per loro capacità di interagire con l’ambiente circostante in qualsiasi situazione. La loro pervasività rende attuali concetti che fino a poco tempo fa sembravano ancora lontani, come ambient intelligence e globally embedded Internet: reti di elementi (più o meno) intelligenti interconnessi e profondamente immersi nell’ambiente fisico sia naturale che artificiale, con capacità di comunicazione, controllo e calcolo.

Le reti di sensori ci permettono di osservare e di interagire con l’ambiente e con i fenomeni connessi in tempo reale e con una buona affidabilità.

Per realizzare la visione della embedded Internet è necessario che i sensori siano piccoli, mimetizzabili e poco costosi e la rete risultante sia facile da progettare, implementare, programmare, utilizzare e mantenere. Questo è possibile grazie ai progressi compiuti negli ultimi anni dai sistemi microelettromeccanici (MEMS), dalle comunicazioni wireless e dall’elettronica digitale che hanno permesso lo sviluppo di sensori di piccole dimensioni, a basso consumo energetico, poco costosi, capaci di comunicare a breve distanza.

Possiamo immaginare una WSN come una grande rete di piccolissimi e computer collegati in modalità wireless con un elevato numero di nodi (fino a centinaia di migliaia) in grado di monitorare ed elaborare quello che accade intorno a loro. I nodi sono vincolati alla disponibilità di risorse (per esempio, alimentazione e capacità computazionale) e lavorano essenzialmente incustoditi ed esposti agli elementi e a qualsiasi tipo di attacco (e quindi malfunzionamento). Quindi devono essere in grado di auto-organizzarsi, auto-regolarsi, auto-ripararsi, essere programmabili localmente e lavorare insieme in modo collaborativo.

Un nodo sensore è generalmente composto da una batteria, un micro-controller (CPU) accompagnato spesso da memoria flash, modulo di comunicazione wireless, uno o più sensori. Quindi il singolo nodo ha specifiche capacità sensoristiche, è in grado di parlare con gli altri nodi e con l’ambiente, è capace di elaborare le informazioni ricevute. Per meglio capire come è fatto un nodo sensore, prendiamo come esempio una piattaforma di ultima generazione, l’Imote2. Le sue dimensioni sono 36mm x 48mm x 9mm con una CPU Marvell PXA271 a 13-416MHz, 256kB SRAM, 32MB FLASH, 32MB SDRAM e un co-processore Marvell Wireless MMX DSP. Per la parte di comunicazione, usa un transceiver CC2420 IEEE 802.15.4 a 250kb/s con 16 canali nella banda 2.4GHz. Ha un’antenna integrata a 2.4GHz con una portata nominale di 30 metri , ma è possibile avere un connettore SMA per distanze maggiori. Tutto questo sarebbe già sufficiente per espletare molte funzionalità molto complesse, ma dobbiamo aggiungere altre caratteristiche come collegamenti USB (mini-B), un ricco set di porte I/O standard (per chi amasse le sigle, 3xUART, 2xSPI, I2C, SDIO, GPIOs) e specifiche per alcune applicazioni (I2S, AC97, Camera Chip Interface, JTAG). È adatto per il trattamento digitale di immagini, monitoraggio e analisi industriale, monitoraggio sismico e di vibrazioni.

Un nodo sensore può essere in grado di rilevare differenti grandezze fisiche, come temperatura, umidità, vento, pressione, presenza o assenza di elementi, dimensione, etc. Queste misure sono trasformate in un segnale elettrico. L’elaborazione di tale segnale individua proprietà legate ad oggetti vicini al sensore oppure eventi accaduti nei suoi pressi. Il sensore può inviare questi dati ad un nodo dedicato alla loro raccolta (detto sink).

La natura “mobile” delle WSN—che non richiedono stesura di cavi, punti d’accesso, infrastrutture—le rende adatte in situazioni in cui una soluzione fissa non è praticabile, ma apre anche l’orizzonte ad applicazioni nuove che inevitabilmente arriveranno a contaminare (o a sostituire) soluzioni finora fisse fino a fondersi con l’Internet delle cose.

Le WSN rappresentano ormai un nuovo paradigma infrastrutturale: hanno infatti un costo infinitamente più basso delle tradizionali reti cablate di sensori e non necessitano di personale specializzato per la loro messa in opera.

La posizione dei nodi sensori non necessita di essere predeterminata, facilitando il loro posizionamento in ambienti che sono fisicamente remoti, ostili o inaccessibili. Ne consegue che protocolli e algoritmi progettati per queste reti devono possedere capacità di auto-organizzazione. Inoltre i nodi devono essere in grado di cooperare tra loro e di processare dati localmente: invece di inviare i dati grezzi a nodi specializzati, possono trattarli al loro interno e trasmetterli dopo l’elaborazione. La potenzialità delle WSN risiede proprio in questa capacità collettiva piuttosto che nelle limitate capacità di un singolo nodo.

Le caratteristiche di una rete di sensori sono strettamente legate all’applicazione e ad alcuni vincoli strutturali che rendono la sua realizzazione vincolata al soddisfacimento di alcuni parametri. In generale, una rete di sensori wireless ottimale deve soddisfare i seguenti requisiti:

* flessibilità nella topologia della rete,

* utilizzo di protocolli di trasmissione wireless standard,

* costi limitati per i sensori e le unità di calcolo,

* sicurezza nella trasmissione dei dati,

* utilizzo efficiente della limitata banda a disposizione,

* basso consumo di energia che consenta un lungo tempo di vita della rete.

* controllo della congestione e affidabile dei dati

* attenzione alle perdite di dati,

* comportamento corretto per tutti i nodi sensori ovunque siano posizionati.

Tutti questi vincoli influisco soprattutto sul software da installare, in particolare sulla progettazione dei protocolli per i diversi livelli dello stack ISO/OSI: in una rete di sensori i livelli coinvolti nella progettazione di protocolli sono il livello fisico, il livello data-link, il livello di rete e il livello di trasporto.

A livello fisico l’obiettivo è minimizzare i consumi, dato che il suo compito è quello di modulare, demodulare e riconoscere il segnale. Il livello di accesso al mezzo (MAC) controlla la comunicazione e lo scambio di dati tra i nodi e ha come obiettivi la riduzione delle collisioni, la riduzione dell’overhead oltre che il risparmio energetico. L’utilizzo di algoritmi adattivi per il controllo della mobilita può essere utile per la riconfigurazione della rete.

A livello di rete, i protocolli di routing si occupano dell’indirizzamento e dell’instradamento dei messaggi per lo scambio di informazioni tra nodi che possono anche essere posti fuori dal reciproco raggio di copertura.

Il livello di trasporto è responsabile anche della segmentazione dei dati provenienti dal livello superiore: alla sorgente i messaggi sono trasformati in una catena di segmenti e sono riassemblati nel messaggio originale una volta arrivati a destinazione.

La progettazione dei protocolli dei livelli dovrà tenere in considerazione tutte le caratteristiche ed esigenze della rete e delle applicazioni. La collaborazione tra device fisici residenti nella rete e i protocolli di rete costituisce un solido supporto per le applicazioni. Tuttavia, questa collaborazione potrebbe non essere sufficiente per gestire in modo efficace le tutte operazioni di una rete di comunicazione: sono anche richiesti strumenti e tecniche di gestione della rete (NM, Network Management) per i servizi e per assicurare la cooperazione delle varie entità.

Presso la Fondazione Ugo Bordoni sono attive diverse linee di ricerca su queste tematiche.

Scenari applicativi

Le WSN rappresentano un punto di convergenza tra ricerca e applicazioni. Sono molti i domini di ricerca coinvolti: progettazione di hardware e di sistemi, networking, algoritmi distribuiti, modelli di programmazione, data management, sicurezza e aspetti sociali.

Anche le applicazioni sono molteplici, e legate alle numerosi varietà di sensori disponibili.

Seguendo un criterio temporale, un’applicazione può essere periodica se indirizzata alla raccolta di dati o alla manutenzione di reti; attivata da eventi nel caso in cui una segnalazione o notificazione scatena un’attività; a lungo termine quando è necessaria un’attività continua con particolare attenzione ai problemi energetici.

Le reti di sensori wireless sono nate per applicazioni militari, basti ricordare la smart dust o “polvere intelligente”, ossia la tecnologia strategica dei prossimi anni secondo il Pentagono. È composta da migliaia di minuscoli computer (dimensione inferiore al millimetro cubo) ciascuno dotato di sensori, processori, radiotrasmettitori, software e sistema di alimentazione. Possono esser disseminati in larghi spazi e funzionare in condizioni avverse: sono in grado di mettersi in contatto e di riconfigurarsi nel caso che uno di loro smetta di funzionare. Fortunatamente, quello militare non è l’unico impiego. Sparsi in una foresta, possono funzionare come rilevatori anti-inquinamento o per la prevenzione degli incendi. Sono stati sperimentati anche per verifiche strutturali in edifici sottoposti a scosse sismiche.

In generale, i principali campi di uso sono:

  • ivile e domestico: avvistamento d’incendi, monitoraggio della temperatura e della ventilazione in edifici, monitoraggio dell’ambiente, biosensoristica, disaster recovery, casa intelligente e domotica, servizi personalizzati, rilevazione delle intrusioni;

  • sanitario: interfacce per disabili, monitoraggio integrato di pazienti, monitoraggio e controllo di anziani, controllo remoto di dati fisiologici, tracking di pazienti e medici all’interno di ospedali, somministrazione di farmaci;

  • militare: sorveglianza, rilevazione di target, monitoraggio delle forze sul campo, rilevazione di attacchi chimici, biologici e nucleari;

  • commerciale: realizzazione di tastiere virtuali, analisi di materiali sottoposti a stress meccanico e/o strutturale, guida e controllo di robot in industrie automatizzate, monitoraggio e controllo del traffico, controllo di inventari, precision farming.

Le WSN permettono di immaginare scenari in cui è possibile muoversi in maniera sicura anche per persone con difficoltà fisiche perché guidati da cellulari che comunicano con la rete, con semafori che scattano assecondando l’andamento del traffico, con un costante monitoraggio della qualità dell’aria.

Tale scenario non è poi così immaginifico. A Cambridge (Massachusset), l’Università di Harward e la BBN Technologies stanno lavorando ad un progetto, chiamato CitySense, per la copertura della città con una rete di sensori wireless montati sui pali telefonici, sui semafori e sugli edifici. La rete, progettata secondo un’architettura Mesh, prevede un centinaio di nodi: il singolo nodo, grande all’incirca come un Mac Mini, comprende un PC con Linux e una memoria flash di qualche gigabyte come disco rigido, comunicazione wireless 802.11 a/b/g e diversi tipi di sensori. Solo alcuni nodi sono connessi in modalità wired e hanno il ruolo di data sink.

La diversità dei sensori e le capacità computazionali dei nodi permettono molti tipi di rilevazione e controllo. Alcuni sensori possono raccogliere dati sulle condizioni atmosferiche (pioggia, vento, pressione, temperatura). Altri possono testare la qualità dell’aria, misurando le polveri e il livello d’inquinamento. La combinazione dei dati può dare indicazioni utili per la qualità della vita, per esempio avvisare persone con asma di evitare certe zone della città in specifici orari.

Sensori di movimento potrebbero misurare il flusso del traffico, altri potrebbero monitorare i parcheggi.

Una rete così strutturata può colloquiare con altre reti—sia fisse che wireless—e device mobili (telefoni cellulari, palmari, sensori veicolari): sono molte le applicazioni e i servizi che si possono realizzare.

Uno scenario completamente diverso è quello di FireBug, progetto sviluppato all’Università di Berkeley per monitorare gli incendi usando le WSN. Il sistema è composto da sensori ambientali che raccolgono dati sulla temperatura, umidità relativa e pressione con un’unità GPS attaccata ad un mote. Il mote comunica con una stazione base che invia i dati ad un server accessibile via Web.

Le prestazioni del sistema di monitoraggio sono state testate nel corso di due incendi nel Pinole Point Regional Park (vicino San Francisco) con buoni risultati.

L’elenco delle applicazioni potrebbe essere interminabile, e sarà ancora più lungo in futuro. C’è tuttavia un ultimo aspetto importante da tenere in considerazione: molte applicazioni possono essere intrusive rispetto la vita privata delle persone e richiedere un livello di fiducia elevato. Nella progettazione è quindi necessario tenere conto di alcuni fattori sociali e di sicurezza senza i quali il fallimento sarebbe sicuro.

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