Unione Europea
La prossima fusione tra Google e DoubleClick – che ha ricevuto l’Ok dell’Antitrust Usa ma deve ancora essere approvata dalla Ue – sta sollevando non pochi dubbi in merito alla protezione della privacy degli internauti e ha aperto un dibattito in seno alle istituzioni europee, che ormai riconoscono in internet una risorsa quasi imprescindibile.
“Semplici click – spiegano i parlamentari della Ue – possono avere conseguenze inaspettate”. Non tutti gli internauti sanno infatti che tutto quello che accade durante la navigazione – le parole utilizzate per una ricerca, gli acquisti, le chat – viene registrato da una sorta di ‘Grande Fratello’ che osserva le nostre mosse.
Le politiche sulla privacy adottate dai maggiori motori di ricerca – si chiede dunque il Garante privacy tedesco Peter Scharr, presidente del gruppo di lavoro che si sta occupando della questione dei dati personali – sono compatibili con le leggi europee sulla privacy?
Gli indirizzi IP, secondo Scharr, dovrebbero essere trattati come dati personali, tesi che differisce da quanto sostenuto da Google, che insiste che un indirizzo IP è semplicemente un identificativo della locazione di un computer e non dell’identità degli utenti.
Una tesi strettamente veritiera, ma che non riconosce il fatto che – se si escludono i frequentatori di internet cafè o i navigatori ‘da ufficio’ – molti utenti usano sempre lo stesso Pc e lo stesso indirizzo IP per connettersi a internet.
Molti siti, inoltre, associano a un indirizzo IP un nome o un’azienda.
Trattare gli indirizzi IP come dati personali avrebbe diverse ripercussioni sui metodi utilizzati dai motori di ricerca per registrare i dati degli utenti. Lo scorso anno, a questo proposito, per placare le ire della Commissione, Google ha deciso di rivedere le proprie policy sulla raccolta dei dati, riducendo il tempo di conservazione a 18 mesi. Il motore di ricerca più famoso del web ha anche accettato di limitare la validità dei cookies a 2 anni rispetto ai precedenti 30.
Tornando alla prossima fusione tra Google e DoubleClick, lo scontro nella Ue – ma anche oltreoceano – è ancora apertissimo.
Secondo il rappresentante della società, Peter Fleischer, le preoccupazioni sulla protezione della privacy sono legittime, ma sono cosa ‘distinta’ dalla fusione.
Si starebbe anzi cercando, spiega Fleischer, “…di utilizzare il tema della protezione della privacy come cavallo di troia per nuove leggi sulla concorrenza”.
Per Marc Rotenberg dell’organizzazione americana in difesa della privacy online EPIC, l’acquisizione di DoubleClick – società leader nell’advertising online – abbatterà però la concorrenza, “…in quanto i dati reciproci verranno assimilati, con conseguente rischio per la riservatezza”.
Ma perché ai motori di ricerca interessano così tanto i dati degli utenti? Secondo Google, queste informazioni servono a dare agli utenti un servizio più accurato ma la realtà è che per molte aziende internet è diventato uno strumento impareggiabile per comprendere i comportamenti dei consumatori e adeguare prodotti e pubblicità alle esigenze mutevoli del mercato.
Dietro la gratuità di molti servizi offerti agli internauti c’è infatti un tranello: non si paga ma si accetta di essere ‘seguiti’ su tutto il web, così che la navigazione diventi tesoro per gli esperti del cosiddetto ‘marketing comportamentale’, i quali usano dati per eventuali aggiustamenti dei prodotti o delle campagne pubblicitarie.
“Questi servizi hanno un prezzo – mette in guardia Cornelia Kutterer, rappresentante dell’associazione europea dei consumatori (BEUC) – la perdita della privacy”.
“Spesso – aggiunge – molti internauti pensano che internet sia più privato di quanto non lo sia in realtà”.
Nella Ue, spiegano i parlamentari europei, “…il trattamento dei dati personali è soggetto ancora alle leggi nazionali anche se tali attività di trattamento dei dati sono assoggettate ai principi di protezione dei dati dell’Ue”.
La Commissione europea sta comunque lavorando a una proposta per fornire maggiori informazioni ai consumatori in particolare nel caso di ingerenza nella sfera privata e perdita di dati sensibili.
Serve insomma un “approccio globale” al problema, sostengono gli europarlamentari – per proteggere meglio gli internauti di tutto il mondo, proponendo una legislazione internazionale.
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