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Inizio d’anno di alto profilo per la FUB – Fondazione Ugo Bordoni con il seminario Frequenze: la nuova competizione, che si è tenuto a Roma il 14 gennaio presso il Centro Congressi Palazzo Rospigliosi.
Ospite d’onore Francois Rancy direttore dell’Agence Nationale des Frequences di Francia. Rancy nel 2007 è stato Chairman del Radio Spectrum Policy Group (RSPG) e Chairman dell’ITU World Radiocomunication Conference (WRC07).
La conferenza di Rancy è stata introdotta da Maurizio Dècina, Presidente della Fub, con l’intervento di Mario Frullone che ha completato la sessione del mattino. Nel pomeriggio è seguita la tavola rotonda con operatori ed esperti, moderata da Antonio Sassano, Direttore generale della Fub. Il tutto davanti ad un pubblico numeroso, da grande occasione, composto da addetti ai lavori.
L’intervento affronta uno dei temi più cruciali per lo sviluppo dell’ICT nei prossimi anni: l’identificazione di una politica dello spettro in grado di seguire tempestivamente le opportunità offerte dalla tecnologia.
Anche la Commissione Europea ha di recente posto l’accento sulla necessità di coordinare a livello continentale le strategie nell’uso della banda in funzione di raggiungere nel più beve tempo possibile vaste economie di scala proprio in considerazione dell’introduzione della telefonia mobile in tecnica digitale. Di fronte alle prospettive dell’ICT è necessaria, probabilmente, una discussione sull’uso dello spettro, individuando una logica di crescita congiunta di tutti i servizi che tenga in conto la scarsità dello spettro.
Del convegno, che ha avuto il supporto tecnico-organizzativo dell’Isimm, è disponibile il materiale video sul sito della Fondazione Ugo Bordoni.
Forte della sua esperienza di Chairman del WRC07 e del RSPG, Francois Rancy è entrato subito nel merito delle problematiche del settore, ponendo in evidenza le sfide che la gestione e l’uso dello spettro ci pongono nell’immediato. Sfide che riguardano lo sviluppo stesso della tecnologia e del suo contesto, compresa la gestione stessa dello spettro indicando le possibile vie di attuazione. Rancy ci invita ad un suo utilizzo più razionale andando a lavorare sulle piattaforme digitali, dalla banda GSM al WAP, per un uso più flessibile quindi, aperto a tutte le tecnologie presenti ad una certa data.
Ci sono due livelli su cui muoversi: uno commerciale e uno sicuramente governativo. Dal campo della telefonia, dove l’Italia è ben messa, a quello televisivo, al wifi o alla radio, implementando le strategie commerciali già abbastanza sviluppate nel settore. Sul lato governativo invece di sicuro interesse è l’utilizzo dello spettro riguardo alla Protezione civile, la sicurezza pubblica e civile, la difesa, qualsiasi tipo di emergenza o il trasporto stesso, via acqua, terra o cielo. Anche in ambito scientifico ci possono essere degli adattamenti utili, nella ricerca, nelle previsioni del tempo o nella ricerca aereo-spaziale.
“…Ovviamente“, ha spiegato Rancy, “come per ogni campo in crescita serve una regolamentazione valida che ne gestisca tale sviluppo, con un’organizzazione flessibile e armonizzata, soprattutto per le frequenze basse, quelle più a buon mercato… “. Ogni paese a riguardo presenta un mix di esigenze e strumenti da porre in campi molto diversi, “…la Francia dovrà usare uno spettro maggiore del Lussemburgo in relazione alla Difesa, il Lussemburgo a suo modo ne avrà bisogno per migliorare i propri aerei in assetto di test in volo…“, e ancora: “…Bilanciando i bisogni si ottimizza l’uso dello spettro, perché ogni paese presenta esigenze diverse ma ha gli stessi obiettivi, cioè raggiungere economie di scala per abbattere i costi. Bisogna armonizzare tali richieste in un’ottica di partecipazione totale a un progetto comunitario… “.
Quello di cui stiamo parlando è un tipo di risorsa molto particolare, di natura pubblica, che lo Stato deve saper gestire proprio in una prospettiva sociale che non va sottovalutata, che poi è quella della Difesa, della comunicazione pubblica e che necessita di una diffusione massiccia a livello territoriale, non solo centrata nelle aree urbane: “…Una diffusione capillare fatta di servizi alle imprese e al cittadino con uno sguardo attento allo sviluppo economico e tecnologico, come il caso Galileo, un obiettivo strategico per l’Europa, con cui incoraggiare un piano di investimenti consistente con l’intento di calare tale risultati nel mondo reale, della gente, per garantire un flusso finanziario massiccio nella rete e verso il pubblico sotto forma di servizi… “.
Riguardo agli aspetti economici e sociali dello spettro, di sicuro, altrettanto basilare è la gestione delle frequenze, “…ci vogliono regole chiare, sicure su cui gli operatori possono contare, non è possibile che ad ogni rollout per innovazione tecnologica avvenga in contemporanea una modifica delle regole…“. Bisogna quindi fare delle scelte nel senso di una maggiore partecipazione di tutti i soggetti al cambiamento, con la progettazione di strutture giuridiche adeguate e, sottolinea ancora Rancy, adeguate economie di scala: “…Noi dobbiamo prendere parte a tali cambiamenti, sia a livello nazionale che internazionale, perché aver ragione da soli vuol dire aver torto…“.
Tre i livelli individuati in tale indagine: uno locale, uno mondiale e uno europeo.
A livello mondiale parliamo di ITU, con più di 200 stati membri, con relativi bisogni e obiettivi riguardo la gestione delle bande e delle frequenze, con un’esigenza di armonizzazione sempre maggiore: “un bisogno che può essere soddisfatto grazie a discussioni mirate e indirizzate al raggiungimento di nuovi equilibri interni, di veri e propri menù da progettare, soprattutto nelle istituzione preposte a tali funzioni, nelle lobby anche, sempre pronte a far sentire la loro voce, come il WMO, il GBU, la NATO, l’IMO o l’ICAO“. Poi c’è il livello locale, o regionale dove bisogna fare le scelte in base alle guide di tali menù. Quindi GSM, UMTS, quali frequenze utilizzare su quali bande: “quindi importantissimo sarà stilare una tabella nazionale delle frequenze, con un maggiore impegno del mondo politico e non solo del settore tecnico. Come in Francia c’è il Primo Ministro ad occuparsi di questo, in Italia c’è il Ministero delle Comunicazioni e entrambi devono saper gestire lo spettro delle frequenze nella tutela dell’interesse pubblico, degli utenti. Chi compra UMTS o WiFi deve essere sicuro che qualcun altro non interferisca nell’utilizzo, ad esempio, di un telecomando per cancello elettrico. C’è bisogno di regole certe, sono loro ad aver bisogno di tutte le nostre attenzioni“.
Ogni paese, ha insistito Rancy, “…ha delle tabelle di riferimento dove si assegnano le frequenze entro limiti ben precisi atti a garantire il regolare funzionamento degli apparecchi. Ciò che è scritto nelle tabelle deve aderire alla realtà vissuta, il più possibile, ma questo significa un enorme consumo di energie umane e finanziarie, soprattutto per garantire il monitoraggio della società e dell’utilizzo dello spettro. Parte di questi finanziamenti vanno per lo sviluppo del software e per la tutela giuridica finalizzata al mantenimento dei diritti di tutti, o magari per colpire chi sbaglia…“.
Un altro aspetto fondamentale è nella natura degli accordi, “…questi devono essere limpidi, trasparenti, puliti, senza trattative sottobanco, con un’alta vigilanza politica per evitare che si prendano le scelte sbagliate…“.
Quindi, “…bisogna avere le idee chiare per prendere delle decisioni giuste, considerando quelle che sono le pressioni nazionali e internazionali ed eco perché bisogna partecipare a tali decisioni nel modo più massiccio possibile…“.
Tre i piani di sviluppo dello spettro secondo Rancy, quali gli studi di settore, tecnico, economico e legale, il monitoraggio dei data bases e l’Unione Europea. Quindi stabilire in base a quali settori di interessi si vuole dare più spazio, se la difesa o il commerciale con relativo scambio di frequenze o di MHz. In Europa bisogna costruire i menù di cui sopra per l’armonizzazione delle scelte e degli usi, proprio perché ogni paese usa frequenze diverse in modo diverso per soddisfare bisogni diversi che lo spettro deve saper convogliare.
Per questo si parla sempre più di CEPT e di UE. La prima è un foro che comprende la vasta platea degli investitori e del mercato, con 48 membri partecipanti il cui voto però non è vincolante e le cui decisioni non sono ratificate con obbligo. Il CEPT armonizza e coordina la posizioni dei paesi europei su proposte comuni. A livello europeo, di Unione, c’è un organismo che dal 2002 si occupa in modo specifico di spettro radio (RSPG), indicando quelle che sono le decisioni guida su cui ragionare. Un organismo di natura prettamente politica con il ruolo di alto suggeritore dell’Unione sullo spettro radio. Suggerimenti su vari aspetti, dal mercato al digital dividend, dal WAPECS al mobile, senza però indicare in modo concreto i parametri delle scelte da prendere soprattutto in termini tecnici e commerciali, invece basilari per l’implementazione del programma.
La parola d’ordine quindi è sempre più collegialità, decisionismo comunitario, con dei punti da sviluppare che richiedono oggi una partecipazione unitaria, come l’uso collettivo dello spettro, mantenendo in equilibrio il rapporto tra standardizzazione e armonizzazione delle priorità per monitorare e organizzare al meglio la sua esecuzione, o ancora il problema alle frontiere. L’ITU, con i suoi 191 stati membri, in questo senso può essere molto utile per la stesura di trattati e per la regolamentazione dei nuovi diritti. Nello stesso WRC si ha bisogno di una maggiore caratterizzazione dell’istituzione, una sua più forte presenza, certo senza poteri vincolanti, ma di sicuro una nuova impostazione decisionale in grado di individuare la strada più comoda per il raggiungimento dei risultati previsti anche in termini di banda larga: “…il WRC’07 evidenziò la difficoltà reale di trovare a breve una posizione collegiale tra gli stati membri, che invece manca proprio per divergenze forti sullo spettro in termini di difesa…“.
Nel 2015 lo switch-off analogico dovrà essere una realtà con la ITV deadline e secondo le linee poste dall’RSPG del 2002 a cui tutti i paesi dell’Unione dovranno attenersi necessariamente.
Lo stesso GEO6 ha suggerito più volte una maggiore attenzione alle tecnologie mobili piuttosto che la filodiffusione: “…in Francia è stata scelta una data per switch-off analogico che sarà il 30 novembre 2011, ovviamente già da ora bisognerà adeguare una fase di transizione il più flessibile possibile proprio sovrapponendo, per così dire, porzioni di digitale sempre maggiori sull’analogico, anche con il refarming analogico stesso, aumentandone la copertura sul territorio fino a un 90% della popolazione utenti, con un programma di infrastrutture teso a supportare tale crescita…“. Le difficoltà maggiori sono nel numero di frequenze da individuare e nei piani più adatti da attuare, ecco perché secondo Rancy: “…bisogna negoziare da subito per arrivare al 2011 davvero pronti, con le aree per l’allocazione dei canali come previsto dal GEO6 e con un piano di nuove assegnazioni. In Europa abbiamo 7 multiplex digitali, ma i bisogni delle singole nazioni, come la Francia, possono essere maggiori, magari di14 multiplex, e allora ecco che il GEO6 deve riprendere in mano i suoi calcoli, aumentare le assegnazioni e fare sempre molta attenzione ai rapporti di frequenza tra stati confinati, questi ultimi, infatti, devono trovare accordi sempre più dettagliati anche alla luce delle decisioni prese dal WRC riguardo le allocazioni delle risorse per la tv, le frequenze della Difesa e la comunicazione mobile…“.
Il WRC a riguardo ha posto delle linee guida preziose, delle opzioni da valutare nel quadro della scelta base sullo spettro, incentrate sull’impatto che poi queste avranno anche sulla popolazione stessa e su come gestire i comportamenti sociali di risposta. Quindi la parola d’ordine sarà evitare incertezze di ogni tipo con un intervento della politica questa volta davvero forte. Anche in ottica di rapporti con gli operatori che dovranno essere tutti insieme sulla transizione verso il digitale: “…ogni paese“, ha evidenziato Rancy, “dovrà adeguare i propri sistemi di comunicazione per l’UMTS, come per il WiMax, per i flussi di ricezione e trasmissione che chiedono un’alta compatibilità tecnica per le attrezzature nella gestione dello spettacolo anche riguardo le interferenze…“. Il WAPECS a 3,4 GHz che si presenta come maschera tecnologica o interfaccia è stata pensato proprio per attutire gli attriti di codificazione nella stessa banda con una maggiore flessibilità e elasticità: “…tutto questo ovviamente ha un costo, economico e sociale, perché le nuove tecnologie hanno uno sviluppo veloce e la politica d’altronde spesso blocca, per futili litigi, ottime strade di crescita. Bisogna diminuire il potere della radio-diffusione e della televisione per aumentare le libertà di accesso ai nuovi attori digitali…”.
Ciò che Rancy comunque ha cercato di sottolineare più volte è proprio il ruolo della politica, che può e deve fare molto intervenendo ad esempio sulle frontiere e sugli scambi di frequenze tra queste con il risultato di diminuire le interferenze. Ci fa notare che ad esempio: “…gli americani non hanno molti problemi di frontiere, quindi di interferenze, per ovvi motivi geografici, ma è anche vero che hanno saputo gestire il problema al meglio con una penetrazione delle tecnologie via cavo e satellitari sicuramente molto più sviluppate delle nostre e noi dobbiamo aumentare almeno del 50% la banda per l’High Definition…“. Lo spettro è un problema non solo tecnico quindi, ma anche politico e sociale, senza dimenticare l’accento giuridico che il sistema deve porre con maggiore evidenza. Come ha fatto notare Maurizio Dècina “…lo switch off è una meta difficile da raggiungere, ma che non si può eludere, quindi bisogna stare molto attenti a come ci si arriva…“. Ancora una volta risulta preponderante il presidio politico e la sua capacità di negoziazione proprio, continua Dècina “…in relazione al fatto che sono le divisioni sociali e ideologiche a creare i problemi maggiori e, considerando che l’Italia non è un paese all’avanguardia, le scelte da prendere nella nostra marcia verso lo spettro devono essere molto oculate…“.
Rancy ha evidenziato a riguardo che le innovazioni tecnologiche sempre più veloci creano un’altrettanto aumento della velocità di avvicinamento allo switch off, per cui è la totalità dello spettro che va utilizzata con un approccio totale che lo stesso Dècina sottoscrive con il bisogno di aumentare l’accesso alle fibre ottiche ad esempio, fino a 100 Mbt per utente.
Nella ricerca di una metodologia comune per coordinare le frequenze internazionali Mario Frullone, per la Fondazione Ugo Bordoni, ha evidenziato delle esigenze guida da soddisfare, legate all’utilizzo delle aste nell’assegnazione delle bande, la gestione e l’armonizzazione su vasta scala e a lungo termine, ma senza dimenticare o sottovalutare l’aspetto locale e nazionale. Riguardo i servizi radio mobili e televisivi, Frullone sostiene che: “…l’armonizzazione può avvenire seguendo i criteri di gestione delle interferenze segnati dal GEO6, con una maggiore volontà di collaborazione tra paesi confinanti, consapevoli del costo da sopportare…“. L’Italia d’altronde vuole occupare la parte alta della banda UHF e questo crea problemi in relazione alle interferenze, senza considerare poi la nostra cattiva ‘fama’ a livello internazionale e in seno allo spettro da un punto di vista del mercato. Sicuramente però molte cose stanno cambiando, come ad esempio la creazione di un catasto delle frequenze televisive, ormai terminato. Questo ci aiuterà moltissimo proprio per le future negoziazioni di confine, considerando che L’Italia ha anche deciso di mettere all’asta molte delle proprie frequenze facendo un passo avanti anche verso l’armonizzazione. C’è poi il caso della Sardegna, che dal 1° marzo 2008 sarà osservata speciale in Europa come prima regione dell’Unione che chiuderà le trasmissioni analogiche a favore di quelle digitali, grazie anche ad un accordo internazionale alto di tutti gli operatori che parteciperanno all’impresa. Non va dimenticato che la transizione sarà possibile governarla solo se c’è un accordo di base tra tutti gli attori in campo.
Nell’isola sarà presente una task force governativa con il Ministero delle Comunicazioni e anche con la collaborazione della Fondazione Bordoni , a cui è affidato il compito di costruire un calendario di incontri per monitorare da vicino la transizione e le sue fasi. Un calendario sincronizzato poi ad un coordinamento internazionale sulla transizione legata ai cambiamenti di frequenza compatibili con i paesi di frontiera.
“…L’approccio dell’Italia“, insiste Frullone, “è molto pragmatico e basato su alcuni punti di verifica scelti nel nostro territorio e anche in Francia per essere valutati con strumenti condivisi atti a eliminare tutte le interferenze possibili, in accordo con Ginevra tale coordinamento sarà segnato con accordi bilaterali. Questi punti di verifica poi potranno essere modificati e adattati alle nuove esigenze per garantire il migliore utilizzo dei mezzi atti a limare le interferenze…“. “…l’obiettivo”, continua, “è rimane sempre sullo spettro e la sua affermazione in seno al GEO6”.
Nella seconda sezione dell’incontro si è svolta una tavola rotonda per confrontarsi sulla gestione dello Spettro delle frequenze in base alle priorità nazionali, normative e di mercato. A partire dall’introduzione di Antonio Sassano (Fondazione Bordoni) due sono le strade che appaiono subito come maestre: Massimizzare le risorse e visualizzare il quadro italiano di sfondo. Lo Spettro è visto come una risorsa pubblica da garantire ma scarsa, indispensabile per lo sviluppo futuro delle tecnologie e della società. Una tecnologia che deve essere neutrale, anche da un punto di vista dei servizi radio, tv, sia pubblica che privata, o nei servizi di sicurezza e di difesa nazionali. Molto importante è la scelta fatta a Ginevra, con la volontà di presentare accordi trasparenti e non sottobanco, soprattutto per le risorse rimaste inutilizzate con l’avvio di accordi bilaterali. L’Italia è indietro sicuramente, anche per il modo che ha scelto nell’allocazione delle frequenze ai confini, lasciandoli poco presidiati. I vicini poi, come la Francia, chiedono di non essere disturbati con interferenze continue, quindi bisogna rispettare delle soglie, ovviamente da entrambe le parti. Soglie che poi sono molto sensibili alle tecnologie utilizzate e al loro sviluppo e anche di questo bisogna tener conto.
“…Non sembra buona l’idea di assegnare servizi diversi (IMT/DVB-T) alle stesse sotto bande per tutti i paesi“, dice Sassano, “proprio per il rispetto delle diversità tecnologiche che tanto sono importanti”. Il 24 gennaio parte poi l’asta per l’assegnazione delle frequenze e i canali con 6 MHz di banda televisiva, destinata per la banda larga Wirless, con un reserve price di 10 miliardi di dollari. Su questi temi c’è molta diversità di approcci, Nicola D’angelo (AGCOM) sostiene che “…l’Italia ha molti difetti e occupa una posizione non favorevole, soprattutto per un passato fatto di ritardi e sbagli, ma ora c’è lo Spettro e la Transizione. La liberazione di alcune frequenze prima occupate dalla Difesa grazie all’intervento del Regolatore ci ha ridato speranza, anche nell’ottica di un pluralismo più pronunciato e di una maggiore apertura verso gli altri operatori…“. Sulla stessa linea Piero De Chiara (DGTVI) che ha sottolineato come “…da un possibile disastro si è passati a uno spiraglio grazie al caso Sardegna, evidenziando inoltre che il diritto d’uso della frequenza sta diventando di già un valore d’impresa, entrando nei bilanci. Questo significa che bisogna presentarsi preparati allo switch-off, considerando la mole di investimenti necessari e da collocare in modo ottimale nella transazione, perché va bene aprire i nostri confini ma poi bisogna tutelare anche i nostri interessi nazionali, di aziende italiane, per avere un peso maggiore in sede di scelte…“. E sulla presenza della politica anche Enrico Manca (Isimm) sembra chiedere una maggiore presenza delle istituzioni “…lo sviluppo della comunicazione mobile ha permesso una rivoluzione sociale senza precedenti, nei rapporti interpersonali e in quelli tra pesi e questo è stato possibile proprio grazie a scelte oculate prese in tempi brevi. I governi devono entrare in partita per aumentare l’efficienza delle scelte prese, con la costruzione delle infrastrutture necessarie e col garantire l’accesso a tutti. Le frequenze inoltre sono una risorsa economica e vanno poste al centro della domanda e dell’offerta del mercato…“.
Sulle risorse insiste anche Francesco De Domenico (Rai Way), evidenziando come “…la Rai, che per sua natura ragiona in termini di servizio pubblico, a livello europeo come media main-stream risulta essere una delle aziende radiotelevisive pubbliche col maggiore ascolto. Per la Rai le frequenze sono un asset da inserire nel patrimonio aziendale e da considerarsi a disposizione del pubblico…“.
“…La Rai“, continua De Domenico, “ha scelto la multimedialità con una distribuzione del segnale mutli-rete e con natura sub-regionale, proprio per la sua vocazione pubblica, ma il futuro è tutto nell’aumentare i servizi in HD e nell’assegnare questi alla Spettro nel modo più veloce possibile, anche con l’utilizzo di tecnologie open free to air…”.
Per Mediaset interviene invece Gina Nieri la quale ha sostenuto invece “…il bisogno di una politica di tutela degli interessi nazionali, della nostra specificità culturale, senza nulla togliere al valore della pluralità e dell’apertura. Riguardo alle frequenze queste vanno assegnate il prima possibile proprio per recuperare quella distanza che l’Italia ancora presenza dagli altri paesi, anche in un’ottica commerciale in cui grazie alla digitalizzazione nuove fette di mercato vedranno l’apertura agli operatori. È qui che lo stato deve assicurare regole chiare per tutti, perché un’azienda ha bisogno di certezze per muoversi…“.
Le istituzioni, qui rappresentate da Francesco Troisi del Ministero delle Comunicazioni, sembrano concordi con quanto detto, proprio in virtù del fatto che tutti i soggetti interessati sono stati sempre chiamati in causa e a detta di Troisi: “…il digital dividend in ottica WRC ’07 fu sottovalutato da tutti gli operatori a suo tempo, sia mobili che broadcaster, quando invece il Ministero delle Comunicazioni ha sempre cercato di sollecitare maggiore attenzione…“. “…L’Italia“, continua Troisi, “non poteva che accettare le nuove disposizioni in sede GE06 per il digital dividend. Sicuramente abbiamo cercato di difendere i nostri interessi in quanto azienda paese, ma siamo ottimisti sui passi avanti che si faranno in sede UE tenendo conto anche delle risorse aggiuntive in ballo. La rete deve essere multifrequenza e il più possibile neutrale come tecnologia. L’Europa deve armonizzare gli intenti per permettere nel più breve tempo possibile il raggiungimento di economie di scala, l’unica strada per garantire un recupero degli investimenti in tempi ragionevoli…“.
Sulle risorse meno ottimista risulta essere Vincenzo Zeno Zencovich (Università Roma Tre), il quale vede in queste un bene molto scarso in Italia e comunque male allocato, “…non supportato da adeguate politiche di sostegno, dove la Teoria delle risorse altro non è che un atteggiamento ideologico per permettere l’occupazione pubblica della radio-tv. Le frequenze di per se esistono solo se qualcuno le usa e la loro natura non è segnata dall’origine. Un conto è la regolamentazione pubblica del sistema e un altro è il loro utilizzo. È la loro attività a divenire un property right, che è legato al problema della prima allocazione e del diritto d’uso della frequenza. Inoltre bisogna creare mercati secondari in cui far circolare frequenze tramite aste bilaterali e stabilire una specie di borsa valori per ottimizzare il monitoraggio del mercato…“. Sempre sulle frequenze Valerio Zingarelli, Ceo di Babelgum, ha sostenuto che “…le frequenze buone sono poche e che obiettivo primario è ridurre le spese e tutelare gli interessi degli utenti. Quindi c’è bisogno di infrastrutture, di reti fisse a larghissima banda con l’intento di armonizzare e standardizzare arrivando alle tanto anelate economie di scala. Questo per noi Babelgum che siamo una tv on-line, complementare al mainstream televisivo, con natura interattiva e contenuti personalizzati, è fondamentale per una futura espansione quando le condizioni lo permetteranno…“.
Il prossimo appuntamento è al secondo Seminario Bordoni previsto il 30 gennaio 2008 presso il Centro Congressi Palazzo Rospigliosi su Tecniche di tutela dei diritti nei contenuti digitali: un freno o un impulso allo sviluppo della società dell’Informazione?. Ospite dell’incontro l’ing. Leonardo Chiariglione, presidente di Digital Media Project.
Frequenze: la nuova competizione
di Antonio Sassano
Spectrum management challenges and policies
di François Rancy
Common methodology for international frequency coordination
di Mario Frullone