Unione Europea
Il sistema italiano di assegnazione delle frequenze televisive non rispetta il diritto comunitario. E’ quanto sostiene la Corte europea nella sentenza che riguarda il contenzioso Europa 7 e il nostro Ministero delle Comunicazioni.
La società lamentava la mancata assegnazione delle frequenze che aveva avuto una regolare concessione a trasmettere in analogico.
Nella nota della Corte Ue si legge che “…il sistema italiano non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”.
Aggiungendo che “…l’applicazione in successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa nazionale a favore delle reti esistenti, ha avuto l’effetto di impedire l’accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze. Questo effetto restrittivo è stato consolidato dall’autorizzazione generale, a favore delle sole reti esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi. Tali regimi hanno avuto l’effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su detto mercato”.
“La Corte di Giustizia europea ha ragione: il regime italiano di assegnazione delle frequenze televisive è contrario al diritto comunitario. A questa consapevolezza si è sempre ispirata l’azione del governo, nelle proposte legislative e negli atti politici e amministrativi”. E’ quanto ha commentato il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, spiegando che “…proprio riconoscendo la fondatezza di tale diritto, il Ministero delle Comunicazioni aveva segnalato il 15 novembre 2006 alla Presidenza del Consiglio la necessità di modificare la posizione sostenuta in giudizio dall’Avvocatura dello Stato. E al riconoscimento di tale diritto si ispira il mio Disegno di Legge che assegna a chi è titolare di concessione la priorità per le frequenze liberate dal trasferimento di due reti in digitale”.
Per Gentiloni, “Più in generale, la Corte conclude che l’assegnazione in esclusiva e senza limiti di tempo delle frequenze a un numero limitato di operatori esistenti è contraria alle normative comunitarie. Aprire ai titolari di concessioni e a nuovi soggetti il mercato delle frequenze è uno dei principi ispiratori, oltre che del disegno di riforma Tv, del bando di gara per l’assegnazione di frequenze disponibili – il primo mai fatto in Italia – e dell’accordo sulla Sardegna che per la prima volta prevede la restituzione di frequenze allo Stato e la loro messa a gara. In questi venti mesi si sono finalmente mossi i primi passi per ripristinare le regole del diritto e della concorrenza nel sistema delle frequenze televisive”.
“Ora – ha concluso il Ministro – nonostante l’interruzione anticipata del Governo Prodi, la soluzione di questi problemi non può essere rimessa soltanto alla Magistratura. La legge vigente dovrà comunque essere modificata in Parlamento, anche per far fronte alle incombenti procedure di infrazione comunitaria”.
Soddisfazione per il parere della Corte Ue è stata espressa dal legale di Europa 7, Ottavio Grandinetti, che ha parlato “di grande e insperata vittoria”.
L’avvocato ha dichiarato a key4biz: “…Ora la questione torna davanti al Consiglio di Stato, che deciderà in un senso o nell’altro. Siamo fiduciosi, ormai il passo più difficile è stato fatto”.
Il risarcimento per i danni subiti dovrebbe aggirarsi intorno ai 5 miliardi di euro.
Ma cosa si aspetta adesso Europa 7? “Sicuramente che si intervenga per risolvere l’anomalia del mercato televisivo italiano”, dove Rete4 continua a trasmettere nonostante Mediaset superi i limiti antitrust stabiliti dalla Legge Maccanico.
“Si parla sempre di concorrenza e pluralismo – ha detto Grandinetti – ma sul mercato dell’analogico resta incontrastato il duopolio Rai-Mediaset”.
Il legale ha poi escluso la possibilità di avere in alternativa accesso alle frequenze del digitale terrestre.
“Si tratta di un mercato ancora in fase iniziale, che in termini di pubblicità vale intorno alle poche decine di milioni di euro”. Da questo punto di vista, “…è una realtà ancora poco attrattiva, che resta marginale”.
Marco Mele, firma autorevole del Sole24Ore, ha sottolineato a Key4biz: “L’assetto normativo italiano, dalla legge Maccanico del ’97 fino alla Legge Gasparri, contrasta in diversi punti con il Trattato Ue prima e dal luglio 2003 con la Direttiva Ue sulle comunicazioni elettroniche Lo dimostra il fatto che dal 1997 a oggi Mediaset ha continuato a non rispettare la soglia del 20% fissata dalla Maccanico e a mandare in onda Rete4 grazie a un’abilitazione transitoria”.
Mele, commentando le dichiarazioni di Mediaset che si dice tranquilla per il futuro di Rete4, ha detto: “…Il Consiglio di Stato potrebbe trovare spazio per Europa 7 senza spegnere Rete4, attuando un nuovo piano di frequenze, ma sarà in analogico o digitale?”
“Una cosa è certa – ha aggiunto Marco Mele – il governo e le Authority dovranno tenere conto di questa sentenza per i futuri provvedimenti in materia televisiva”.
La storia di Europa 7 comincia nel 1999, quando il gruppo Tv Centro Europa 7, guidato da Francesco Di Stefano, ottiene una delle concessioni a trasmettere a livello nazionale in tecnica analogica, ma non ottiene le frequenze necessarie.
La gara per le concessioni avviene due anni dopo che la legge Maccanico fissa il tetto del 20% per il possesso delle reti nazionali, coinvolgendo così sia Mediaset che la Rai, proprietarie ciascuna di una rete di troppo. Nel novembre del 2002 la Corte Costituzionale stabilisce che Rete4 deve dismettere definitivamente le trasmissioni terrestri entro il 31 dicembre 2003.
Ma il Tar respinge il ricorso di Di Stefano, che chiede l’accertamento del suo diritto a ottenere l’assegnazione delle frequenze e un risarcimento danni.
Europa 7 si rivolge quindi al Consiglio di Stato, dinanzi al quale la causa pende attualmente, che chiede lumi alla Corte europea sull’interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario relative ai criteri di assegnazione di radiofrequenze.
Il giudice del rinvio, spiega la Corte europea, sottolinea che il piano nazionale di assegnazione delle frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni, nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni.
La nota spiega che “…Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l’effetto di non liberare le frequenze destinate a essere assegnate ai titolari di concessioni analogiche e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale”.
L’organismo di giustizia europeo rileva poi che “…l’applicazione in successione dei regimi transitori (…) ha avuto l’effetto di impedire l’accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze”.
“…Tali regimi hanno avuto l’effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su detto mercato”.
A questo punto Rete4 potrebbe essere costretta a migrare sul satellite per lasciare spazio all’emittente di Francesco Di Stefano.
Ma da Cologno Monzese si affrettano a far sapere che la sentenza della Corte di giustizia Ue “…non può comportare alcuna conseguenza sull’utilizzo delle frequenze nella disponibilità delle reti Mediaset, inclusa ovviamente Rete4”. Secondo l’azienda, “…il giudizio cui la sentenza si riferisce riguarda esclusivamente una domanda di risarcimento danni proposta da Europa 7 contro lo Stato italiano e non può concludersi in alcun modo con pronunce relative al futuro uso delle frequenze”.
In ogni caso la società si riserva “…ogni commento all’esito della lettura della sentenza“, ma ci tiene a ribadire che, “Quanto all’insinuazione che Rete4 occuperebbe indebitamente spazi trasmissivi a danno di Europa 7, Mediaset ribadisce che Rete4 è pienamente legittimata all’utilizzo delle frequenze su cui opera. Quindi nessun rischio”.
Giuseppe Giulietti, deputato del Pd in Commissione di vigilanza Rai, ha dichiarato: “…La sentenza della Corte europea è una condanna inflitta a quella anomalia italiana, purtroppo irrisolta, rappresentata dal conflitto di interessi e che ha letteralmente taroccato le libere dinamiche del mercato. Crisi o non crisi di governo, tutte le autorità di controllo e garanzia e il governo stesso hanno il dovere di riconoscere i diritti di Europa 7 e dell’imprenditore Francesco Di Stefano anche perché, se la partita dovesse restare ancora aperta non bisognerà poi indignarsi se la magistratura dovesse svolgere attività di supplenza”.