Ict Sourcing: leva strategica per strategie di impresa e capacità di innovazione e cambiamento

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ICT

Si è svolto a Milano il Convegno “ICT Strategic Sourcing: il paradosso del cambiamento” organizzato dall’Osservatorio ICT Strategic Sourcing della School of Management del Politecnico di Milano.

Nell’occasione sono stati presentati i risultati della Ricerca 2008, basata sullo studio di oltre 60 casi tra imprese e Pubblica Amministrazione, l’analisi del modello di offerta di 10 player, tra i principali del mercato, ed una survey su oltre 90 CIO condotta in collaborazione con Aused e itSMF.

 

“Tra i risultati principali della Ricerca – afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio – emerge sicuramente l’aver dato evidenza e interpretato la complessa relazione tra scelte di sourcing e processi di cambiamento organizzativo. Sempre più, infatti, l’ICT Sourcing va oggi pensato e gestito non come un puro strumento di efficienza, bensì come una leva strategica che può avere un impatto importante sulle strategie dell’impresa e le sue capacità di cambiamento e innovazione”.

 

Nei confronti dell’outsourcing ci si trova di fronte spesso a quello che possiamo definire un vero e proprio paradosso del cambiamento: mentre da un lato una delle ragioni più frequentemente indicata per il ricorso all’outsourcing, nelle organizzazioni che attraversano fasi di trasformazione, è la possibilità di dotarsi di maggiore flessibilità per fare fronte ai cambiamenti nelle tecnologie e nel business, dall’altro è esperienza diffusa come, proprio in queste situazioni, l’outsourcing rischi di inibire piuttosto che facilitare il cambiamento.

 

Il rapporto complesso tra outsourcing e cambiamento deve essere analizzato a tre livelli: strategie di cambiamento e innovazione a livello di business spingono verso scelte di sourcing che rappresentano leve di trasformazione sempre più importanti; l’implementazione dei nuovi modelli di ICT Sourcing innesca a sua volta processi di cambiamento organizzativo che hanno ripercussioni sull’organizzazione ICT, sulle competenze e sulle relazioni con le funzioni utente, e vanno implementate con adeguate azioni di change management; i modelli di sourcing e la loro implementazione, infine, hanno nel medio periodo un impatto sulle future capacità di innovazione e cambiamento.

 

Il vero quesito che le organizzazioni devono affrontare non è quindi tanto “se” fare ricorso all’outsourcing in fasi di trasformazione, quanto “come” scegliere e implementare modelli coerenti in modo da valorizzare al meglio il contributo innovativo dei fornitori e ridurre i rischi di depauperamento delle capacità di cambiamento e innovazione.

 

Le ICT rappresentano leve fondamentali in virtù di una continua ricerca di strategie di innovazione e cambiamento, ma la variabilità e specializzazione delle competenze richieste rendono difficilmente sostenibile una risposta rapida basata sulle sole risorse interne; le scelte di sourcing rappresentano quindi opportunità strategiche, poiché consentono di ricorrere al contributo di terze parti specializzate, in grado di apportare velocemente capacità e strumenti indispensabili all’innovazione. Tra le principali motivazioni che favoriscono il ricorso all’ICT Outsourcing in situazioni di trasformazione, sono stati indicati nella Survey la presenza di rapporti collaborativi già in essere (15% delle risposte) insieme alla rapidità dell’evoluzione della tecnologia, seguiti dalla cultura aziendale propensa all’esternalizzazione (14%), le competenze di eccellenza del fornitore (11%), la disponibilità di contratti flessibili (11%).

 

L’analisi dei casi mostra come queste motivazioni risultino particolarmente importanti per aziende che si trovano in fase di trasformazione a seguito di processi quali internazionalizzazione, fusioni e acquisizioni, ingresso in nuovi mercati o introduzione di nuovi modelli di business. In tutte queste situazioni flessibilità e supporto all’innovazione diventano le vere motivazioni per il ricorso all’ICT Strategic Sourcing. Gli approcci riscontrati sono diversi: gli innovatori collaborativi sono coloro che, trovandosi in situazioni di forte trasformazione, chiedono al fornitore di affiancare le risorse interne; gli innovatori endogeni sono organizzazioni che, in situazioni turbolente, decidono di affidare al fornitore solo le attività di routine in modo da poter concentrare le risorse interne sui progetti più innovativi; i buyer d’innovazione, infine, sono le aziende che operano in ambienti relativamente stabili ed affidano ai fornitori la gestione di attività a contenuti innovativi.

 

Se i grandi driver di innovazione stanno condizionando la domanda di ICT Sourcing, altrettanto avviene per quanto riguarda l’offerta. L’evoluzione nei modelli di offerta può essere interpretata come il tentativo di spostarsi da una competizione di prezzo sempre più agguerrita, attraverso una più completa risposta alle richieste di innovazione da parte dei clienti. Dalle interviste in particolare emergono due tendenze: la verticalizzazione dell’offerta per settore e la segmentazione dell’offerta per linee di prodotto o servizio.

 

La Ricerca evidenzia una notevole dinamicità con molteplici percorsi evolutivi che vanno interpretati alla luce dello specifico contesto aziendale e delle scelte strategiche che ne derivano. I percorsi tipici possono essere classificati in: sviluppo strategico (sono spostamenti che indicano un aumento della rilevanza delle ICT nello sviluppo del business), commoditizzazione (si tratta di un fenomeno apparentemente opposto al primo, ossia una riduzione del ruolo dell’ICT verso contenuti maggiormente operativi e di commodity), insourcing (sono spostamenti verso profili di sourcing più integrati) e outsourcing (sono i tradizionali processi di esternalizzazione di attività).

 

Ciascun percorso evolutivo ha diversa natura e la sua gestione efficace comporta l’adozione di un diverso set di azioni di change management per accompagnare il cambiamento e garantire un riallineamento efficace di strutture organizzative, ruoli, e competenze del personale ICT. L’analisi effettuata ha permesso di identificare le azioni di change management utilizzate nei diversi percorsi, riconducendole a tre macro aree: interventi sulle persone: formazione, turn over, comunicazione; interventi su organizzazione e processi: nuovi ruoli, nuove strutture, procedure e sistemi di misura e monitoraggio; interventi su strumenti e metodologie: adozione di software per la gestione integrata dei progetti e delle prestazioni e standard metodologici quali ITIL e COBIT.

 

Sono stati parallelamente descritti i diversi apporti del fornitore nelle azioni di cambiamento relative ai diversi percorsi. In particolare nel caso di outsourcing e sviluppo strategico l’apporto è piuttosto importante. I player più affermati sul mercato si propongono con metodologie strutturate di formazione e change management che prevedono, ad esempio, processi di skill assessment ad inizio progetto per la definizione dello stato attuale delle competenze e supporto alla formazione delle persone ICT, o presa in carico del ramo d’azienda.

 

Lo sviluppo delle ICT e l’internazionalizzazione sono fenomeni che negli ultimi anni sono stati legati da una stretta relazione. Sebbene questo fenomeno sia di per sé indipendente dalle scelte di ricorso o meno a fornitori, l’esigenza di gestire i servizi ICT da localizzazioni geograficamente remote ha un impatto evidente sulle politiche di sourcing. La necessità di fruire di servizi ICT integrati e omogenei in localizzazioni diverse ha spinto un crescente numero di imprese a centralizzare la gestione dei propri sistemi informativi, in una logica di razionalizzazione e consolidamento delle risorse, con l’obiettivo di ridurre i costi e uniformare il servizio. Questa centralizzazione si può realizzare secondo due differenti modelli: modello Captive, attraverso la creazione di strutture ICT centrali; modello Vendor, in cui il servizio viene consolidato attraverso il ricorso a fornitori ICT. I dati empirici della Ricerca evidenziano un crescente ricorso a soluzioni sia near che offshoring, soprattutto da parte di imprese multinazionali (oltre il 30% dei casi analizzati).

 

Secondo i risultati della Survey il principale ostacolo al ricorso alla delocalizzazione dei servizi ICT rimane la differente cultura (oltre il 25% delle risposte), seguito dalla differente lingua (22%) e, successivamente, dalla necessità di strutturare e coordinare diversamente le attività (17%). Tali ostacoli possono incrementare i costi di coordinamento dei servizi delocalizzati. Per mitigare questi ostacoli e ridurre il rischio di incomprensioni e fraintendimenti e il conseguente innalzamento dei costi del servizio, le imprese devono prestare particolare attenzione alla fase di set up del sistema di erogazione del servizio tramite una maggiore grado di formalizzazione delle specifiche.

 

In termini di governance della relazione, sia che si adotti una soluzione delocalizzata Captive sia che si tratti di un outsourcing, la governance di un servizio ICT delocalizzato prevede in generale l’esistenza, tra erogatore globale e fruitore, di un livello di intermediazione locale che disaccoppi la relazione, facendosi carico degli oneri di coordinamento. La governance della relazione deve essere infatti accuratamente progettata tenendo conto che a livello locale devono essere mantenute alcune fondamentali capacità di governo, tra cui la gestione dei processi di demand management, change management e performance management, mentre a livello globale deve essere costruita e consolidata la capacità di gestire e ridurre i set up di attivazione dei servizi, avere sistemi e procedure che riproducano la prossimità, avere sistemi e capacità di monitoraggio e controllo.

 

Oltre che un impatto sulle prestazioni ICT, il modello di sourcing e la sua implementazione possono avere un impatto sulle future capacità della Direzione ICT e dell’azienda nel suo insieme di generare o recepire iniziative di innovazione e cambiamento.

 

Nella maggioranza relativa dei casi la scarsa innovazione collaborativa viene ricondotta a problemi riconducibili non ai singoli attori quanto al loro rapporto: disallineamento degli obiettivi tra cliente e fornitore (17%), squilibri o rigidità contrattuali (15%) e limitata visibilità delle esigenze di business data al fornitore (13%).

 

Le leve utilizzate per stimolare l’innovazione e il cambiamento sono riconducibili a due approcci diversi, apparentemente antitetici. Da una parte, le aziende cercano di contenere il rischio, di riduzione di innovazione e flessibilità, riconducendosi a condizioni il più possibile analoghe a quelle di mercato; dall’altra, molte organizzazioni cercano di stimolare innovazione e disponibilità al cambiamento puntando sulla partnership e sulla convergenza di obiettivi con i propri fornitori ICT nel medio lungo periodo. Resta per entrambi gli approcci l’evidenza di una difficoltà ancora forte, da parte delle imprese, a rendere il contratto uno strumento dinamico, capace di far fronte alle esigenze di innovazione e cambiamento.

 

Nella Ricerca sono state messe in luce le diverse pratiche di governance della relazione, dando particolare enfasi alla gestione del contratto. Clienti e fornitori sono oggi alla ricerca di meccanismi contrattuali per rendere più efficace e mutuamente sostenibile il cambiamento e l’innovazione collaborativa. Sebbene lo studio dei casi abbia permesso di identificare alcune leve ed approcci emergenti, tuttavia, mancano ancora prassi consolidate e best practice riconosciute e facilmente esportabili.

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