Italia
In occasione dell’inizio del semestre europeo di presidenza della Slovenia, primo tra i Paesi dell’Est e di cultura slava a ricoprire tale ruolo, è stato lanciato- con un convegno internazionale- il 2008 come anno europeo per il “Dialogo interculturale”. (Lubiana 8 gennaio 2008). Nella sezione dedicata al ruolo della comunicazione e dei media nella promozione del dialogo interculturale in Europa è intervenuto Franco Del Campo, in qualità di presidente del Comitato regionale per le comunicazioni del Friuli Venezia Giulia (Corecom FVG). Riportiamo parte del suo intervento.
***
Prima di parlare di comunicazioni e media è importante ricordare la specialità di questo pezzo di Europa (Slovenia e Friuli Venezia Giulia, ndr) che è stata divisa per 50 anni dalla “cortina di ferro” e dalla “guerra fredda”. Cinquant’anni che hanno creato dentro di noi dei “confini dell’anima”, che ci hanno fatto considerare il “confine”, politico, economico, culturale e linguistico, come un fatto naturale, inevitabile e scontato.
Ebbene, oggi stiamo sperimentando che non è così.
Oggi siamo diventati tutti cittadini europei e stiamo dimostrando che la democrazia e il dialogo possono davvero cambiare il mondo e renderlo migliore.
Permettetemi di ricordare che l’idea di edificare una nuova Europa, unita, libera e democratica, nasce in uno dei momenti più oscuri della nostra storia, nel pieno della seconda Guerra mondiale, da un uomo –Altiero Spinelli– che stava scontando in carcere e al confino la sua opposizione al fascismo.
E’ a uomini come lui che dobbiamo il momento che stiamo vivendo.
Un momento particolarmente importante in questo pezzo di Europa, che -grazie alla caduta dei confini- da marginale è ridiventato “centrale”. Ma è una centralità che non è scontata e che dobbiamo conquistarci, lavorando tutti insieme perché abbiamo interessi ed obiettivi comuni.
La comunicazione e i media hanno quindi un ruolo fondamentale nel creare questa nuova cittadinanza comune.
In estrema sintesi direi che possiamo affidare alla comunicazione e ai media almeno tre obiettivi strategici per l’intera Europa:
A) riflettere sulla nostra storia comune che ha memorie divise;
B) valorizzare e rilanciare il ruolo delle nostre minoranze storiche;
C) raccontare e far conoscere territori che oggi rivivono in un sistema economico e politico integrato.
A) Riflettere su come popoli e stati lungo la “cortina di ferro”, come l’Italia e l’ex Jugoslavia, che sono stati profondamente divisi dalla guerra, siano stati in grado di superare ostilità profonde ed abbiano imparato a conoscersi e a lavorare insieme, come dimostra l’esperienza e il dialogo tra la nuova Slovenia, l’Italia e in particolare il Friuli Venezia Giulia.
E’ importante riflettere insieme, senza rimozioni o silenzi, sulle catastrofi umane e culturali che sono state provocate dalla guerra, dalla politica di potenza e dalle ideologie.
Queste terre hanno visto violenze e sofferenze inaudite, alle volte le vittime sono diventate carnefici, eppure, lentamente, grazie al dialogo e alla condivisione di interessi culturali ed economici, abbiamo cercato di rimarginare queste ferite ed ora possiamo guardare con determinazione ed ottimismo al futuro.
La “specialità” di queste terre che si ritrovano senza confini, sta proprio in questo processo di integrazione e di superamento di un passato terribile e doloroso, dovuto alla guerra, alle persecuzioni razziali ed etniche. La nostra esperienza, quindi, può essere preziosa per tutta l’Europa. Può essere una sorta di “paradigma” , di modello di riferimento per dimostrare -al di là di tante perplessità e/o diffidenze- che dentro una cornice di pace e democrazia un nuovo mondo è davvero possibile.
B) Valorizzare le nostre minoranze linguistiche. Per gran parte del secolo scorso le minoranze sono state considerate un problema, da contenere o peggio ancora da eliminare.
Adesso sappiamo che sono una risorsa preziosa.
Qualcuno ha detto -molto giustamente- che nella nuova Europa “siamo tutti minoranza”. Ma questo non significa dimenticare o sottovalutare il ruolo importantissimo che le “minoranze storiche”, gli sloveni di cittadinanza italiana e gli italiani cittadini sloveni, hanno avuto in questi anni. Finalmente, dopo molte diffidenze ed antiche ostilità, abbiamo capito che la tutela delle minoranze è un principio di civiltà essenziale alla convivenza democratica, ma è anche uno strumento prezioso per la reciproca conoscenza, collaborazione e crescita economica.
Noi, che abbiamo vissuto con “il confine dentro”, abbiamo finalmente imparato che tutelare le minoranze non solo è giusto, ma è anche conveniente.
Sarebbe un errore, a questo punto, pensare che con la fine dei confini il ruolo delle minoranze si dissolva. Anzi, diventa straordinariamente importante per consolidare e rilanciare la conoscenza reciproca e la capacità di lavorare insieme.
Il rapporto di collaborazione, che esiste da qualche anno tra il servizio pubblico della regione Friuli Venezia Giulia (Rai) e il servizio pubblico sloveno di Capodistria-Koper (RTV), non solo è un esempio prezioso, ma è un’esperienza quasi unica in Europa. Oltre alla televisione abbiamo anche importanti giornali di lingua slovena in Italia (a Trieste e Gorizia) e in lingua italiana per la minoranza in Slovenia e Croazia.
Anche questa è una “specialità” nel campo dei media, che dobbiamo rafforzare e rilanciare, puntando anche sull’iniziativa dei media e delle televisioni private.
C) Raccontare nel modo più ampio e completo i territori che si ritrovano unificati all’interno dell’Unione europea e che oggi fanno parte di un sistema integrato con obiettivi ed interessi comuni.
Innanzi tutto dobbiamo raccontarci e conoscerci meglio tra di noi. Poi dobbiamo essere in grado di comunicare a tutta l’Europa la nostra “specialità”, di cui noi siamo consapevoli ed orgogliosi, ma che pochi conoscono veramente (per esempio i media e l’opinione pubblica italiana hanno una percezione ancora distratta e confusa del loro/nostro ex “confine orientale”).
Da una parte, allora, i media avranno l’obiettivo di divulgare la nostra “specialità”, per farla diventare “normale” in un Europa in cui tutti sono minoranza.
Dall’altra i media dovranno “raccontare” le risorse e le potenzialità dei nostri territori per promuovere l’economia, il turismo, le culture e anche lingue, che devono diventare meno “strane” e “straniere”.
L’integrazione europea passa anche -se non soprattutto- attraverso le grandi vie di comunicazione, le infrastrutture, le autostrade, le ferrovie, i porti, che però necessitano di grandi investimenti e di tempi lunghi.
A mio avviso dobbiamo investire nuove risorse anche sulla comunicazione e sui media per costruire le “autostrade della comunicazione e dell’informazione” che avranno il compito di “dissodare” e facilitare dal punto di vista umano e culturale territori che spesso hanno avuto memorie profondamente divise.
I media e in particolare le televisioni che vogliano svolgere un servizio pubblico (anche quelle private) -grazie anche alle nuove tecnologie digitali che permettono la traduzione e/o la sottotitolazione simultanea- possono avere un ruolo insostituibile per costruire una più ampia conoscenza reciproca e una comune cittadinanza europea.
Non si tratta solo di ideali, ma anche di interessi concreti, di economia, di crescita che possiamo fare insieme.
Oggi riparte un percorso che ha già fatto i suoi primi passi.
Ci attende un lavoro, forse lungo ma sicuramente affascinante, per trovare forme di collaborazione ed integrazione tra i media e dovremo lavorare a livello giuridico, tecnologico, economico ed interculturale.
Abbiamo già esperienze di collaborazione a livello locale tra i media, le università, i porti, le istituzioni politiche ed economiche. Si tratta ora di farle diventare una forma di collaborazione strategica per il nostro futuro.
Se la nostra generazione, nata e cresciuta con il “confine dentro”, è in parte già consumata, allora dobbiamo dare fiducia e risorse ai nostri giovani che sono e si sentono già completamente cittadini europei.
Grazie, buona fortuna e buon lavoro a tutti.