Gran Bretagna
“Attenzione, questo dispositivo potrebbe creare dipendenza, non iniziare”.
Questa potrebbe essere la dicitura che, come avviene per le sigarette, potremmo a breve trovare su telefonini, BlackBerry et similia, se dovesse rivelarsi giusta l’intuizione di due ricercatrici della Northampton University.
Per esaminare il rapporto tra le persone e le tecnologie di comunicazione sul posto di lavoro e l’impatto di questo rapporto nella vita quotidiana, Nada Kakabadse e Susan Bailey hanno condotto uno studio su 360 persone: un terzo di esse è risultato ‘dipendente dal telefonino’.
“Grazie a internet la tecnologia è diventata molto più interessante negli ultimi 10 anni. E’ tutto più semplice, più portatile e più accessibile”, ha dichiarato la Kakabadse alla BBC.
“Sareste sorpresi dal sapere quanta gente dorme col PDA o il BlackBerry accanto al letto”.
Le due ricercatrici hanno anche lanciato un sondaggio online a cui chiunque può partecipare, per estendere la portata dei dati e tentare di capire se e a che livelli i dispositivi di comunicazione mobili possano creare dipendenza in chi li usa e, in ultima analisi, possano essere considerati un pericolo per il nostro equilibrio mentale.
Spiega Kakabadse che l’esplosione delle tecnologie dell’informazione nel corso degli ultimi 20 anni è avvenuta senza nessun controllo riguardo gli effetti sulla salute. Neanche gli studi di vario genere effettuati nel corso degli anni per verificare le conseguenze sull’organismo dell’esposizione ai campi elettromagnetici hanno potuto appurare la consistenza del nesso causa-effetto tra l’uso del telefonino e l’insorgenza di determinate patologie. Di conseguenza, non si conoscono i possibili impatti negativi di questi strumenti, che nel frattempo vengono sempre più utilizzati dalle aziende per migliorare la produttività e ridurre i costi.
“Strumenti come il BlackBerry o i Pda danno spesso la sensazione di avere maggior controllo sulla propria vita”, ha spiegato la ricercatrice.
Ma si tratta solo di una sensazione, perché in realtà le tecnologie finiscono spesso per prendere il sopravvento sulle nostre abitudini quotidiane.
“Dobbiamo quindi prestare maggiore attenzione a come le persone reagiscono a tecnologie potenzialmente in grado di creare dipendenza, e rispondere con strumenti educativi e politiche adeguate”, ha aggiunto la Kakabadse.
La questione della dipendenza dalle nuove tecnologie è emersa già da parecchio tempo, ma fino a poco tempo fa era circoscritta a Internet, non ai telefonini.
In base a un’indagine condotta alcuni anni or sono in Corea del Sud dalla Far East University per conto del ministero delle Comunicazioni, un attaccamento smodato al cellulare potrebbe provocare addirittura allucinazioni e stress da astinenza al pari delle sostanze stupefacenti, generando sentimenti di insicurezza e irritazione quando si è impossibilitati a usarlo e l’impulso a tenerlo accesso anche quando non si potrebbe.
Secondo il parere di molti psicologi, i telefonini più che essere un sostegno per affrontare le difficoltà insite nel confronto con gli altri, sono diventati – soprattutto per i più giovani – uno strumento per gestire abitualmente le relazioni, tanto che la comunicazione telefonica è diventata un sostituto della comunicazione reale.
I rischi dell’abuso di queste funzioni sono maggiori nei ragazzi, in quanto l’età evolutiva è il momento dell’apprendimento delle modalità di contatto sociale reale e delle capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni.
Esiste infatti, come ha spiegato la dott.ssa Monica Monaco, il rischio che “…la facilità a prendere le distanze, quanto quella ad avvicinarsi, acceleri eccessivamente alcuni processi di distacco emotivo che prima avevano tempi più ‘umani’, nel corso dei quali gli irrinunciabili scambi faccia-a-faccia potevano portare a riflessioni importanti, oggi talvolta impossibili”.
Il cellulare assume quindi la valenza di “antidepressivo o ansiolitico multimediale” poiché rappresenta un mezzo per gestire la solitudine e l’isolamento nei confronti del quale diviene ben presto facile diventare dipendenti.
“Da ciò nasce conseguentemente un estremo investimento affettivo del telefonino che può trasformarlo in una specie di oggetto-feticcio ed il suo possesso può essere ribaltato verso la dimensione dell’essere posseduti, in cui spegnere il cellulare diventa quasi come diventare trasparenti e incapaci di entrare in altro modo in relazione”, aggiunge la Monaco.
La comunicazione attraverso il telefonino e i nuovi mezzi di comunicazione istantanea, insomma, pur essendo un importante mezzo di relazione con gli altri finisce per inibire la capacità di gestire “…il rinvio della soddisfazione dei bisogni che si concretizza nell’attesa e la conseguente creatività che in quest’attesa si sviluppa”.
Anche in ambito lavorativo, dove il telefonino viene spesso dato in dotazione ai dipendenti per migliorare la produttività, gli effetti di questa scelta potrebbero essere più negativi che positivi: la dipendenza comincia infatti con un’apparente miglioramento della produttività – l’iper-connettività permette infatti ai lavoratori di essere a pochi click di distanza da email e messaggi aziendali – ma col passare del tempo, la dipendenza progredisce e si manifesta con sintomi di ‘ansia da lontananza‘ del tecno-gadget e problemi relazionali, fino anche al malessere fisico, generando quindi il rischio di comportamenti compulsivi come controllare continuamente l’email o parlare/chattare continuamente con amici e colleghi.
Da qui la decisione di molte aziende, di adottare precise policies riguardo i tempi e i modi di accesso alle proprie caselle di posta elettronica, anche al fine di incoraggiare l’interazione umana più che quella digitale.
La questione, concludono le due ricercatrici, emergerà probabilmente con più forza quando i costi delle dipendenze dalle nuove tecnologie di comunicazione saranno considerati ‘pericolosi’ dalle aziende, che si decideranno quindi ad agire.
Qualcuno, tuttavia, non è così d’accordo con le conclusioni della Northampton University.
“Abbiamo appena iniziato ad abbracciare le nuove tecnologie – ha detto l’analista Gartner Réne Millman – gli uomini hanno sempre sentito l’esigenza di comunicare, sono solo i metodi a cambiare”.