Unione Europea
Le aziende tecnologiche sono sempre più attente all’ambiente. All’indomani dell’approvazione da parte della Commissione europea del pacchetto di proposte in materia di lotta ai cambiamenti climatici e promozione delle energie rinnovabili, il gruppo britannico BT ha lanciato una nuova serie di telefoni fissi a basso consumo energetico.
La società ha spiegato che si tratta di un primo passo in vista dell’attuazione del programma da 2 miliardi di sterline che porterà al rinnovamento eco-friendly dell’intera gamma dei telefoni fissi.
Entro l’estate, ha annunciato ancora BT, oltre il 90% dell’intera gamma dei telefoni fissi sarà improntata al risparmio energetico. Una rivoluzione a costo zero per i consumatori.
I nuovi telefoni sono stati progettati per consumare la metà rispetto a quelli attualmente in uso, con l’obiettivo di tagliare i consumi elettrici e le emissioni di CO2.
Secondo i calcoli della società, la sostituzione di tutti i vecchi cordless e telefoni fissi con modelli a maggiore risparmio energetico potrebbe produrre una riduzione delle emissioni in eccesso pari a 195 mila tonnellate in tre anni. L’equivalente di togliere dalla strada 57 mila macchine per un anno.
Il risparmio energetico sul versante consumatori, ammonterebbe a 39 milioni di sterline.
BT si è impegnata anche sul fronte del packaging: niente più manuale d’istruzioni cartaceo in tutte le lingue del mondo. Il telefono sarà accompagnato da un semplice foglietto contenente le informazioni essenziali, con la possibilità, per i consumatori, di consultare il manuale online o di richiedene telefonicamente una copia stampata.
Per Gavin Patterson di BT, la nuova gamma di telefoni a basso consumo rappresenta l’esempio concreto dell’impegno che da anni la società profonde nella tutela dell’ambiente.
Si tratta di apparecchi, spiega, “che faranno la differenza e aiuteranno i consumatori a fare qualcosa in più per ridurre il loro impatto ambientale”.
A oltre dieci anni dal lancio del primo Environmental and Sustainability Charter, le aziende tlc sono sempre più impegnate non solo verso la riduzione del consumo di combustibili fossili e di energia, ma anche a promuovere con gesti concreti l’importanza dell’uso delle tecnologie ICT per ridurre le emissioni di CO2.
I prodotti, i servizi e le applicazioni ICT potrebbero infatti contribuire notevolmente a ridurre l’impatto di molti settori industriali – in particolare dei trasporti – sui cambiamenti climatici, attraverso la riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
Prendiamo ad esempio la videoconferenza: se il 20% dei viaggi di lavoro attraverso l’Europa fosse sostituito da sistemi di questo tipo, si potrebbero ‘risparmiare’ 22,3 milioni di tonnellate di emissioni CO2. Se invece il 50% dei lavoratori europei sostituissero un meeting all’anno con un’audio conferenza, si potrebbero evitare emissioni per 2,2 milioni di tonnellate.
Anche servizi in un certo senso ‘insospettabili’ come il pagamento delle bollette e delle tasse online aiuterebbero – se utilizzate da un numero consistente di persone – a risparmiare emissioni di anidride carbonica, rispettivamente per 109 mila e 195 mila tonnellate all’anno.
Secondo l’Etno e il WWF, un uso consapevole delle tecnologie ICT potrebbe ridurre le emissioni di CO2 di almeno 50 milioni di tonnellate all’anno entro il 2010.
Le aziende che si occupano di ICT sono in un certo senso vittime e carnefici dei cambiamenti climatici: come molte altre infrastrutture, le reti tlc soffrono gli effetti del surriscaldamento globale e dell’aumentata frequenza delle catastrofi naturali. Come molti settori industriali – anche se in misura ridotta rispetto ad altri – quello delle telecomunicazioni utilizza energia per alimentare le reti, per raffreddare e riscaldare gli edifici, proteggere le infrastrutture e per i trasporti.
Lo sviluppo di reti di nuova generazione dovrebbe ridurre l’uso di energia da parte delle telco, ma la rapida crescita dei servizi web-based sta facendo innalzare la domanda di energia e l’emissione di sostanze nocive: in base alle ultime stime, l’elettricità totale utilizzata per alimentare e raffreddare i 2 milioni di server dei 5 maggiori motori di ricerca è di circa 5 gigawatts. Più o meno quanto basterebbe all’area metropolitana di Las Vegas nel giorno più caldo dell’anno.
Molte le telco e i service provider impegnati a ridurre le emissioni di anidride carbonica: BSkyB ad esempio, è diventata ‘carbon neutral’ nel maggio 2006, nell’ambito di un programma volto a coinvolgere gli oltre 8 milioni di clienti di Sky “in nuovi metodi pratici e ispirati per diventare più informati e attivi su un corretto uso dell’energia”.
Gli operatori telecom, da canto loro, hanno ridotto la produzione di rifiuti del 9,7% nel 2005 rispetto all’anno prima e le emissioni di CO2 del 7,4%.
L’Etno – ha spiegato il responsabile del Sustainability Working Group, Danilo Riva – “era considerata visionaria quando lanciò la prima Environmental Charter 10 anni fa come piattaforma per lo scambio di best practice sull’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Questo approccio ha tuttavia contribuito in maniera significativa a migliorare le performance ambientali in questi anni”.
La prima Environmental Charter venne redatta dagli operatori dell’Etno nel 1996 e coinvolse l’industria nell’impegno della salvaguardia ambientale e nella redazione di rapporti regolari. Nel 2004 il documento venne sostituito dalla Sustainability Charter, basata sui tre pilastri dello sviluppo sostenibile: protezione ambientale, progresso sociale e crescita economica.
Anche il WWF si dice convinto che l’impegno dell’industria delle telecomunicazioni va nella direzione giusta: l’aumento dell’efficienza e l’innovazione di molte soluzioni che consentono alle persone di lavorare in maniera più flessibile attraverso quella che Nicholas Negroponte ha definito la dematerializzazione dell’economia (bits al posto di atomi).
In base all’ambizioso pacchetto legislativo comunitario, tutti i principali responsabili delle emissioni di CO2 saranno incoraggiati a sviluppare tecnologie produttive pulite. Grazie all’impegno di tutti, la Ue spera di ridurre di almeno il 20% le emissioni di gas serra e di portare al 20% la quota di rinnovabili nel consumo energetico entro il 2020.